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Il “Modello Talebano” in Africa: Al Qaeda sta strangolando Bamako con l’arma economica
Una nazione sull’orlo del collasso: l’avanzata jihadista in Mali non è un attacco, ma uno strangolamento economico. La giunta militare, abbandonata dalla Francia e delusa da Wagner, è paralizzata dal blocco del carburante imposto da Al Qaeda.

Mentre le attenzioni del mondo sono spesso rivolte altrove, nel cuore dell’Africa Occidentale si sta consumando uno scenario da incubo geopolitico: i militanti di Al Qaeda sono pericolosamente vicini a prendere il controllo della capitale del Mali, Bamako. Se la città dovesse cadere, il Mali diventerebbe la prima nazione al mondo ad essere governata da un gruppo direttamente designato come organizzazione terroristica affiliata ad Al Qaeda.
Questa non è una ripetizione esatta della Siria o dell’Afghanistan, se è possibile è pure peggio. Sebbene i gruppi islamisti abbiano preso il potere in entrambi quei Paesi, la potenziale caduta di Bamako segnerebbe la prima volta che militanti con connessioni dirette e attuali con il “core” di Al Qaeda riescono in un’impresa simile.
La rapida avanzata dei jihadisti nel Sahel avviene in un contesto di vuoto di potere e di interventi stranieri fallimentari, ma la loro strategia attuale è più subdola e, forse, più efficace di un assalto militare diretto. È una strategia di logoramento economico.
L’assedio strisciante: la guerra del carburante
Gli specialisti della sicurezza concordano sul fatto che i militanti probabilmente attenderanno prima di sferrare un colpo decisivo. Il gruppo in questione, Jama’at Nusrat al-Islam wal-Muslimin (Gruppo di Supporto all’Islam e ai Musulmani, o JNIM), sta scommettendo su un “accerchiamento strisciante” piuttosto che su un’offensiva su larga scala.
La loro tattica principale è il blocco. Gli insorti stanno bloccando le consegne di cibo e, soprattutto, di carburante a Bamako. Questo sta innescando carenze drammatiche che, in un perfetto cortocircuito, stanno persino ostacolando la capacità dell’esercito maliano di rispondere alla minaccia.
“Più a lungo si trascina il blocco, più Bamako si avvicina al collasso”, ha dichiarato Raphael Parens, ricercatore presso il Foreign Policy Research Institute di Filadelfia.
Il JNIM, formatosi nel 2017 dalla fusione di veterani affiliati ad Al Qaeda, ha immediatamente giurato fedeltà al gruppo centrale. Secondo funzionari occidentali e africani, i suoi combattenti hanno ricevuto assistenza diretta dalla leadership centrale nella regione Afghanistan-Pakistan, in particolare nella fabbricazione di ordigni e nella formazione ideologica.
La strategia del blocco sta dando i suoi frutti. Martedì scorso, decine di autocisterne che trasportavano carburante per alleviare la capitale sono cadute in un’imboscata. I filmati diffusi dagli stessi insorti mostrano jihadisti, vestiti con pantaloni logori e turbanti, emergere dalla savana, dare fuoco al primo veicolo e sequestrare il resto.
La cosa più preoccupante è stata la non-risposta. Un grande contingente dell’esercito di stanza nella vicina Kati, la più grande roccaforte della giunta militare al potere, non è stato in grado di intervenire. Secondo persone a conoscenza dell’incidente, i militari di Kati avevano richiesto carburante per tre settimane senza mai riceverne.
È un circolo vizioso che si autoalimenta. “Per sconfiggere il JNIM, la giunta ha bisogno di operazioni di terra su larga scala e di supporto aereo; tuttavia, entrambi dipendono da una fornitura costante di carburante”, ha aggiunto Parens.
Ieri un po’ di carburante ha raggiunto la capitale, grazie ad un convoglio proveniente dalla COsta d’Avorio e supportato da militari russi, presenti nel Paese, ma il problema resta la continuità delle forniture e la sicurezza dei trasporti:
Thousands of fuel tankers have safely reached the capital of Mali under the protection of Russian military instructors. pic.twitter.com/mxsGPcg9nj
— King Chelsea Ug 🇺🇬🇷🇺 (@ug_chelsea) November 1, 2025
L’impatto economico e sociale del blocco
L’accesso al carburante è diventato il punto focale del conflitto. L’impatto sulla popolazione civile e sull’economia della capitale è devastante.
- Prezzi alle Stelle: Il prezzo di un litro di benzina a Bamako è quasi triplicato, raggiungendo i 2.000 franchi CFA (circa 3,55 dollari), come riportato da Ibrahim Cisse, un residente locale.
- Code e Carenze: Le persone sono costrette ad aspettare per giorni interi per fare rifornimento. “Oggi, non c’è niente alla pompa”, ha detto Cisse.
- Paralisi dello Stato: Il governo ha risposto con misure drastiche, sospendendo le lezioni nelle scuole e nelle università per due settimane e chiudendo alcune centrali elettriche per razionare il combustibile rimasto.
La settimana scorsa, il Primo Ministro maliano, Abdoulaye Maïga, ha promesso che “anche se dovremo cercare carburante a piedi o con un cucchiaio, lo cercheremo”. Una dichiarazione che rivela tutta la disperazione della giunta.
Il fallimento a catena degli interventi stranieri
Come si è arrivati a questo punto? La crisi del Mali, un paese di 21 milioni di abitanti su un territorio vasto tre volte la California, è una storia di fallimenti geopolitici seriali.
L’insurrezione è iniziata nel 2012. A prenderne le redini è stato Iyad ag Ghali, un ex “rock’n’roller” fumatore di Marlboro che si è radicalizzato, arrivando a bandire la musica dai territori che controlla. Ag Ghali, ricercato dalla Corte Penale Internazionale per crimini di guerra, ha gradualmente esteso la sua influenza dal profondo nord fino alle porte della capitale.

Iyad ag Ghali
Nessuna delle forze straniere intervenute è riuscita a fermarlo. Né gli Stati Uniti, né l’Unione Europea, né le Nazioni Unite ed ora neppure i consiglieri russi.
Preoccupati dalla crescente minaccia, i militari maliani hanno rovesciato il governo civile nel 2020, per poi deporre il proprio comandante nel 2021. Questa mossa ha innescato una serie di colpi di stato simili nei vicini Burkina Faso e Niger.
La giunta maliana attuale ha preso due decisioni fatali:
- Espulsione della Francia: Ha cacciato la forza militare francese (Operazione Barkhane), che per anni aveva rappresentato il principale argine al jihadismo.
- Assunzione di Wagner: Ha ingaggiato i mercenari russi del Gruppo Wagner, sperando che risolvessero il problema.
L’intervento di Wagner è stato un disastro. Invece di sedare la violenza, i mercenari del Cremlino e i loro alleati maliani hanno intrapreso una campagna di rappresaglie diffuse, culminata nel massacro di oltre 500 civili nella città mercato di Moura nel marzo 2022.
Questo approccio brutale ha avuto l’effetto opposto a quello desiderato. Attivisti per i diritti umani e leader delle comunità locali confermano che la violenza di Wagner ha spinto molti locali a unirsi ad Al Qaeda o, quantomeno, a cercare la sua protezione.
Seydou Bah, un commerciante di bestiame sopravvissuto al massacro di Moura, ha raccontato che dopo che l’esercito ha ucciso suo fratello l’anno successivo per aver parlato troppo, è fuggito in un villaggio controllato dai jihadisti. Lì, i nuovi padroni imponevano preghiere forzate alla moschea e tributi in bestiame e raccolti. “Che sia sotto l’esercito o sotto il JNIM, non c’è libertà”, ha detto Bah.
All’inizio di quest’anno, dopo la “ristrutturazione” di Wagner a seguito della morte di Prigozhin, l’esercito russo ha inviato un nuovo contingente sotto il suo controllo diretto (spesso chiamato “Africa Corps”). Ma anche questo è stato un fallimento: privi dell’esperienza necessaria per combattere sul terreno accidentato del Mali, i loro convogli congiunti con le forze maliane sono caduti facilmente in imboscate, permettendo agli insorti di sequestrare ancora più armi e pianificare l’assedio della capitale.
Ora, la giunta cerca disperatamente ulteriore aiuto dalla Russia. La settimana scorsa, una delegazione russa in visita ha promesso di spedire fino a 200.000 tonnellate di petrolio e cibo. Una promessa che suona più come un tentativo di sostenere un cliente allo stremo che una strategia di vittoria.
Tutto questo è poi stato peggiorato dalla decisione del governo di rompere con la minoranza Tuareg che vive nel nord del Paese, ai confini con l’Algeria, a partire dal 2024. Confidando nella Wagner il governo di Bamako ha interrotto gli accordi di Algeri, ma la situazione è degenerata e ha portato alla perdita del controllo di una fetta importante del paese e dell’appoggio di una minoranza che, fino al 2024, aveva combattuto i Jihadisti.
Il “Progetto” Afghanistan e la reazione occidentale
Gli islamisti hanno dimostrato in Siria (con la presa di Damasco da parte di HTS, ex affiliato di Al Qaeda) e in Afghanistan di poter vincere una guerra di logoramento, portando il regime esistente al collasso dall’interno.
Il JNIM ha dichiarato apertamente di voler emulare i Talebani, che sono entrati a Kabul dopo che l’esercito che avevano combattuto per due decenni si era semplicemente dissolto, con la fine dell’appoggio degli USA.
L’Occidente, che ha speso miliardi nella regione, sta ora guardando il castello di carte crollare. Gli Stati Uniti hanno dichiarato che stanno evacuando alcuni diplomatici dalla loro ambasciata e hanno esortato i cittadini americani a lasciare immediatamente il paese. Anche l’Italia ha consigliato lo stesso ai propri cittadini.
Nel frattempo, altri attori privati cercano di inserirsi. Erik Prince, il noto appaltatore americano della difesa e fondatore di Blackwater (ora Academi), sarebbe in contatto con la giunta per offrire assistenza, secondo fonti a conoscenza dei fatti.

Esperti e funzionari della sicurezza europea ritengono improbabile che il regime maliano cada nel brevissimo termine, principalmente perché le grandi città sono molto più difficili da tenere sotto controllo rispetto alle aree rurali. Tuttavia, la strategia a lungo termine del JNIM potrebbe funzionare. È più probabile che un futuro governo, specialmente se la giunta dovesse cadere, si trovi costretto a negoziare con i jihadisti. Dopotutto, i leader delle comunità locali hanno già tenuto colloqui per tregue locali con il JNIM nella parte centrale del paese.
Mentre la politica fallisce, gli insorti consolidano la loro presa sul resto del paese, tassando l’oro e i narcotici che transitano dall’America Latina all’Europa attraverso l’Africa.
I maliani che possono permetterselo stanno cercando di andarsene. Negli ultimi giorni, si registra un aumento dei voli verso paesi vicini come il Senegal e la Costa d’Avorio. L’aeroporto di Bamako, per ora, resta aperto. Ma per coloro che non possono volare, i blocchi stradali di Al Qaeda impediscono la fuga, intrappolandoli in un paese sull’orlo di diventare il primo “Stato” ufficiale di Al Qaeda.
Domande e risposte
Perché i jihadisti non attaccano semplicemente la capitale Bamako?
I militanti del JNIM stanno applicando il “modello Taliban” o il “modello Siriano”. Un assalto diretto a una capitale da 2,5 milioni di abitanti sarebbe militarmente costoso e difficile da gestire. Preferiscono una strategia di logoramento economico. Strangolando la città con un blocco di carburante e cibo, paralizzano l’esercito (che non può muovere i mezzi) e causano il collasso interno del governo. Mirano a far sì che il regime si disgreghi dall’interno, permettendo loro di entrare quasi senza combattere, come i Talebani a Kabul.
Qual è la differenza tra questa situazione e quella dei Talebani in Afghanistan?
Sebbene la strategia sia simile, c’è una differenza politica cruciale. I Talebani sono un movimento indigeno afghano che ha ospitato Al Qaeda, ma ha sempre mantenuto una propria struttura di comando e obiettivi nazionalisti. Il JNIM in Mali, invece, è un affiliato diretto. Si è formato nel 2017 giurando esplicitamente fedeltà alla leadership centrale di Al Qaeda. Se il JNIM prendesse il controllo del Mali, sarebbe la prima volta che un’entità direttamente legata e fedele ad Al Qaeda governa un’intera nazione.
Perché l’intervento dei mercenari russi (Wagner) è fallito così miseramente?
L’intervento di Wagner è fallito per due motivi principali. In primo luogo, la loro strategia si è basata sul terrore e su rappresaglie indiscriminate contro i civili, come il massacro di Moura. Questo ha alienato la popolazione locale, eliminando qualsiasi sostegno alla giunta e, di fatto, spingendo molte reclute tra le braccia dei jihadisti, visti come unica protezione. In secondo luogo, dopo la morte di Prigozhin, il nuovo contingente russo (Africa Corps) inviato da Mosca si è dimostrato inesperto, poco adatto al terreno e facilmente vulnerabile alle imboscate, perdendo uomini e armi.









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