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Independent: La BCE va in battaglia per l’Euro brandendo un piumino per la polvere anziché un bazooka

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Da Voci dall’estero

Independent: La BCE va in battaglia per l’euro brandendo un piumino per la polvere anziché un bazooka

 Su The Indipendent il professore di economia David Blanchflower analizza le recenti mosse della BCE. Per l’ennesima volta la Banca Centrale ritarda interventi che sarebbero urgenti, e che le altre banche hanno già intrapreso 6 anni fa. Blanchflower si chiede: perché i governatori delle banche dei paesi periferici accettano questa linea di condotta, così contraria agli interessi delle loro nazioni? Nonostante i roboanti proclami, l’azione della BCE sembra sempre scarsa e tardiva.
 
 
 
Fortunatamente la Banca Centrale Europea non sta prestando ascolto ad Andrew Sentance, che di recente ha sostenuto sul Financial Times che la BCE non dovrebbe preoccuparsi del “falso spauracchio della deflazione” – in realtà, dovrebbe.
Come ha sottolineato Paul Krugman, “i prezzi in  caduta peggiorano la posizione dei debitori, aumentando il peso reale dei loro debiti…quando l’onere del loro debito aumenta, i debitori rischiano di essere costretti a tagliare le proprie spese, mentre i creditori non tendono ad aumentare le loro spese dello stesso importo.
“Perciò la deflazione esercita un effetto deprimente sulla spesa aumentando gli oneri del debito – cosa che può portare a un altro tipo di circolo vizioso, nel quale un livello depresso di spesa a causa del debito reale crescente porta ad ulteriore deflazione”.
La Banca Centrale Europea, nella sua saggezza, la settimana scorsa ha tagliato i tassi di interesse e ha abbassato uno dei suoi tassi da zero a – 0,1 per cento nella speranza che ciò impedisca la deflazione. È difficile credere che questo  piccolo cambiamento muoverà qualcosa.  Perché non agire con decisione e, diciamo, portarlo a  -1 % o anche – 2 o – 3 %, se davvero volevano essere efficaci?
L’idea era di aiutare in particolare i paesi della periferia, indebolendo l’euro. L’euro è sceso per circa mezz’ora, ma un’ora dopo  era risalito sopra il suo livello di partenza: più che mai i mercati sono stati delusi da un “non poi così super” Mario. Come ho detto in un’intervista radiofonica a Bloomberg subito dopo la decisione, questo non è un bazooka, semmai un piumino per la polvere. E’ stato, però, un calcio in faccia alla Bundesbank, che si oppone a qualsiasi allentamento monetario nonostante il fatto che l’economia della zona euro sia praticamente schiacciata da una politica monetaria e fiscale eccessivamente rigorosa.
Il mese scorso la BCE aveva annunciato che si sarebbe mossa. Vista la necessità di fare qualcosa è difficile capire perché non abbia agito già il mese scorso, o anche il mese prima, o l’anno prima o persino cinque anni prima. Ed Balls e Gordon Brown possono giustamente vantarsi per loro saggia decisione di mantenere il Regno Unito fuori dal disastroso progetto-euro.
Alla conferenza stampa dopo l’annuncio, il Presidente della BCE, Mario Draghi, ha annunciato delle misure per ridurre i vincoli ai prestiti per le piccole imprese dell’eurozona, inclusi  400 miliardi di € in prestiti a basso costo per i finanziatori. Ha aggiunto che la Banca Centrale sta intensificando i preparativi per acquisti di asset o per un Quantitativa Easing. 
Considerando che la Fed ha iniziato il QE nel 2008 e la Banca d’Inghilterra nel 2009 potreste aver pensato che la BCE fosse almeno pronta a questa possibilità, così che, se il Consiglio dei Governatori avesse spinto il pulsante “panico!”, tutto sarebbe stato pronto a partire.. Ma non è così che funziona la BCE. Almeno, è coerente nel posticipare sempre a domani quello che avrebbe dovuto fare ieri – anzi, in realtà ha tergiversato per almeno sei anni. Le misure annunciate impiegheranno un tempo considerevole per avere effetto.
Non ho mai capito perché i governatori delle banche centrali di Estonia, Grecia, Spagna, Cipro, Irlanda, Italia, Portogallo, Slovenia e Slovacchia e anche Francia abbiano seguito per diversi anni le decisioni della BCE, che sono state così ovviamente opposte ai loro interessi nazionali.
È anche difficile capire perché l’ Estonia, che ha aderito all’euro nel 2011 e la Lettonia, che ha aderito all’inizio del 2014, vogliano entrare nell’eurozona dato il pasticcio in cui si stanno infilando.
Il grafico illustra la terribile situazione in cui si trovano tutti questi paesi. Esso mostra il tasso di disoccupazione per gli Stati della periferia dell’eurozona nell’aprile 2014 (febbraio 2014 per la Grecia) accanto al tasso di inflazione ad aprile e infine la crescita del PIL nei quattro trimestri intercorsi tra Q2-2013 e Q1-2014. I dati sono tratti da Eurostat.
Ancora una volta devo notare che, inspiegabilmente e proprio come la Grecia, il Regno Unito può fornire solo i dati di febbraio 2014. È difficile sapere cosa sta succedendo nel mercato del lavoro britannico, quando i dati disponibili sono questi. Il grafico mostra la natura del problema. La media del tasso di disoccupazione in questi paesi, (e anche Lettonia, Estonia e Francia) è del 14,6%, con Grecia e Spagna oltre il 25 per cento. Usare la semplice media non è irragionevole in questo contesto, perché possiamo trattare ogni paese, grande o piccolo, come un dato separato, così che il paese più grande, la Francia, non domina sugli altri.
La media non ponderata del tasso di inflazione è 0,2 per cento e della crescita del PIL  è 0,1 per cento. Così, questi paesi hanno un’elevata disoccupazione, senza inflazione e nessuna crescita. Cinque dei paesi (Cipro, Estonia, Grecia, Irlanda e Italia) hanno avuto una crescita negativa lo scorso anno, mentre quattro stanno già sperimentando la deflazione (Cipro, Grecia, Portogallo e Slovacchia).
Inoltre, la situazione probabilmente peggiorerà sul fronte dell’inflazione, perché i dati dei singoli paesi sono di aprile 2014 quando la media della zona euro era 0,7% e abbiamo una stima flash per l’area euro nel suo complesso di 0,5% a maggio. Potrebbe benissimo essere che il numero di paesi in deflazione dell’eurozona aumenterà rispetto agli attuali quattro: Cipro, Grecia, Portogallo e Slovacchia.
Le stime della BCE per la crescita del PIL reale nel 2014 sono state riviste al ribasso e la stima per il 2015 è stata rivista al rialzo con il PIL reale in aumento dell’1.0% nel 2014, 1,7% nel 2015 e dell’1,8% nel 2016.
Lo staff della BCE prevede l’inflazione annua allo 0,7% nel 2014, 1,1% nel 2015 e 1,4% nel 2016. Nell’ultimo trimestre del 2016, l’inflazione dovrebbe essere dell’1,5%. In confronto con le stime macroeconomiche della BCE di marzo  2014, le stime di inflazione per il 2014, 2015 e 2016 sono state riviste al ribasso.
Entrambe queste previsioni però potrebbero benissimo rivelarsi eccessivamente ottimistiche, come accade di norma.
Si dice: “meglio tardi che mai”, ma quando si aspetta così tanto, in genere la situazione non migliora più molto.
Troppo poco, troppo tardi.

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