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In ginocchio da te

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Stanno facendo il giro del mondo le immagini del sommo pontefice della cristianità cattolica genuflesso in posa indecorosa, inquadrato da tergo per rendere l’immagine ancor più urticante, davanti a taluni politici sudanesi. Anzi del Sud Sudan. Non abbiamo nulla, sia ben chiaro, contro il Sud Sudan dove, a quanto pare, si è da poco concluso un processo di transizione dalla bellicosità rovinosa di una guerra civile a un conato di governo di solidarietà nazionale. E tuttavia ci chiediamo se la “grandiosità” del gesto di Bergoglio sia giustificata da un evento storico altrettanto grandioso. È evidente che no. La tragedia del Sud Sudan costituisce uno dei tanti focolai di violenza, sopraffazione, sofferenza e morte del nostro mondo martoriato. Quindi, l’occasione non richiedeva affatto quell’inchino plateale e ripetuto, seguito dall’indegna caduta dello zucchetto mentre Francesco baciava la punta della scarpa di Salva Kiir Mayardit. E quei signori, in udienza dal Vescovo di Roma, non erano precisamente degli stinchi di santo. Piuttosto, leader di fazioni contrapposte con le mani lorde del sangue recentemente versato di 400.000 vittime innocenti.
 
E allora, vien da chiedersi: perché? Perché il papa si prostra dinanzi a loro, umiliando se stesso, ma anche il prestigio solenne e divino della carica di cui temporaneamente dispone, ma di cui non dovrebbe disporre a piacimento? Qualche zelante esegeta delle gesuitiche gesta ha provato a spiegarci che si tratta di un rivoluzionario segno di umiltà e reverenza cristiane. Lassù, in alto loco, devono avere un’idea ben strana del concetto di umiltà e anche di quello di umiltà cristiana.
Cristo dai peccatori ci andava, ma per riportarli all’ovile, e lo faceva con toni e modi e slanci tutt’altro che mansueti, modesti, contriti. Pensate alla cacciata dei mercanti dal tempio, a suon di frustate. Cristo i piedi li lavava, certo, come segno di caritatevole servizio: ai propri discepoli. Ma se li faceva lavare dalla peccatrice pentita, Maddalena. Insomma, nella scelta del Papa, c’è ancora una volta quel retrogusto di posticcio, di trovata maliziosa, di strategia di marketing di tutte le alzate d’ingegno troppo artatamente studiate per essere anche semplicemente vere.
 
E proprio il fatto che la circostanza non fosse sufficientemente “storica” da rendere plausibile – se non proprio comprensibile né tantomeno accettabile – la sua prosternazione, proprio questo ci fa intravedere in dissolvenza uno sketch in cui il Sud Sudan è solo un banale pretesto. Con buona pace delle lacrime commosse della signora Rebecca Nyandeng De Mabio. Balugina in controluce il desiderio del Papa, di cui ignoriamo le recondite finalità, di proseguire nella sua meditata campagna di svilimento dei simboli del Potere Celeste che egli dovrebbe incarnare. Quel video verrà soprattutto “visto” ed è già virale. Pochi si cureranno di decodificarlo informandosi sull’identità degli ospiti africani davanti ai quali il successore di Pietro si accascia. Tra l’altro, nello stesso, icastico, modo in cui un fedele muslim si rivolge alla Mecca per la rituale preghiera. Alla fine, l’obbiettivo raggiunto è duplice: da un lato esaltare il papa con la p minuscola, Bergoglio, dall’altro squalificare il Papa con la P maiuscola, cioè il ruolo prototipico del Vicario di Cristo. Il che inquieta. Eccome se inquieta.
 
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com

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