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Il paradosso tedesco: fare più debito e crescere meno. I Bund verso il 3%, addio “Porto sicuro”?

La Germania, un tempo baluardo del rigore, si prepara a un’ondata di nuovo debito per armi e infrastrutture. Con la BCE ferma, i rendimenti dei Bund decennali puntano al 3%, un livello record dal 2011. Ecco cosa significa per gli investitori e per il futuro dell’Eurozona.

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Un cocktail potenzialmente esplosivo si sta agitando sui mercati finanziari europei, e l’ingrediente principale arriva, un po’ a sorpresa, dalla Germania. Due convinzioni si fanno largo tra gli investitori:

  • la prima è che la Banca Centrale Europea abbia esaurito le cartucce per quanto riguarda il taglio dei tassi;
  • la seconda è che Berlino, il vecchio campione del rigore, si stia preparando a un’ondata di nuovo debito per finanziare le sue crescenti necessità.

Il risultato? Una pressione al rialzo sui rendimenti dei titoli di Stato che sta facendo scricchiolare certezze consolidate. Le stime degli analisti indicano ora un traguardo che sembrava dimenticato: il rendimento del Bund decennale tedesco potrebbe raggiungere il 3% entro la metà del 2027, un livello che non si vedeva dal lontano 2011.

Già il suo andamento è in quella direzione, come si può notare dai grafici dei rendimenti decennali:

La Germania apre i cordoni della borsa

Il rigore teutonico, per anni un dogma incrollabile, sembra un ricordo sbiadito di fronte alle necessità del presente. Il governo federale ha annunciato l’intenzione di aumentare le emissioni di debito per finanziare ambiziosi piani infrastrutturali e, soprattutto, di riarmo. Non è un caso isolato: già negli ultimi trimestri gli obiettivi di indebitamento sono stati rivisti al rialzo, e la tendenza è destinata a continuare.

Il paradosso, però, è che questa nuova prodigalità fiscale si scontra con un’economia che fatica a ripartire. Mentre l’Eurozona nel suo complesso dovrebbe crescere dello 0,8% nel 2025 (dati FMI di aprile), il PIL tedesco è previsto a un deludente 0%. Le stime più recenti raccolte da Bloomberg non sono molto più ottimistiche, indicando una crescita tedesca dello 0,3% nel 2025 e dell’1,1% nel 2026, contro una media dell’Eurozona dell’1,2% e 1,1% rispettivamente.

Confronto Crescita PIL (Stime 2025-2026)

Area GeograficaCrescita PIL 2025Crescita PIL 2026
Germania0.2%1.1%
Eurozona1.2%0,8%
Fonte: Consenso Bloomberg

Questo scenario sta già lasciando il segno. Il Bund decennale, partito a inizio anno con un rendimento del 2,3%, viaggia ora stabilmente intorno al 2,75%. C’è una crescente avversione al rischio, non solo per i titoli periferici, ma anche per quello che è sempre stato considerato il “porto sicuro” per eccellenza.

La BCE si tira indietro e il dilemma dell’investitore

A complicare il quadro c’è la postura della BCE. L’era del “whatever it takes” monetario è finita. Christine Lagarde ha messo in chiaro che non sono previsti ulteriori tagli dei tassi, con il tasso sui depositi al 2% che si candida a diventare il nuovo “tasso neutrale” di riferimento. Inoltre, Francoforte non comprerà più debito a man bassa; al contrario, lascerà che i titoli in pancia scadano, riducendo gradualmente il suo bilancio. Del resto, se dovesse comprare, avrebbe già il problema del debito francese da risolvere in questo momento che obbliga a comprare più debito francese.

Meno acquisti dalla BCE e più offerta dalla Germania: la matematica è semplice e porta a rendimenti più alti. Le previsioni indicano una crescita quasi ininterrotta fino al 2027. Ma cosa significa questo per chi vuole investire oggi?

Qui sorge il dilemma. Il prezzo di un’obbligazione si muove in direzione opposta al suo rendimento. Se i rendimenti sono destinati a salire, il prezzo dei Bund attualmente in circolazione è destinato a scendere.

Facciamo un esempio pratico:

  • Un investitore ha acquistato il primo Bund decennale emesso a gennaio 2024 (ISIN DE000BU2Z049).
  • Il prezzo attuale è di circa 98,7, con un rendimento a scadenza del 2,74%.
  • Se il rendimento salisse al 3% entro il 2027, come previsto, il prezzo di quel titolo scenderebbe di circa il 2,1%.

Questo significa che, vendendo il titolo tra due anni, si subirebbe una perdita in conto capitale. Anche incassando le cedole (del 2,5%), il rendimento annualizzato finale sarebbe di poco superiore all’1,2%, quasi certamente insufficiente a coprire l’inflazione.

Come osserva Jordi Martret di Norz Patrimonia, l’acquisto di obbligazioni a lunga scadenza oggi ha senso solo scommettendo su un improbabile e repentino cambio di rotta della BCE. Per ora, il gioco non sembra valere la candela. Non solo, io aggiungo che questo calo dei prezzi inciderà pesantemente sui bilanci di  banche ed assicurazioni tedesche, che hanno questi titoli in pancia, e che dovrebbero da un lato registrare delle perdite, svalutando i titoli, dall’altro integrare il loro lavoro per rispettare i vincoli patrimoniali.

Insomma, il “porto sicuro” per eccellenza mostra qualche crepa. E gli investitori farebbero bene a navigare con cautela, perché potrebbero esserci tempeste in vista.

Il Bundestag

Domande e Risposte per i Lettori

1) Perché i rendimenti dei titoli di Stato tedeschi stanno aumentando se la loro economia è debole? La ragione principale è duplice. Primo, il governo tedesco ha in programma di emettere molto più debito per finanziare spesa militare e infrastrutture, aumentando così l’offerta di titoli sul mercato. Secondo, la Banca Centrale Europea ha interrotto le sue politiche di acquisto di debito (Quantitative Easing) e non si prevedono nuovi tagli dei tassi. Questa combinazione di maggiore offerta di titoli e minore domanda da parte della BCE spinge inevitabilmente i prezzi al ribasso e, di conseguenza, i rendimenti al rialzo, nonostante la stagnazione economica.

2) Conviene ancora investire nel Bund tedesco considerandolo un “bene rifugio”? Il Bund rimane un titolo a bassissimo rischio di insolvenza, ma non è più un investimento privo di rischi di mercato. L’aumento previsto dei rendimenti significa che chi acquista oggi un Bund a lunga scadenza rischia una perdita in conto capitale se dovesse vendere il titolo prima della scadenza. Attualmente, il potenziale guadagno dato dalle cedole potrebbe non essere sufficiente a compensare questa perdita e a battere l’inflazione. Pertanto, la sua funzione di “rifugio” dal rischio di prezzo è compromessa nel breve-medio termine.

3) Quali sono le conseguenze per l’Italia e lo spread BTP-Bund? L’aumento del rendimento del Bund tedesco è un’arma a doppio taglio per l’Italia. Da un lato, se il rendimento del Bund sale, anche il rendimento del BTP tende a salire, rendendo più costoso per lo Stato italiano finanziarsi. Dall’altro lato, se il rendimento del Bund sale più velocemente di quello del BTP, lo spread diminuisce, segnalando una minore percezione del rischio relativo dell’Italia. Tuttavia, lo scenario più probabile è che l’aumento del benchmark tedesco trascini al rialzo tutti i rendimenti dell’Eurozona, mantenendo alta l’attenzione sulla sostenibilità del nostro debito.

E tu cosa ne pensi?

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