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Il punto di vendita fisico: una meta attraente (di Romina Giovannoli)

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Circa 3 miliardi di persone nel mondo, in questi ultimi dieci anni, hanno accolto nelle loro vite lo smartphone. Un numero quasi uguale di persone a livello globale risulta iscritta a un social network. Da questi due aspetti si può dedurre che quasi la metà della popolazione è online, raggiungibile in ogni momento, ed è in grado di interagire in tempo reale con altre persone e con le aziende. Nonostante questa costante connettività e le opportunità offerte della innovazione tecnologica, l’online non potrà mai soppiantare definitivamente l’offline come dice il vicepresidente di Xiaomi: “ Vedere è credere, bisogna fare in modo che per prima cosa le persone provino il prodotto”. Quindi se per decenni location e assortimento hanno contraddistinto il mondo del retail, determinando il successo o l’insuccesso del punto vendita, oggi il negozio fisico deve evolversi per adempiere a nuove peculiari funzioni in cui i consumatori in molti casi cercano un contatto fisico con il prodotto. Dall’analisi del modo in cui il consumatore affronta lo shopping emerge che l’esperienza d’acquisto basata sulla semplice esposizione della merce a scaffale non è più sufficiente perché le persone non comprano beni, ma significati: scelgono prodotti e servizi seguendo la sfera emotiva, psicologica e psicosociale. I consumatori sono disposti a pagare di più o di meno un prodotto a seconda della qualità delle esperienze.

I tempi in cui la scelta d’acquisto avveniva in base alla ‘superiorità tecnica di prodotto’ sono superati, e ciò richiede ai marchat, accanto all’offerta, di esprimere se stessi, di raccontare delle storie in grado di conquistare la mente e il cuore delle persone”(Kotler, Stigliano, p.66, 2018). Quindi le esperienze legate ai prodotti sono più importanti dei prodotti stessi perché dettano ai consumatori cosa acquistare e consumare.

I consumatori sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli durante la fase di acquisto in quanto vogliono un coinvolgimento attivo, un’emozione, una motivazione per entrare in un negozio e scegliere un brand o un prodotto per la prima o per l’ennesima volta. Così diventa importante la custode shopping experience per far vivere al consumatore dei momenti significativi all’interno dello store dove l’acquisto rappresenta soltanto la conclusione di un percorso d’acquisto molto articolato.

Osservando il cambiamento delle aspettative e dei desideri dei consumatori quando vanno in uno store fisico, si nota la caduta dell’assioma secondo cui la finalità di un negozio è la transazione economica. Molte persone vedono il negozio come una specie di “parco giochi” dove si può imparare cose nuove ed esprimere un senso di appartenenza, uno stile o una particolare attitudine. Quindi un luogo dove i nuovi shopper si aspettano più un’esperienza ludica, ricreativa o informativa piuttosto che di concludere un acquisto. L’importanza dell’esperienza di contesto e della sfera emotiva è dimostrato da questo dato: più dell’ 85% dei consumatori di tutto il mondo dichiara di essere disposto a pagare fino a un quarto in più del prezzo base di un prodotto in cambio di un’esperienza rilevante da ricordare. Da ciò si può dedurre che il punto vendita diventa un punto di esperienza che viene percepito non più come un have-to-go-place ma come un want-to-go-place; quindi un contenitore di esperienze appaganti dove lo shopper non ha l’onere di andare, ma il desiderio e il piacere di stare.

Come abbiamo detto all’inizio di questo articolo, il consumatore è condizionato da emozioni e fantasie, nonché dal proprio vissuto, e “quando fa shopping non cerca solo le informazioni necessarie a una scelta funzionale e utilitarista, ma desidera esporsi alla stimolazione sensoriale e ludica, per soddisfare bisogni estetici e ottenere gratificazioni secondo il principio del piacere” (Kotler, Stigliano, p.69, 2018). Quindi la componente esplorativa e quella relazionale sono parte integrante del retailing e devono essere valorizzati anche quando non si traducono in un transazione perché solo in questo modo i retailer potranno instaurare una connessione emotiva con i propri clienti e dare delle risposte a le loro aspirazioni che il digitale non riesce a dare. I negozi fisici devono diventare dei luoghi “magici” da vivere dove il cliente compie un processo di costruzione identitaria del sé per poi trasformarsi piano piano in lifestyle marketplace, dei luoghi dove alle persone viene data la possibilità di esplorare il mondo intrinsecamente legato ai prodotti o ai brand.

Il negozio fisico deve essere visto come uno spazio di incontro creativo tra consumatore e brand. “Una meta attraente nella quale le persone si possono immergere e i valori della marca non solo vengono messi in mostra, ma fatti vivere in prima persona, e la cifra del successo non è data dall’incremento nelle vendite, ma dalla narrazione che vi è dentro” (Kotler, stigliano, p.73, 2018). Da ciò possiamo dedurre che se un acquisto nell’era digitale può essere concluso ovunque, la peculiarità assoluta di un negozio fisico deve essere la custode experience.

Romina Giovannoli


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