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Il pagamento a rate e l’illusione di ricchezza (di Ilaria Bifarini)

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La chiamano ripresa dei consumi e il quotidiano economico Il Sole 24 ore ne fa il titolo di copertina: le richieste di finanziamento da parte delle famiglie per l’acquisto dei beni durevoli crescono di un cospicuo 24% su base annua. La “bella” notizia fa il paio con il presunto aumento dello 0,8% del Pil declamato nei giorni scorsi, e poco importa se poi è stato smentito e ridimensionato ufficialmente. Se poi viene abbinata a un bell’editoriale sul fiorire della fiducia (la primavera è alle porte, nonostante la pioggia) e le occasioni da cogliere al volo il gioco è fatto.

Secondo le stime elaborate da Eurisc, il Sistema di Informazioni Creditizie, il ricorso al finanziamento da parte del consumatore per acquistare elettrodomestici, mobili, hi-tech, auto, ma anche spese mediche o viaggi è sempre più massiccio. Il fenomeno non conosce distinzioni geografiche ed è in forte espansione sia a Nord che a Sud, né demografiche, coinvolgendo tanto i piccoli centri che le grandi città. “Segnali incoraggianti” (testuali parole dell’articolo del Il Sole24 di oggi) arrivano dall’aumentare dell’importo medio di finanziamento richiesto, che a febbraio ha raggiunto gli 8.430 €. In un caso su cinque viene richiesta la rateizzazione in 60 mesi. La metà dei richiedenti il credito ha tra i 35 e i 54 anni, ma rispetto al passato sono in crescita anche i consumatori tra i 18 e i 34 anni che fanno ricorso a questa forma di pagamento. Il merito sarebbe tutto del Job Acts, che ha creato nuovi posti di lavoro e quindi nuovi consumatori. Noi, più modestamente, azzardiamo l’ipotesi di acquisti da parte dei giovani di nuovi telefonini, che ormai costano come un’auto usata e quindi si ricorre al sempre più diffuso pagamento a rate.

Il fenomeno del pagamento rateizzato è una moda importata oltreoceano e in Italia ha avuto uno sviluppo clamoroso nell’ultimo ventennio: nel 1995 contava un modesto giro di affari di 8,4 miliardi, passando a fine 2014 a ben 111,9 miliardi, con un incremento del 1.232%!

Spesso all’interno di un TAN (Tasso Annuo Nominale) uguale a zero si nasconde un TAEG (Tasso Annuale Effettivo Globale) diverso, che include le spese di apertura e di gestione della pratica. Dietro questa operazione finanziaria ruota un giro di affari che coinvolge intermediari, banche, finanziarie ed emittenti di carte di credito, con cui le catene commerciali stringono accordi, ed è difficile credere che non abbiano un costo.

Ma la cosa più grave è come la dilazione del pagamento nel tempo e la promessa di un tasso zero alletti il consumatore, l’homo consumens, che viene incentivato ad acquisti spesso superflui in un’illusione di irreale ricchezza. Così, alle rate del mutuo e della macchina si aggiungono per le famiglie quelle per nuovi elettrodomestici (quelli di prima non funzionavano bene, meglio ricomprarli che ripararli), per gli ultimi ritrovati hi-tech che presto diventeranno obsoleti, per un intervento medico o di chirurgia plastica e, perché no, per un viaggio esotico. D’altronde c’è già Equitalia che offre la possibilità di saldare a rate il debito con il fisco.

Ma attenzione a che la situazione non sfugga di mano: l’Italia si è sempre contraddistinta per la prudenza e la capacità di risparmio da parte delle famiglie, che ha fatto da contrappeso alla dissennatezza e all’accumulo del debito di Stato. Non è incentivando il debito privato che si rilanciano i consumi e l’economia del Paese.

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