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IMPORTANTE – Commento alla deforma Costituzionale – il nuovo art. 57

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Proseguiamo con il mio commento alla deforma costituzionale esaminando il nuovo art. 57 Cost.

L’articolo 57 della Costituzione nell’attuale formulazione prevede:

Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero. Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero.

Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno.

La ripartizione dei seggi fra le Regioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei resti più alti”

La deforma del Governo Renzi invece così modifica la norma:

Il Senato della Repubblica e’ composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica.

I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori.

Nessuna Regione puo’ avere un numero di senatori inferiore a due; ciascuna delle Province autonome di Trento e di Bolzano ne ha due.  

La ripartizione dei seggi tra le Regioni si effettua, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge di cui al sesto comma.

Con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i consiglieri e i sindaci, nonché quelle per la loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio”.

Il nuovo articolo 57 demolisce il Senato per come oggi lo conosciamo e definisce il mutamento della sua funzione, cancellando il bicameralismo perfetto per sostituirlo con una nuova forma di bicameralismo, che dal punto di vista tecnico può essere definito unicamente con il termine: “bicameralismo incasinato”.

Non si tratta di una facile battuta, ma della formula linguistica che rende meglio l’idea su cosa si sia realmente fatto. Approfondirò questo concetto quando commenteremo il nuovo, lunghissimo, art. 70 in cui, come vedremo, il Senato conserva svariati compiti legislativi. Altresì il Senato, come abbiamo visto nel precedente commento, quello sul nuovo art. 55 Cost., diventa l’organo che vigilerà sull’attuazione della normativa dell’Unione Europea così spostando la posizione di tale ramo del Parlamento verso il vincolo esterno di Bruxelles e dunque di quel modello neoliberista che, pezzo dopo pezzo, sta distruggendo le nostre economie smantellando diritti fondamentali acquisiti solo al prezzo di secoli di lotte e sangue. I Padri Costituenti, nonostante l’ampio dibattito e la grande diversità di vedute, avevano in mente un Senato che divenisse il mezzo con il quale ottenere in Parlamento una rappresentanza che rispecchiasse anche le realtà regionali ed i relativi interessi, diversificando così le due Camere che davano luogo al processo legislativo.

Nella stessa direzione si muovevano anche con le note differenziazioni anagrafiche in merito ad elettorato attivo e passivo. In questo modo, con una Camera proporzionalmente rappresentativa sul piano nazionale ed una su quello regionale, si creava la più ampia pluralità possibile nell’organo che per definizione costituisce il fulcro della democrazia, ovvero il Parlamento. Organo istituzionale che, come ricordava l’On. Ruini nel progetto di Costituzione, non è sovrano di per sé, ma lo è in forza dell’investitura del popolo ai sensi e per gli effetti dell’art. 1 Cost. Oggi ben sappiamo che il Parlamento si ritiene sovrano di per se, in forza di un’investitura usurpata grazie ad una legge elettorale che ha distorto il risultato elettorale (mi riferisco al cd. il porcellum). Sono tali usurpatori del potere politico che oggi, nascosti dietro l’insensata pronuncia della Corte Costituzionale n. 1/2014 (clicca qui per un articolo sul tema), stanno riformando la Costituzione in favore dell’asservimento nazionale al vincolo esterno UE.

Con il nuovo testo il Senato non sarà più eletto a suffragio universale diretto, uno dei punti fermi su cui si basava il progetto dei Costituenti, ma troverà la propria composizione secondo tale schema del nuovo art. 57: I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori”. Nessuna Regione potrà avere meno di due Senatori per un totale di 95 persone complessive, che saranno interamente scelte indirettamente, con grave ed ulteriore vulnus per i principi di rappresentatività democratica e sempre in palese violazione del disegno originario dei Costituenti, i quali volevano che l’organo istituzionale che avrebbe detenuto il potere legislativo fosse di diretta emanazione della volontà popolare e ciò per ovvie ragioni democratiche. L’art. 58 Cost. che prevedeva il suffragio universale e diretto per il Senato viene infatti abrogato, come specificherò nella prossima scheda.

Nel progetto di Costituzione Meuccio Ruini infatti scriveva testualmente che il Parlamento “E’ l’organo di più immediata derivazione del popolo; e come tale riassume in sé la funzione di fare le leggi e di determinare e dirigere la formazione e l’attività di governo”.

Tale ragionamento porta alla conseguente considerazione che oggi il modello Costituzionale è stato sovvertito per prassi e tale sovvertimento consente proprio la riforma che ivi si commenta. Infatti è palese che è il governo a dirigere e determinare l’attività del Parlamento e non più il contrario. Ciò è stato possibile attraverso l’eliminazione del voto di preferenza dovuto al “porcellum” che ha consentito di comporre un Parlamento di uomini che devono la loro elezione unicamente alla posizione in lista decisa dal partito di riferimento e che non rispondono più agli elettori.

Un Parlamento così composto è diventato facilmente controllabile dal governo, come se vi fosse un vincolo di mandato surrettiziamente imposto. Chi ha avuto l’indipendenza di lasciare il partito nonostante la ben difficile rielezione con tali norme che escludono le preferenze è stato facilmente sostituito dalla promessa fatta ad altri di essere poi inseriti, sempre come nominati, all’elezione successiva, consentendo una costante gestione delle Camere.

La riforma prevede poi anche Senatori a scadenza variabile, vincolati alla durata dei loro mandati locali. Il punto forte su cui farà leva il Governo per il si al referendum di ottobre comunque sarà la logica del risparmio, che sarebbe conseguita diminuendo i Senatori e riducendo i loro costi, visto che il loro stipendio, in larga parte, dovrebbe provenire degli enti locali. Anche tale ragionamento è risibile, benché fortemente radicato nella popolazione, che offuscata dalla falsa emergenza contabile per le casse dello Stato che i media fomentano, emergenza che invece dipende unicamente dalla cessione di sovranità fondati dello Stato stesso. I costi del Senato sono irrilevanti dal punto di vista del bilancio dello Stato.

Il Senato oggi costa 540 milioni di euro circa all’anno, di cui 270 per vitalizi e pensioni, come ha recentemente riportato il fatto quotidiano. Ovvero un costo assolutamente irrisorio, il bilancio dello Stato infatti non è in milioni ma in miliardi di Euro, ovvero ci sono tre zeri di differenza (ad esempio nel 2014 la spesa pubblica, compresi i titoli del debito pubblico scaduti ed i relativi interessi, era di poco inferiore agli 800 miliardi) . Anche seguendo l’idioma imbecille di chi pensa che le tasse siano un problema di cassa e servano per pagare i servizi, anziché per fare politica economica, l’incidenza del Senato sarebbe pari allo 0,0675% di quanto paghiamo direttamente con le tasse o indirettamente attraverso l’emissione di nuovi titoli di Stato. Con buona pace di chi pensa che lo scopo della riforma sia il risparmio…

Sciocchezza colossale, la riforma serve a cancellare una delle migliori e più equilibrate democrazie mondiali come richiesto dalle grandi lobby finanziarie e come scritto apertamente da JP Morgan nel suo rapporto del 28.05.2013.

Avv. Marco Mori – scenarieconomici – Alternativa per l’Italia – autore de “Il Tramonto della democrazia, analisi giuridica della genesi di una dittatura europea” disponibile nella libreria on line ibs.it


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