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IMPATTO DELLE SANZIONI ADOTTATE DALLA UNIONE EUROPEA E DALLA FEDERAZIONE RUSSA SULL’ECONOMIA ITALIANA

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di Andrea Cassioli

Nel 2014, a seguito della dichiarazione di indipendenza della Crimea e della successiva richiesta di annessione alla Russia, l’Europa e la Federazione Russa adottano sanzioni e contro-sanzioni che portano l’interscambio commerciale da 326 mld di euro del 2013 a soli 285 mld di euro nel 2014.

La Commissione Europea valutava un danno complessivo per l’Unione pari allo -0,3% del PIL nel 2014 e lo -0,4% nel 2015 per un valore di 40 e 50 mld di euro.

In realtà l’Italia ha subito ingenti danni di duplice natura: diretta ed indiretta.

Quanto alla prima tipologia di danno l’Italia, divenuto tra i paesi dell’UE il secondo esportatore verso la Russia con un export pari a 10,8 mld di euro, dal 2013 al 2015 subisce una riduzione nella misura del 35% pari ad un importo di 3,7 mld (nel 2014 si passa a 9,5 mld, nel 2015 a 7,1 mld) mentre nei primi dieci mesi del 2016 subisce una vistosa perdita, con stime per l’anno non inferiori a 1 mld, per un totale di circa 5 mld nel periodo.

Il calo dell’export a seguito dell’embargo russo risulta imponente per il settore agroalimentare, la cui crescita del 112% registrata nei precedenti cinque anni è stata pesantemente interrotta.
Secondo le dogane russe, nel 2014, le esportazioni italiane hanno subito una perdita di 100 mln di euro e, nel 2015, di 346 mln di euro e ciò è sostanzialmente in linea anche con le analisi del centro studi di Confagricoltura, che ha evidenziato un calo pari al 45,8%.

Anche provvedimenti di portata del tutto marginale, quali i vincoli sugli acquisti della PA russa, il blocco alle importazioni di pellami dalla Russia e all’esportazioni delle armi hanno causato invece danni economici rilevanti in quanto hanno generato un sentiment negativo che ha inciso su tutto il sistema dell’export italiano, in virtù di un innegabile effetto volano.

Per altro verso le limitazioni nel settore finanziario e della cooperazione hanno condizionato in modo assai negativo il sistema Italia. Un esempio su tutti è la compromissione del progetto di cooperazione italo-russa siglato a Trieste nel novembre 2013, con un impatto che si può ricavare anche dalle sole previsioni di crescita del 10,5% della presenza di aziende italiane in Russia; ciò avrebbe generato un incremento di fatturato da 11 mld di euro dell’epoca a 16 mld di euro nel 2017.

Da ultimo nella categoria dei danni diretti va annoverata la perdita dei posti di lavoro che, secondo la ricerca economica dell’istituto WIFO di Vienna ammontano a 215 mila posti in Italia nel 2015, in contrasto con le conclusioni della Commissione Europea (dati EUROSTAT) che riteneva le sanzioni ininfluenti in quanto relative a limitati settori dell’export.

Quanto alle conseguenze economiche indirette sono evidenti gli effetti depressivi sul sistema produttivo subiti dalle industrie esportatrici e dai loro fornitori, estesi poi alle imprese che dipendono dai consumi privati interni.

Sotto altro profilo poi il mancato export ha provocato anche una situazione di eccesso di offerta con un conseguente calo dei prezzi. Questo effetto deflazionistico è evidente nel caso del latte italiano pagato nel 2015 il 20% in meno rispetto all’anno precedente.

La spinta deflazionistica viene inoltre incrementata dalla sostituzione dei prodotti italiani con una produzione in loco, confermata per esempio dalla produzione casearia russa che nel primo quadrimestre 2015 ha registrato un aumento del 30%, laddove le nostre esportazioni hanno invece subito una flessione del 30,6%.

E’ riconducibile inoltre nell’ambito dei danni indiretti la perdita di quote di mercato subita anche da prodotti italiani non soggetti alle sanzioni, ma riconducibili ai comparti colpiti dalle restrizioni.
E’ il caso del vino (che era invece aumentato di oltre il 350% nell’ultimo decennio), dei fiori e delle piante, dei mezzi di trasporto (-38,20% nel 2015) e autoveicoli (-60,30% nel 2015), nonché del settore tessile-moda (che nel 2014 ha segnato -16%, pari a 382 mln di euro e nel 2015 ha segnato -30%, pari a 700 mln di euro).
Emblematico è il dato della filiera della pelle con un export dimezzato dal 2013 al 2015 con una perdita di 400 mln di euro, nonostante le restrizioni riguardassero esclusivamente gli acquisti della PA e il divieto di esportazioni di prodotti semilavorati in pelle.

Anche nei comparti non colpiti dalle sanzioni, si è verificato un calo.
E’ il caso del settore Arredo-Legno (-11% nel 2014 con un fatturato di settore diminuito da 874 mln a 774 mln; -27,1% nel 2015; -14% nel 2016) oltre al settore del turismo, il quale dal 2014 ha registrato un calo di presenze del 26% e una diminuzione della spesa pari al 35%.

Vi è infine un’altra categoria di effetti economici, di portata generale, definibile come conseguenze economiche diffuse.
Tra queste vanno menzionate:
– La sostituzione dell’Italia per la nostra lunga assenza sul mercato russo ad opera dei paesi tradizionalmente concorrenti e dei paesi così detti;
– Le minori marginalità operative offerte dai mercati alternativi a quello russo dal quale rischiamo di rimanere esclusi, anche per la sottoscrizione di accordi commerciali e strategici che la Russia sottoscrive con partner quali India, Cina, e Israele;
– L’esposizione di molti esportatori per gli impegni e gli investimenti attuati o programmati;
– L’indebolimento del settore finanziario internazionale ed italiano per l’aumento dei prestiti in sofferenza e dei costi di finanziamento con ricadute sulla propensione al rischio di impresa;
– Riduzione degli investimenti russi in Italia con un effetto moltiplicatore così detto di second round;
– L’impossibilità di aggirare il sistema sanzionatorio, attraverso “triangolazioni” con paesi terzi, per le caratteristiche del sistema Italia contraddistinto da un elevato livello di imprenditorialità diffusa, contrariamente ai nostri concorrenti diretti che ricorrono a questo metodo per il tramite delle loro imprese multinazionali.

In conclusione l’analisi incrociata dei dati di immediata lettura, dei dati correlati e degli elementi negativi di natura generale consente di comprendere l’enorme impatto negativo del regime sanzionatorio sull’economia italiana. E quindi è quanto mai auspicabile un ripensamento che potrebbe magari avvenire in occasione del prossimo Mondiale FIFA 2018.

Andrea Cassioli


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