Crisi
IMMIGRAZIONE, JOBS ACT E MERCATO DEL LAVORO NEOCLASSICO: Scenarieconomici a Canale53!
Venerdi scorso quelli di Scenarieconomici sono stati ospiti a Canale 53 (dall’amico Vito Monaco) e, con l’occasione, hanno toccato punti fondamentali per la comprensione di ciò che accade oggi in Italia.
Ad un certo punto sono stato costretto ad intervenire telefonicamente poiché il solito Sellino, che nella vita si è occupato di rotonde e pubblica illuminazione, furbescamente tentava di smorzare i toni in merito al binomio immigrazione-jobs act.
Dato che l’intervento, come era ovvio, non è stato compreso dal destinatario, ma solo da questi, mi permetto di pubblicargli qua le mie riflessioni, il pensiero di un umile ed insignificante manager di provincia (io), uno di quelli chiamati a preparare questa gente perche’ possa imserirsi positivamente nel mondo del lavoro.
Nell’esposizione mi avvalgo del prezioso lavoro del sito KEYNESBLOG, i piu’ esperti di tutti circa le teorie di Keynes:
“….dimostrero’ che i postulati della teoria neoclassica si possono applicare soltanto ad un caso particolare e non a quello generale…”.
Era in gamba Keynes e noi oggi cercheremo di illustrarne le riflessioni condendole con esempi che agevolino la comprensione dela teoria.
Dunque, nel mercato del lavoro neoclassico, scuola detta MARGINALISTA (o LIBERISTA secondo i politici): l’antidoto alla disoccupazione è dato dalla flessibilità dei salari!
Per tale teoria, il lavoro è come una qualunque merce, sia essa ferro, plastica o materia prima alimentare. Come tale, quando la quantità domandata aumenta il prezzo e viceversa.
Di tal guisa, secondo l’impostazione neoclassica, debbono esser prese decisioni politiche che consentano l’aumento della domanda di lavoro. E cosa meglio del suo abbassamento di prezzo (ossia del salario)?
Ovviamente, anche se si abbassasse il prezzo (per decreto) la domanda aumenterebbe solo se l’utilità marginale del nuovo assunto superasse il suo costo marginale.
Cosa intendiamo dire con cio’? Che se abbiamo 20 milioni di lavoratori ad alto valore aggiunto (cioè che rendono, ad esempio, 5.000 euro il mese quando il loro costo è di 3.000) qualora il sistema economico dovesse assumere il ventunesimo milione di lavoratori con produttività da 2.500 euro il mese, si avrebbe un abbattimento della produttività media del sistema (fatturato mensile per operaio), creando problemi alle aziende e all’economia in generale. La produttività del sistema economico non risulterebbe massimizzata.
Di tal guisa, mettendo in correlazione rendimento marginale del 21esimo milione di lavoratori potenzialmente assumibili (esempio donne destinate a cucire a mano maglie oggi prodotte in Romania) con il relativo costo marginale (ossia la mole di salari distribuiti per questo 21esimo milione di lavoratori aggiuntivi potenzialmente assumibili tramite re-shoring delle manifatture nel nostro paese) bisogna che il primo superi il secondo in modo da ristabilire le esatte condizioni di produttività del 20esimo milione:
Quindi, per assurdo, se la produttività media fosse di 2.000 euro su 5.000 di ricavo (5000 ricavo meno 3000 costo), in caso di re-shoring di manifattura per saldatori o maglieriste il cui ricavo unitario fosse 2.500 euro, il relativo costo lordo dovrebbe essere al massimo 2.450 euro (per avere produttività marginale positiva) o 500 euro lordi (onde mantenere più o meno la stessa produttività media)
In questo quadro deve essere inserito il Jobs Act con la sua decontribuzione.
Se oggi le aziende dovessero reinserire in azienda saldatori, la cui resa oraria da artigiano è intorno ai 2.500 euro/mese, non potrebbero pagare un costo superiore a 2.000 euro mese cadauno.
Di tal guisa, l’esenzione dai costi della contribuzione INPS per tre anni, unita alla facilità di licenziamento alla scadenza del triennio, con un semplice piccolo aggravio finale legato all’ASPI, coincide esattamente con quanto serve al nostro sistema di gestione del lavoro per avvicinarsi davvero al modello neoclassico.
Questo per i saldatori, ma per le addette alla produzione di maglie/camicie o per i magazzinieri? Stesso problema!
Sono in essere, oggi, numerosi corsi di formazione per immigrati affinché apprendano i rudimenti operativi teorico-pratici per diventare magazzinieri in aziende ove la produttività (resa in euro mensili di ogni addetto) è bassa e basso, pertanto, sara’ il loro compenso.
A breve, massimo entro 5-6 mesi, questa massa di persone, da 18 mesi in Italia, abbamdonera’ le aule degli Enti di formazione legati e sarà immessa nel mercato del lavoro. Quando questo avverra’ si innalzera’ ancora di più il tasso di disoccupazione.
Quindi, l’esperto di rotatorie e di pubblica illuminazione sbaglia quando afferma che gli attuali immigrati economici non pesano nel mercato del lavoro poiche’ “BIGHELLONANO”, stiamo parlando di energia cinetica, ossia potenziale, latente ma viva. Energia che, a breve, sarà liberata determinando il definitivo passaggio del mercato del lavoro al modello marginalista (neoclassico).
Buona morte dei salari a tutti!
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