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IL MITO DELLA COPERTA CORTA ED IL FUTURO DELLA SCUOLA (di Nino Galloni)

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Riforme renziane della scuola e manifestazioni di protesta scontano un comune approccio: le risorse sono scarse.

Il braccio di ferro sulle private, la stabilizzazione dei precari, gli intonaci ed altro nasconde un’amara verità: nella migliore delle ipotesi, si dovrebbero aumentare le tasse (già oltre i massimi logici: l’aumento della pressione determina un calo del gettito) oppure togliere ad ospedali, trasporti, ambiente.

I benpensanti sostengono che, se non ci fossero sprechi nella spesa pubblica, quest’ultima potrebbe svilupparsi per interventi veramente utili o per ridurre debito e/o la spesa pubblica medesima; alla stessa stregua, si potrebbe dire di tagliare il 50% dei nostri consumi inutili (o, addirittura dannosi): nessuno spiega che ciò comporterebbe una riduzione del reddito e dell’occupazione del 50%, quindi – a parità di guai, cioè per non vederli aumentare – un calo della popolazione italiana a 30 milioni di individui…interessante per i nazisti del nostro tempo, non per gente umana.

Torniamo, dunque, alla scuola ed alle equazioni impossibili: vogliamo spiegare ai nostri ragazzi che c’è stato un tempo (in cui i ragazzi eravamo noi) dove lo Stato poteva spendere per mandare tutti a scuola e non c’erano i problemi di adesso?

Un tempo in cui gli insegnanti precari erano un’eccezione ed un numero piccolo, ci si lamentava degli stipendi, ma, insomma, si campava?

Cosa è successo dopo, dopo il 1981? Allora: prima lo Stato aveva sovranità monetaria; decideva cosa fare (gli investimenti erano la cosa più importante che la classe politica era chiamata a decidere); per finanziare le spese oltre le tasse emetteva titoli che non facevano crescere il debito a dismisura perché era lo Stato stesso (il Ministero del Tesoro) a decidere i tassi di interesse ovvero il costo di approvvigionamento della moneta risparmiata dai privati: se questi ultimi non erano soddisfatti dal rendimento, non comperavano i titoli stessi e, allora, la Banca d’Italia stampava la moneta e li comperava.

Molte spese pubbliche erano gonfiate (sprechi, corruzione) è vero, ma non così tanto come oggi e, dopo il 1981, quando è diventato impossibile spendere di più di quanto si incassa.

E’ questa la ragione per cui i giovani non hanno prospettive: perché il ponte verso il loro futuro (oggi interrotto) è la valutazione di quanta crescita dobbiamo prevedere emettendo moneta (anche a debito o, invece, aggiuntiva) per finanziarla.

Oggi, invece, in una famiglia ricca si possono destinare dai  40.000 euro all’anno per una Università al top come Harvard, a scalare secondo il reddito: ma se un ragazzo è cretino rimane tale anche dopo Harvard, la Bocconi e Mathusalem; mentre quelli intelligenti rimangono senza scuola e senza Università…perché non ci sono i soldi.

Una sciocchezza, un danno economico e sociale irreversibile: torniamo alla sovranità, battiamo moneta, diamo un futuro ai nostri figli senza dover sottrarre risorse all’ambiente, alla sicurezza, alla sanità, alle strade!

 

Nino Galloni


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