Attualità
Il petrolio russo ora supera i 60 USD a barile. Che succederà al tetto del prezzo?
In seguito al taglio a sorpresa dell’output OPEC+ di 1,6 milioni di bpd avvenuto nel fine settimana, il prezzo dell’Urals, il greggio di punta della Russia, ha superato il tetto di 60 dollari al barile fissato dal G7 a dicembre, riporta Reuters, citando fonti coinvolte nel trading petrolifero russo.
In base al tetto di prezzo fissato dal G7, l’Urals può essere scambiato in dollari USA solo se venduto al di sotto dei 60 dollari al barile. I commercianti di petrolio hanno dichiarato alla Reuters che, poiché esiste un periodo di tempo durante il quale i carichi vengono prezzati, è ancora possibile chiudere al di sotto dei 60 dollari, a seconda dei tempi di negoziazione.
Sempre mercoledì, il Cremlino ha rilevato un calo del 43% su base annua delle entrate del bilancio federale provenienti dal petrolio e dal gas a marzo, riporta la Reuters, citando il Ministero delle Finanze russo. Non c’è stato un calo delle entrate da petrolio e gas per il bilancio federale mese su mese (da febbraio a marzo) grazie alla riscossione delle imposte trimestrali sui profitti dell’estrazione mineraria, che hanno compensato le perdite.
A marzo la Russia ha registrato entrate per il bilancio federale derivanti dalla vendita di petrolio e gas per quasi 8,7 miliardi di dollari, in leggero aumento rispetto a febbraio, ma in netto calo rispetto al marzo dello scorso anno, quando le entrate derivanti dalla vendita di petrolio e gas per il bilancio federale avevano superato i 1.200 miliardi di dollari.
Il Cremlino fa affidamento sui proventi del petrolio e del gas per finanziare la sua “operazione speciale” in Ucraina. A metà marzo, l’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) ha citato il Ministero delle Finanze russo per affermare che le vendite di petrolio erano inferiori del 45% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, notando che le sanzioni occidentali stavano avendo “l’effetto desiderato”.
Il Cremlino prevede un deficit di bilancio del 2% del PIL per quest’anno, mentre il Ministero delle Finanze prevede un calo del 23% dei ricavi da petrolio e gas per l’intero anno. Il prezzo del greggio fissato dal Ministero per febbraio è stato di 49,56 dollari, mentre quello di marzo è stato fissato a 47,85 dollari. Si tratta di un calo rispetto al marzo 2022, quando i prezzi del greggio Urals erano stati fissati a 88,95 dollari, secondo la Reuters.
Se il prezzo restasse oltre i 60 USD per l’Urals allora potrebbero esserci dei problemi per l’applicazione del tetto del prezzo che viene utilizzato per l’import nei paesi del G7. A quel punto ci sarebbe la scelta: pagare di più o rinunciare la petrolio russo per sostituirlo con quello, magari più costoso, mediorientale? Sappiamo che il Giappone, per il petrolio estratto da Sakhalin 2 , ha deciso di pagare di più…
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