Attualità
Il virus cinese che ha contagiato il mondo, che nessuno vede e di cui nessuno parla
Pubblicato
4 anni fail
Il virus cinese si annida in molti settori, e più si spande tra gli interstizi del sistema economico, produttivo e sociale del mondo, più si avvicina a noi senza che facciamo caso alle enormi trasformazioni che sta apportando alle nostre vite.
È un virus che si è manifestato palesemente sotto le sembianze di una pandemia che ha travolto tutto l’occidente grazie alle sue frodi ed ai trucchi di bilancio.
Per capire come difendersi, è necessario conosceree la sua strategia.
Il virus cinese ha come main sponsor il governo cinese stesso che, celato dietro la bandiera comunista, sta combattendo una guerra finanziaria, commerciale ed alimentare, senza che ce ne accorgiamo.
La combatte quindi contro un sistema aperto come quello del WTO, alla libera concorrenza e senza dazi, utilizzando le armi del mercantilismo e del doping dei prezzi. L’esatto contrario di ciò che aveva promesso di fare per restare nell’organizzazione mondiale del commercio.
La colonizzazione mondiale cinese
per mezzo dell’intrusione nel libero mercato
Lo stile imperialista, ricalca le finalità delle classiche potenze colonialiste, solo che lo fa utilizzando le armi della sofisticazione dei prezzi e delle merci.
Dopo oltre quattro anni dal mio breve intervento in una TV locale in cui ho potuto fare un accenno al problema del virus cinese, e i relativi articoli che ne vanno a spiegare tutti i pericoli, ritorno sull’annoso problema sollecitato da due azzeccatissimi post del trader attivo su Facebook sotto lo pseudonimo Eric Packer.
I suoi interventi oltre ad affrontare il tema della concorrenza sleale, scavano più a fondo.
Nonostante riescano ad essere estremamente sintetici, snocciolano dati ed informazioni che vanno molto la di là dei concetti finanziari, andando a toccare alcune note dolenti anche se meno conosciute.
Una delle più sentite dalle persone comuni è quella dell’adulterazione alimentare.
Per quanto sconosciuta ai più, sotto il profilo tecnico, è ben chiara nelle menti dei consumatori italiani.
Ciò non toglie che possa insinuarsi tra i prodotti dei nostri mercati e supermercati, ecco perché non guasterà menzionarli come meritano.
Le sofisticazioni alimentari
In questi mesi ci siamo indignati, neanche più di tanto a dire il vero, per i silenzi della Cina all’alba dell’ outbreak pandemico ma sono oramai 20 anni che l’ Occidente subisce passivamente le pratiche da Quarto Mondo della predetta in ambito alimentare e sanitario.
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Abitudini cinesi da esportazione
Gli Stati ed i settori merceologici più coinvolti nella violazione dei diritti di proprietà intellettuale dei prodotti italiani
Oltre alla questione alimentare vi è anche l’annoso problema della contraffazione di marchi e prodotti e della violazione dei brevetti. Un campo questo in cui la Cina primeggia.
Uno studio non molto recente ci restituisce il quadro completo sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale su marchi, prodotti e brevetti italiani (e sulle ben note contraffazioni).
Ecco i due dati più facili da comprendere:
Leggendo lo studio redatto dall’ Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OEDC) è possibile andare più a fondo.
Il senso della Cina per l’innovazione
Tuttavia, la Cina ama tagliare i costi e quindi tagliare l’ eparina con condroitinsolfato ipersolfatato il quale costa 100 volte di meno dell’ eparina ma che può risultare fatale.
Il succo di mela costa molto di meno di quello americano grazie ai pesticidi a base di arsenico vietati negli USA ma largamente usati in Cina.
Non solo beni di consumo, ma anche cibo
Una bella miscesa di patate normali e dolci lavorata a forma di chicchi di riso con l’aggiunta di una resina di plastica in grado di garantirne la tenuta alla cottura come se fosse di alta qualità: mangiarne 3 ciotole equivale a mangiare un’ intera busta di plastica.
Se poi dovesse piacervi il riso dello Wuchang non c’è problema: si prende del riso normale e si aggiungono dei profumi chimici in modo tale che sembra proprio quello di Wuchang.
Il virus cinese è immune alle regole del libero scambio
Anche se la Cina è, per tramite di molte aziende, portatrice di innovazione e cultura avanzata del fare azienda e business pulito, è innegabile che complessivamente si stia muovendo optando per la concorrenza sleale.
Di questo parlammo sul nostro blog sempre cinque anni fa.
Una delle tante leve che ama usare è l’adozione di dazi sui prodotti importati.
Ma il problema maggiore è un altro.
Per scardinare le economie concorrenti, la Cina mette in atto pratiche di dumping, ovvero di concorrenza sleale attraverso la sofisticazione dei prezzi.
In poche parole esporta merci a basso costo dopandone i prezzi e mettendo fuori mercato i prodotti concorrenti.
Lo smantellamento della produzione italiana
Cos’è il WTO?
L’acronimo WTO sta per World Trade Organization (Organizzazione Mondiale del Commercio). Si tratta di un accordo internazionale che regola il libero scambio delle merci tra i Paesi aderenti, ovvero di tutto i mondo, che si impegnano a rispettare le regole comuni per il commercio coordinato fra economie nazionali.
Gli apparati economici appartenenti alla cosiddetta Economia di Mercato, dal 2001 hanno accolto la Cina come membro provvisorio. I membri del WTO infatti erano sicuri che allo scadere dei 15 anni dal suo ingresso la Cina sarebbe riuscita ad adeguarsi a tutti i criteri necessari per essere considerata una vera e propria economia di mercato.
Detto termine è scattato l’11 dicembre 2016, data concomitante con la decisione sulla compatibilità della Cina con il WTO.
Vediamo quali sono i requisiti minimi per considerare effettiva un’Economia di Mercato:
- Grado stabilito di influenza governativa sull’allocazione delle risorse e le decisioni delle imprese;
- Assenza di interventi dello Stato nelle operazioni di privatizzazione delle imprese e nell’impiego di meccanismi di compensazione e di scambio che non rispettino le regole del libero mercato;
- Esistenza di un diritto societario trasparente e non discriminatorio in grado di garantire un’adeguata governance societaria;
- Trasparenza dello Stato di diritto volta a garantire il diritto di proprietà e il funzionamento di un regime fallimentare;
- Esistenza di un settore finanziario che operi indipendentemente dallo Stato.
In rosso abbiamo evidenziato i criteri non soddisfatti dalla Cina, in verde l’unico soddisfatto.
La UE non riconosce alla Cina lo status di economia di mercato.
In prossimità della data fatidica, in Europa si è acceso un dibattito sul tema. Dobbiamo continuare a considerare la Cina un’economia di mercato o adottare le contromisure per fare come se non lo fosse? Fu fatta una campagna per lo stop allo status di economia di mercato alla Cina. Alla campagna di informazione ha partecipato anche questo blog, portando la questione in una TV locale.
Il risultato raggiunto fu quello che la maggioranza dei membri della commissione europea votarono per lo stop.
“Pechino ha lasciato decadere la clausola perché si sentiva in diritto di avere un riconoscimento automatico di economia di mercato. Ma così non è stato, infatti la questione si è trascinata per qualche anno, fino al 2019 quando la Cina ha perso una sentenza provvisoria contro la Ue. Pechino aveva la possibilità di ricorrere fino al 15 giugno, termine ultimo per riaprire la partita “storica” per costringere Bruxelles a riconoscere l’Impero Celeste con lo status di “economia di mercato” ma non l’ha fatto.”.
Problema risolto dunque? Non proprio, visto che la politica di aggressione cinese continua.
Sta a noi cittadini e consumatori difenderci.
Mentre informazione e politica combattono
per battaglie petalose, il virus cinese dilaga
Attualmente, la Cina consuma metà del cemento mondiale, metà dell’ acciaiaio, un terzo del rame ed un terzo dell’ alluminio.
Per soddisfare questo appetito, il governo cinese ha stretto patti ed alleanze con i più spietati dittatori contemporanei.
Per poter stringere patti ed alleanze con questi personaggi, i diplomatici cinesi hanno usato al meglio il ruolo di membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ ONU nell’ ambito del quale la Cina potuto porre il veto su qualsiasi tipo di sanzione non fosse di suo gradimento.
Così, da circa un ventennio, i diplomatici cinesi hanno acconsentito ad accordi del tipo “Blood for Oil” e “Rape for Raw Materials”.
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Mentre il cittadino dorme…
Il virus cinese è protetto dal suo Governo
Ma come fa la Cina a dopare i prezzi e a vendere sotto costo?
Per riuscire a mettere fuori mercato i concorrenti occorre fare prezzi più bassi dei loro. Al di là del fatto che la Cina occupa una posizione dominante per l’acquisizione di materie prime e manodopera a basso costo, ciò non basta per ridurre i prezzi tanto da fare fuori i concorrenti.
Del resto è così evidente, dato che anche in occidente, proprio per fare fronte alla globalizzazione, la retribuzione e i diritti dei lavoratori sono stati cinesizzati.
Allora come fare?
Una pratica comune è quella di finanziare con soldi pubblici le proprie aziende esportatrici in modo da sorreggerle economicamente nonostante queste vendano i loro prodotti sotto costo.
Si chiama dumping, come abbiamo visto più sopra.
Quindi il Governo cinese sostiene le aziende che fanno concorrenza sleale ai propri concorrenti internazionali.
Questo comporta che i prodotti cinesi, una volta che avranno invaso i mercati esteri, faranno sparire dalle vetrine e dai banchi dei mercati, tutti quei prodotti incapaci di reggere la concorrenza.
Il rischio maggiore è che una volta invasi i mercati del mondo avranno anche eliminato le aziende straniere concorrenti, fallite nel frattempo. Quando i produttori cinesi avranno raggiunto il monopolio per quei prodotti e alzeranno i prezzi a loro piacimento assorbendo la nostra ricchezza che andrà ad alimentare quella del popolo cinese.
“America first”: il fascismo non c’entra
Vi dice niente lo slogan “America first” di recente memoria?
Sì, lo so che è stato scambiato per uno slogan fascio-lega-fascista, ma non lo era.
Donald Trump aveva in mente proprio uno scontro sui dazi e sull’importazione di produzione (non di prodotti) in America, proprio per andare contro corrente.
Gli USA infatti soffrono di una bilancia commerciale deficitaria rispetto alla Cina. Ciò ha prodotto anche l’indebolimento del dollaro statunitense e quindi l’aumento dei costi delle importazioni.
A questo punto per gli USA diventa difficile mantenere il tenore di vita medio dei suoi cittadini.
Quindi le soluzioni più immediate sono due:
1) riportare la propria economia a produrre ciò che consuma.
2) riprendere l’espansionismo coloniale dichiarando guerra ai produttori di materie prime e ai loro fiancheggiatori.
Ma secondo voi, se il governo in carica è propenso ad aprire un dialogo con la Cina, quali delle due opzioni sceglierà per prima?
Come fare per immunizzare l’economia italiana
dal virus cinese?
Gli USA hanno dichiarato che Biden manterrà almeno inizialmente i dazi sui prodotti europei.
È difficile che cambi rotta repentinamente anche rispetto a quelli che Trump aveva imposto sui prodotti cinesi.
Ciò almeno fino a quando gli USA patiranno i problemi a cui abbiamo accennato uniti a quelli di deficit in aumento.
Quindi gli USA hanno già deciso, l’Africa è in balia degli eventi, ma noi?
In un periodo in cui le economie mondiali sono messe in ginocchio dal virus cinese, occorre rimanere desti e concentrati sul consumo consapevole.
Tenere i politici attenti su questa questione è un fatto altrettanto importante.
Ma l’azione che occorre condurre maggiormente, è la vigilanza e la diffusione tra chi ci circonda, del vaccino della consapevolezza.
L’Italia è ancora estranea a fenomeni di importazione di cibi contaminati, per fare un esempio, ma il declino economico favorisce le produzioni a basso costo e quindi scadenti.
Far ripartire l’economia è uno dei fattori immunizzanti dal virus cinese. Solo così possiamo contrastare il virus cinese che si insinua laddove c’è poca consapevolezza e molta povertà.
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Articolo pubblicato su economiaspiegatafacile.it
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