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Crisi

IL PESSIMISTA PROVA A PENTIRSI

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Il pessimista in buona fede è uno che, da sempre, si è sforzato di prendere sul serio le cattive notizie superando i suggerimenti della speranza, che pure è una delle tre virtù teologali. Ma la sua buona fede, se è completa, deve poi spingerlo a resistere all’abitudine delle cattive previsioni: e dunque a chiedersi se per caso non stia esagerando. Dopo tutto a volte si vince alla lotteria, a volte il tumore è benigno, a volte il diavolo non è così brutto come lo si dipinge.

A tutto questo pensavo leggendo che lo spread tra i titoli pubblici italiani e i Bund tedeschi è addirittura sceso sotto i duecento punti base. “Sei un bel testone”, dicevo a me stesso. “Tutte le notizie ti contraddicono, tutte dicono che hai fatto malissimo a scappare dai BTP (perdendoci eccome), tutte dicono che l’euro va a gonfie vele, e dunque a favore della tua tesi c’è solo la tua presunzione, la tua disperata voglia di avere ragione mentre la realtà ti dà torto. Sei un imbecille”.

Sentirsi apostrofare in questa maniera violenta non è che faccia piacere.  Ma in questi casi non serve a niente dibattersi e arrampicarsi sugli specchi. Riconoscere il proprio torto è il modo più semplice per passare ad altro argomento. Ma il mio caso è più grave di così. Questa Canossa non mi è consentita. Non posso accettare una comoda via d’uscita a spese della verità. Quanto meno,  di quella che credo essere la verità.

Immaginiamo che un autocarro sia stato concepito per portare un massimo di tre tonnellate. Raggiunto quel peso, ogni persona di buon senso direbbe che non bisogna aumentare il carico. Tuttavia è chiaro che se si aggiunge un chilo o due, o anche dieci, non avviene nulla di grave. Se si dice “fino a tre tonnellate”, è chiaro che il fabbricante ha previsto un margine di tolleranza. E dunque forse si può andare fino a tre tonnellate e un quintale. O due? O tre?

Questa è la situazione dell’Europa. Il fatto che abbiamo aggiunto il quarto quintale e il sistema non crolla, anche se la Francia e perfino i Paesi Bassi non hanno più la tripla “A” delle agenzie di rating, non significa che la situazione dell’economia continentale possa peggiorare indefinitamente. È vero, lo spread scende drammaticamente anche per Paesi, come la Spagna, che non hanno avuto la fortuna di governi capeggiati da Letta e Saccomanni: ma dobbiamo dedurne che si possono aggiungere altri quattro quintali, o perfino altre quattro tonnellate di carico?

Non è necessario essere grandi scienziati per sapere che più si va oltre il consentito, più si sfrutta il margine di tolleranza, più si avvicina il momento del collasso. Diversamente il limite di carico del veicolo non sarebbe “tre tonnellate”, ma “infinite tonnellate”. E questo è impossibile.

Proprio questa constatazione mi vieta di accettare l’umile via d’uscita di un semplice “mi sono sbagliato” che da solo è già un preludio di perdono. Infatti, quale positivo mutamento nei “fondamentali” si è avuto, da quando è cominciata la crisi? Il debito pubblico italiano sfiora i 2.100 miliardi di euro, quello francese – scrive l’ex ambasciatore Christian Lambert – ha raggiunto i duemila, la ripresa è più una speranza e una vanteria dei governanti che qualcosa che i cittadini osservano nella loro vita quotidiana. L’euro è troppo forte, taglia la gambe alle esportazioni. I vincoli comunitari dell’eurozona sono sempre più impopolari e l’antipolitica guadagna terreno. Le misure più dolorose non hanno raddrizzato i Paesi in grave difficoltà, in primo luogo l’Italia, per non parlare della povera Grecia. A Cipro hanno risolto il problema depredando gli innocenti correntisti delle banche, e tutto, nella sostanza, va come prima, peggio di prima. Lo spread è basso? Evviva. Ma la nostra produttività rivaleggia con quella cinese? Il cuneo fiscale sulla retribuzione dei lavoratori è stato forse drasticamente ridotto? La Fiom è divenuta ragionevole e sta facendo ponti d’oro, a Marchionne, perché produca in Italia? La spesa pubblica è stata forse dimezzata? E soprattutto, è forse cambiata la mentalità? Perché purtroppo, quando si parla di risolvere il problema del lavoro, sentiamo ancora la Camusso parlare di investimenti, come se il lavoro dovesse crearlo lo Stato col denaro dei contribuenti e come se l’Unione Sovietica non fosse crollata. Come posso essere ottimista?

E tuttavia riesco ad immaginare un momento in cui diverrei ottimista. Se la pressione fiscale fosse riportata d’un sol colpo (di bacchetta magica) dall’attuale 44% al 24%, anche se nel frattempo lo spread saltasse dagli attuali duecento punti a quattrocento, smetterei di essere pessimista e sarei felice di dire: “Mi sono sbagliato. La ripresa era possibile, ed ho fatto male a non avere fiducia nell’Italia e nell’Europa”.

Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it

7 gennaio 2014


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