Difesa

Il “Muro di Droni” della Von der Leyen? L’Italia ha la soluzione pronta da 30 anni, ma nessuno la volle

Mentre l’Europa progetta costosi e vaghi “Muri di Droni” contro le nuove minacce, la soluzione più efficace ed economica esiste già. È l’OTOMATIC, un rivoluzionario sistema antiaereo italiano degli anni ’80, perfetto per abbattere gli sciami di droni a basso costo.

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La recente incursione di droni a basso costo, presumibilmente di fabbricazione russa sul modello degli Shahed iraniani, in territorio polacco ha riacceso i riflettori sulla vulnerabilità dello spazio aereo europeo. La risposta di Bruxelles, per bocca della Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, è stata tanto altisonante quanto vaga: la creazione di un “Muro di Droni” per proteggere i cieli dell’Unione. Un’idea che evoca scenari da fantascienza, ma che, alla fine, non vuol dire niente per il presente o per il prossimo futuro e che fa pensare a soldi spesi che, in realtà, non porteranno a nulla.

Eppure, come spesso accade nel grande teatro della politica europea, la soluzione più efficace potrebbe non risiedere in progetti avveniristici e costosissimi, ma in un cassetto dimenticato della nostra migliore ingegneria militare. Un cassetto italiano, per la precisione, che custodisce da oltre trent’anni un progetto che sembra nato apposta per neutralizzare la minaccia odierna: l’OTOMATIC.

L’OTOMATIC su scafo OF-40

Un “game changer” dimenticato

Sviluppato in forma privata negli anni ’80 dalla OTO Melara, l’OTOMATIC (OTO Main Anti-aircraft for Intercept and Combat) non era un semplice semovente antiaereo. Era una piattaforma multi-ruolo rivoluzionaria, concepita per dominare il campo di battaglia moderno. Montato sullo scafo del semovente d’artiglieria Palmaria (a sua volta derivato dal carro OF-40), il suo cuore era un’arma leggendaria, prestata dal mondo navale: il cannone Otobreda 76mm “Super Rapido”.

76/62 super-rapido su nave

Quest’arma, capace di una cadenza di tiro di 120 colpi al minuto, conferiva al sistema una flessibilità senza pari. Poteva ingaggiare velivoli ed elicotteri fino a 6.000 metri di distanza, ma anche trasformarsi in un temibile cacciacarri, grazie a proiettili APFSDS (perforanti ad abbandono di sabot) in grado di trapassare 150 mm di acciaio a 2 km. Una capacità letale contro i temuti elicotteri d’attacco sovietici Mi-24 “Hind”, ma oggi perfetta contro qualsiasi veicolo leggermente blindato.

La torrretta, scomposta

Tecnologia all’avanguardia, ieri come oggi

Ciò che rendeva l’OTOMATIC un sistema d’arma superiore non era solo la potenza di fuoco. La sua dotazione elettronica era, per l’epoca, avveniristica e tuttora validissima:

  • Doppio Radar: Un radar di scoperta SMA VPS-A05 con portata di oltre 15 km (8 km contro elicotteri) e un radar di inseguimento VPS A-06. Le antenne erano retrattili per ridurre la segnatura del veicolo.
  • Tempo di Reazione Minimo: Il sistema era in grado di rilevare, identificare (grazie al sistema IFF) e aprire il fuoco su un bersaglio in appena sei secondi.
  • Puntamento Ottico: Oltre ai radar, disponeva di un sistema di puntamento optoelettronico passivo, che gli permetteva di operare in silenzio radio o in caso di disturbo elettronico.
  • Munizionamento Intelligente: Il vero punto di forza. L’OTOMATIC non utilizzava costosi missili, ma proiettili d’artiglieria da 76 mm. Questi includevano munizioni pre-frammentate (MOM) con spolette di prossimità, studiate per creare una nuvola di schegge letale contro bersagli aerei agili e missili.

L’ironia è evidente: un sistema progettato per intercettare missili antinave ed elicotteri sarebbe oggi la soluzione economicamente più sostenibile per abbattere sciami di droni da poche migliaia di euro. Sbarazzarsi di un drone da 20.000 euro con un missile da un milione è una vittoria tattica ma una sconfitta strategica e, soprattutto, non è una difesa che possa essere retta nel tempo.

Farlo con una raffica di proiettili da 76 mm è, semplicemente, un buon affare, ed è giù stata provata, ad esempio, durante la missione italiana nel Mar Rosso, quando il cacciatorpediniere Caio Duilio ha distrutto due droni Houthi con quest’arma.

Perché un gioiello simile non entrò mai in servizio?

La fine della Guerra Fredda e l’inevitabile contrazione dei bilanci della Difesa segnarono il destino dell’OTOMATIC. Nonostante le performance eccezionali dimostrate nei test (una torretta fu anche installata su uno scafo del carro Leopard 1), il costo per esemplare, circa sei miliardi delle vecchie lire, fu giudicato eccessivo. L’Esercito Italiano, che aveva un fabbisogno stimato tra 60 e 80 unità, ripiegò sull’acquisto di 275 semoventi SIDAM 25, basati sul vecchio scafo M113 e armati con quattro mitragliere da 25 mm, un sistema nettamente inferiore per gittata, potenza e capacità di ingaggio e completamente inutile. Una scelta dettata più dal risparmio immediato che da una visione strategica a lungo termine.

La gittata del cannone da 76 mm, molto testato e con linee produttive attive, la gittata d’ingaggio di 9000 metri e quella massima di 20 km garantiscono la necessità di un numero di mezzi molto inferiore rispetto a quelli con calibro inferiore. Il tutto con impianti produttivi pronti, basterebbe piazzare ordini per i prototipi e la produzione.

La soluzione è già qui, basta volerla

Oggi, quella visione miope ci presenta il conto. Ma la tecnologia dell’OTOMATIC non è andata perduta. Anzi, si è evoluta. L’attuale torretta “Sovraponte” da 76 mm, sempre di produzione Leonardo (ex OTO Melara), è una diretta discendente di quel progetto. È più leggera, non richiede la perforazione dello scafo e può essere installata su piattaforme moderne e già in dotazione, come il VBM Freccia o la blindo Centauro II.

Questa soluzione offre una gittata e una letalità enormemente superiori ai sistemi concorrenti, come i tedeschi basati su cannoni da 35 mm. Le infrastrutture industriali ci sono. Le competenze pure. Ciò che manca, forse, è la volontà politica, sia della Polonia, che si aspetta sia qualcun altro a difenderòa, dopo che ha speso un’enormità in carri coreani, e della UE, che lancia incredibili programmi, mancando le soluzioni pronte.

Cara UE, cara Polonia, volete una difesa aerea efficace e a prova di sciami di droni? La tecnologia esiste, è italiana e collaudata. Basta aprire il portafoglio e, magari, un libro di storia militare recente.

Domande e Risposte

1) Qual è il tema centrale della notizia?

Il tema centrale è il paradosso tra la ricerca da parte dell’UE di soluzioni complesse e costose, come il “Muro di Droni” proposto da Ursula Von der Leyen, per contrastare minacce aeree a basso costo, e l’esistenza di una tecnologia italiana, l’OTOMATIC, sviluppata 30 anni fa e mai prodotta in massa, che sarebbe straordinariamente efficace ed economicamente sostenibile contro la minaccia attuale. La notizia evidenzia una storica mancanza di visione strategica che ha portato a scartare un sistema d’arma superiore, oggi più rilevante che mai.

2) Perché questa notizia è importante?

Questa notizia è importante perché svela come la guerra moderna, dominata da droni a basso costo, richieda un ripensamento delle strategie di difesa. L’impiego di missili costosi contro bersagli economici è insostenibile. L’OTOMATIC, con il suo cannone da 76 mm e munizioni relativamente economiche, rappresenta un modello di difesa antiaerea efficiente e pragmatico. La sua storia è un monito sull’importanza di investire in tecnologie flessibili e un’opportunità per l’industria della difesa italiana ed europea di adottare soluzioni già mature per affrontare le sfide del presente.

3) Quali potrebbero essere le ricadute concrete?

Le ricadute potrebbero essere significative. A livello industriale, un recupero del concetto OTOMATIC, tramite le moderne torrette “Sovraponte”, potrebbe generare importanti commesse per l’industria della difesa italiana (Leonardo), rafforzandone il ruolo in Europa. A livello strategico, dotare le forze NATO, a partire da quelle più esposte come la Polonia, di un sistema del genere fornirebbe una capacità di difesa a corto raggio credibile e a costi operativi contenuti. Infine, potrebbe innescare un cambiamento di paradigma nella difesa aerea, privilegiando sistemi basati su cannoni a munizionamento avanzato rispetto a quelli esclusivamente missilistici.

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