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Il volantino di Cl: dal presepe via Gesù, dentro i profughi di Antonio Socci

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Ha fatto clamore il caso della scuola siciliana dove sono state rimosse le immagini della Madonna e di Gesù Cristo – ed è stata cancellata la preghiera del mattino – in nome della laicità della scuola. È la legge.

Però, per lo stesso motivo, si dovrebbero bandire dalla scuola pubblica tutti gli indottrinamenti ideologici, di ogni genere (che purtroppo ci sono). E poi se fosse riconosciuta davvero la libertà di educazione non sorgerebbero questi problemi: in un Paese dove ci sono varie proposte educative, ognuno può scegliere la scuola che preferisce (anche quella che ha la preghiera del mattino).

Ma in Italia non c’è questa libertà. E si può scommettere che quello siciliano è solo l’antipasto delle polemiche relative al prossimo Natale che ogni anno divampano puntualmente per il presepio, per la messa natalizia e quant’altro. Fare o non fare il presepio? Offende qualcuno il ricordo della nascita di Gesù a Betlemme? Perché si fanno quindici giorni di vacanza a scuola? Il presepe nei luoghi pubblici è una rappresentazione religiosa o anzitutto un richiamo culturale alle nostre comuni radici cristiane?

Prima di rispondere a queste domande c’è da segnalare qualcosa che nessuno finora ha notato. Sta accadendo un evento di enorme portata nella Chiesa: è anzitutto lì – non nelle scuole – che viene progressivamente cancellato Gesù Cristo o posto in secondo piano. L’annuncio dell’Incarnazione di Dio, l’annuncio della salvezza, da cinque anni a questa parte, è stato sostituito da una specie di predicazione sociale o socialista che vede al centro i migranti (possibilmente islamici), insieme alla predicazione ecologista sul riscaldamento globale.

LA «SOSTITUZIONE»
La «sostituzione» è anzitutto quantitativa: l’insistenza ossessiva con cui papa Bergoglio ripropone continuamente i migranti (e l’ecologia) a tutte le ore, tutti i giorni, per Natale, per l’Assunta e per Pasqua, un tempo – nei predecessori – riguardava l’annuncio di Cristo, la vita eterna e la dottrina cattolica. Ma è in corso anche una sostituzione concettuale, perché il povero in genere e il migrante in particolare (specie musulmano) è diventato, con Bergoglio, una categoria teologica e ha progressivamente sostituito il Salvatore.

Una volta, il 15 novembre 2015, Bergoglio arrivò a dire che, per salvarsi, non è importante se «sei andato a messa», ma se ti sei occupato dei poveri «perché la povertà è al centro del Vangelo». Quindi l’azione sociale è più importante del sacrificio di Cristo e dell’Eucaristia: ne deriva che gli esempi da seguire sono sindacalisti come Landini o la Camusso, non santa Teresina di Lisieux che visse sempre in clausura.

È di pochi giorni fa l’affermazione di Bergoglio per cui nei poveri c’è la «forza salvifica», essi «aprono la via al cielo, sono il nostro passaporto per il Paradiso». Ecco lo scivolamento verso la Teologia della liberazione che fu bocciata solennemente dalla Chiesa.

Al contrario la Chiesa ha sempre predicato che «Cristo è l’unico Salvatore» (Giovanni Paolo II) e – come diceva san Pietro – «in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,12).

Chi ha interpretato perfettamente il nuovo verbo bergogliano è l’attuale capo di Comunione e Liberazione, Julian Carron, che, buttando alle ortiche l’insegnamento di don Giussani (e buttando alle ortiche pure CL che ormai è ridotta ai minimi termini), ha lanciato per il Natale 2017 un «volantone» in cui non c’è più Gesù bambino, ma un campo profughi. È una bella foto artistica, ma Gesù è del tutto assente, dunque rappresenta il Natale bergogliano, non il Natale cristiano.

IL VERO INTERPRETE
Chi invece ha interpretato perfettamente l’annuncio cristiano è stato san Francesco d’Assisi che amava i poveri e la povertà molto più di Bergoglio e di Carron, ma che nel presepe (che lui stesso inventò) celebrò e adorò il Dio fatto uomo, non «i poveri» o i migranti.

Madre Teresa visse come san Francesco e vedeva come la peste la Teologia della liberazione. La deriva «umanitaria» o socialisteggiante, è presente nella Chiesa dagli anni Settanta. Il cardinale Giacomo Biffi ne parlava così: «Il grande pericolo del cristianesimo dei nostri giorni è quello di venire a poco a poco ridotto, magari per la generosa preoccupazione di accordarsi con tutti, a un insieme di impegni umanitari e all’esaltazione di valori che siano “smerciabili” anche sui mercati mondani».

Don Giussani, che era amico di Biffi e condivideva questa preoccupazione, per far capire la velenosa insidia contenuta in questa degenerazione umanitaria del cristianesimo, fece conoscere e diffondere Il racconto dell’Anticristo di Vladimir Solovev che aveva al centro proprio questo stravolgimento del cristianesimo.

Il protagonista del racconto, l’Imperatore, diceva di stimare la figura di Gesù, ma si riteneva migliore di Lui perché avrebbe portato finalmente la pace e l’amore: «Il Cristo è stato il riformatore dell’umanità, predicando e manifestando il bene morale nella sua vita; io invece sono chiamato ad essere il benefattore di questa umanità (…). Darò a tutti gli uomini ciò che è loro necessario. Il Cristo, come moralista, ha diviso gli uomini secondo il bene e il male, mentre io li unirò coi benefici che sono ugualmente necessari ai buoni e ai cattivi. Sarò il vero rappresentante di quel Dio che fa sorgere il suo sole per i buoni e per i cattivi e distribuisce la pioggia sui giusti e sugli ingiusti. Il Cristo ha portato la spada, io porterò la pace. Egli ha minacciato alla terra il terribile ultimo giudizio. Però l’ultimo giudice sarò io e il mio giudizio non sarà solo un giudizio di giustizia, ma anche di misericordia».

Con questa pretesa l’Imperatore prometteva ai cristiani – purché si prostrassero a lui – qualunque cosa volessero: cultura cristiana, valori sociali e morali…

«QUEL CHE È PIÙ CARO»
Ma la risposta gli arrivò da un santo monaco, lo starets Giovanni: «Grande sovrano, quello che noi abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente la pienezza della divinità (…). Confessa qui e ora davanti a noi Gesù Cristo…». Lo starets Giovanni rappresenta il vero cristiano davanti alla seduzione del potere che manipola la fede, spiegava don Giussani.

Oggi invece l’Imperatore sembra vincere. Abbiamo un Natale in cui i cattolici per primi sostituiscono Gesù con il valore della solidarietà, con la questione sociale dei migranti. Peraltro i poveri migranti di Bergoglio o del «volantone» di CL non sono nemmeno i «poveri cristiani perseguitati», che sono davvero i più derelitti perché abbandonati da tutti (anzitutto dal Vaticano). Ma sono possibilmente i migranti musulmani: non a caso quando Bergoglio andò nel campo profughi di Lesbo, dove c’erano diverse famiglie cristiane, portò a Roma con sé una famiglia di musulmani, non di cristiani.

L’attuale vescovo di Roma non vede nessun problema nell’ondata migratoria musulmana in Italia e in Europa, ma i problemi ci sono. Enormi. Proprio in questi giorni si è saputo che Giovanni Paolo II – che viveva fenomeni mistici – ebbe una visione soprannaturale drammatica che riguardava il futuro dell’Europa. In tempi non sospetti, nel marzo 1993, confidò a un amico: «Ricordalo a coloro che tu incontrerai nella Chiesa del terzo millennio. Vedo la Chiesa afflitta da una piaga mortale. Più profonda, più dolorosa rispetto a quelle di questo millennio: si chiama islamismo. Invaderanno l’Europa. Ho visto le orde provenire dall’Occidente all’Oriente». A questo punto il papa fece la descrizione dei paesi: dal Marocco alla Libia all’Egitto e così via. Quindi aggiunse: «Invaderanno l’Europa… Voi, Chiesa del terzo millennio, dovrete contenere l’invasione. Ma non con le armi, le armi non basteranno, con la vostra fede vissuta con integrità».

Sostituire Gesù con i migranti non sembra una fede integra, ma la resa totale.

Antonio Socci, Libero 27 novembre 2017


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