Argentina

Il “Miracolo” di Milei è già finito? I 5 fattori che affossano l’Argentina

Il piano economico del presidente argentino scricchiola. Dalla fuga del dollaro al crollo della borsa, ecco i cinque segnali che preoccupano i mercati e mettono a rischio il futuro del paese.

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Sembrava che la terapia d’urto, la famosa “motosega” del presidente Javier Milei, potesse davvero raddrizzare le sorti dell’Argentina. Eppure, come spesso accade nelle economie reali e non nei manuali di Chicago, che non ci azzeccano mai,  la realtà si è rivelata più complessa. Da settembre, una serie di eventi concatenati ha fatto vacillare il cosiddetto “miracolo economico”, mostrando tutta la fragilità di un castello di carte costruito su fondamenta politiche precarie.

Tutto è iniziato, ironia della sorte, non con un crollo dei mercati globali, ma con una semplice elezione locale a Buenos Aires il 7 settembre. La vittoria del peronismo ha suonato come un campanello d’allarme per i mercati, che hanno interpretato il risultato come un segno della debolezza politica di Milei e della potenziale reversibilità delle sue riforme. Da quel momento, una tempesta perfetta si è abbattuta sull’economia argentina, spinta da cinque fattori chiave.

I cinque chiodi sulla Bara del “Miracolo”

Analizziamo punto per punto gli elementi che hanno innescato la crisi, chiarendo come ognuno abbia contribuito al quadro attuale.

  1. La pressione sul Dollaro e l’emorragia di riserve: La Banca Centrale Argentina (BCRA) aveva fissato una banda di fluttuazione per il peso contro il dollaro. Dopo il voto, la sfiducia ha spinto gli operatori a vendere pesos in massa, portando il cambio a sfondare il tetto massimo. La BCRA è dovuta intervenire massicciamente, vendendo riserve in dollari per sostenere la valuta. In soli tre giorni, è stato bruciato un miliardo di dollari.  Questo , insieme alla promessa di un aiuto da parte degli USA, ha avuto un certo successo, facendo riprendere il Peso, ma nessun paese ha riserve infinite. La promessa del Ministro dell’Economia Luis Caputo di “vendere fino all’ultimo dollaro”, un’eco lontana e forse meno credibile del “whatever it takes” di Draghi, ha gettato ulteriore benzina sul fuoco, alimentando il panico che le riserve potessero semplicemente finire. Queste affermazioni machiste sono pesime nella finanza, dove contano più gli atti e si è ben consci che non esistono riserve infinite. Molto più saggio è non parlare e guidare il mercato dove vuole andare, ma al proprio ritmo.
  2. Il Rischio Paese alle Stelle: Questo indicatore, che misura la fiducia degli investitori internazionali nel prestare denaro a un paese, è schizzato a oltre 1.500 punti base. Per un non iniziato, è come se il tasso di interesse su un prestito per l’Argentina avesse un sovrapprezzo del 15%. A questi livelli, un paese è di fatto escluso dai mercati finanziari internazionali: nessuno si fida a prestargli denaro a tassi sostenibili.
  3. Il Crollo della Borsa: La fuga degli investitori non si è limitata alla valuta. Il mercato azionario argentino ha subito un crollo verticale del 12%, guadagnandosi il triste primato di peggiore borsa al mondo nel 2025. Un segnale inequivocabile che il capitale, nazionale e internazionale, non crede più nella sostenibilità del piano economico.

    Mercato azionario argentino, indice Merval

  4. L’Eterna Crisi del Debito: L‘accordo con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ad aprile aveva portato una boccata d’ossigeno, aumentando le riserve e calmando temporaneamente le acque. Tuttavia, non ha risolto il problema strutturale di un debito enorme e di scadenze imminenti. Quella che doveva essere una soluzione si è rivelata un semplice cerotto su una ferita profonda. La soluzione del problema del debito in valuta richiede stabilità politica, ed è proprio questa che sembra mancare.
  5. Il Drastico Calo delle Entrate Fiscali: Qui emerge tutta la contraddizione della politica di Milei. Nel tentativo di ottenere un afflusso di dollari a breve termine dai produttori agricoli, il governo ha eliminato le tasse sulle esportazioni di grano. Se da un lato questa mossa poteva incentivare gli esportatori a vendere, dall’altro ha privato lo Stato di una delle sue principali fonti di entrata, rendendo l’obiettivo del pareggio di bilancio una chimera e aggravando la percezione di instabilità. Anche qui le aspettative non si sono realizzate completamente e forse sarebbe stata meglio una maggiore gradualità. Non sempre la motosega è la scelta migliore.

Un Salvagente a Stelle e Strisce che non Assicura il Futuro

In questo scenario da “inizio della fine”, è arrivato un aiuto insperato dall’amministrazione Trump. Il Segretario al Tesoro americano ha annunciato l’avvio di negoziati per una linea di swap da 20 miliardi di dollari. Si tratta, in sostanza, di un prestito di valuta per puntellare le riserve della BCRA. Una mossa che, al di là dell’aiuto economico, ha un chiaro sapore geopolitico: sostenere un governo affine e contrastare l’influenza cinese nella regione.

Questo intervento ha calmato i mercati, ma non risolve i problemi di fondo. Come sottolinea l’editorialista di Bloomberg, Juan Pablo Spinetto, Milei dovrebbe “concentrarsi sulla costruzione di basi politiche più solide, invece di trionfare con arroganza”. Senza consenso politico e con un’economia che poggia su fondamenta così fragili, anche un salvagente da 20 miliardi di dollari rischia di essere solo un modo per ritardare l’inevitabile.

Domande e Risposte per i Lettori

1. Perché un’elezione locale a Buenos Aires ha avuto un impatto così devastante sull’intera economia argentina?

Una singola elezione locale, in un contesto normale, avrebbe un impatto limitato. Tuttavia, in Argentina, è stata interpretata dai mercati come un referendum sulla forza politica del presidente Milei. La vittoria dei suoi oppositori peronisti ha segnalato che Milei non ha il controllo politico del paese e che le sue riforme radicali potrebbero essere bloccate o addirittura cancellate in futuro. Questa incertezza politica si è tradotta immediatamente in sfiducia economica, innescando la vendita di asset argentini e la fuga verso il dollaro, considerato un bene rifugio.

2. Cos’è esattamente il “rischio paese” e perché un valore di 1.500 punti è così grave?

Il “rischio paese” è un indicatore che misura la probabilità che un paese non ripaghi il suo debito. Funziona come un “premio” aggiuntivo che gli investitori chiedono per prestare denaro a quel governo. Un valore di 1.500 punti base significa che l’Argentina, per ottenere un prestito, dovrebbe pagare un tasso di interesse del 15% in più rispetto a un paese considerato sicuro come gli Stati Uniti. Un costo così elevato rende di fatto impossibile per il governo o le aziende argentine finanziarsi sui mercati internazionali, isolando economicamente il paese.

3. L’aiuto degli Stati Uniti può risolvere la crisi argentina in modo definitivo?

No, è altamente improbabile. La linea di swap da 20 miliardi di dollari è un intervento di liquidità, un “cerotto” per fermare l’emorragia di riserve della Banca Centrale e dare un segnale di fiducia ai mercati nel breve termine. Tuttavia, non risolve i problemi strutturali dell’Argentina: un debito pubblico insostenibile, la mancanza di entrate fiscali stabili, un’inflazione cronica e, soprattutto, una profonda instabilità politica. Senza riforme strutturali supportate da un solido consenso politico, questo aiuto rischia di essere solo un rinvio della prossima, inevitabile, crisi.

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