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Il rischio del petrolio e degli shock esterni sul dollaro.

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In questi giorni guardiamo lo spread, come se fosse l’indicatore unico ed assoluto. Se vi dicessi che i problemi in realtà possono sorgere da fattori che non possiamo controllare, se non in minima parte e che, senza la politica monetaria adeguata, rischiano di far apparire il 2012 una passeggiata?

Il prezzo del petrolio sta salendo e piuttosto fortemente. Iniziamo il WTI:

Proseguiamo con il Brent:

Ora l’aumento nell’arco di un anno è stato pari al 41%, e siamo a quasi tre volte il prezzo minimo del 2016. Proprio i prezzi bassi hanno permesso la crescita un po’ più accelerata in aerea europea nel 2016-2017. Tra l’altro la situazione si viene a divaricare fra nuovo e vecchio mondo: mentre gli USA hanno praticamente un’autonomia energetica per cui sono poco toccati da questo fenomeno, la forza di questo viene a farsi sentire completamente sul vecchio contente.

Le previsioni non sono particolarmente positive: si prevede per il 2019 un prezzo superiore ai 73-74 dollari al barile, con un valore, ma con una volatilità molto accentuata anche da possibili eventi di politica estera. In tutto questo gli USA si avviano ad essere il maggior produttore di petrolio per il 2023, con autosufficienza completa petrolifera ed esportazione di LNG.

Se alziamo gli occhi queste solo le previsioni dei prezzi sino al 2050.

 


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