Economia
Il Marocco sta per sorpassare l’Italia come produttore di Auto.
Mentre l’Italia guarda al passato, il Marocco è pronto a superarla nella produzione di auto già entro quest’anno. Un’ascesa inarrestabile, trainata dagli investimenti miliardari della Cina nelle auto elettriche e nelle batterie, che mette a nudo decenni di politiche industriali sbagliate nel nostro Paese.
Mentre l’Italia celebra la sua storica tradizione automobilistica, con marchi iconici come Fiat, Alfa Romeo, Ferrari e Lamborghini, un nuovo e agguerrito concorrente si appresta a superarla nei volumi di produzione. Si tratta del Marocco, un Paese che fino a un decennio fa era un attore marginale nel settore e che oggi simboleggia una profonda trasformazione industriale che mette a nudo le difficoltà del sistema produttivo italiano. Quello che sta per accadere non è solo un dato statistico, ma il segnale concreto di un possibile annichilimento per l’industria automobilistica nazionale.
I dati di un sorpasso storico
La crescita della produzione automobilistica marocchina è stata esponenziale. Secondo le analisi di Capital Economics, il Paese nordafricano è passato da appena 40.000 veicoli prodotti nel 2010 a quasi 560.000 lo scorso anno. Questa ascesa lo ha già portato a superare nazioni europee con una solida base industriale come Polonia e Ungheria.
Il confronto diretto con l’Italia è impietoso. Stando ai dati dell’Organizzazione Internazionale dei Costruttori di Veicoli a Motore (OICA), nel 2024 il Marocco ha prodotto 559.645 automobili, a un soffio dalle 591.067 dell’Italia. Un divario minimo che, secondo le proiezioni basate sul primo semestre di quest’anno, sarà colmato e superato. Nei primi sei mesi del 2025, infatti, il Marocco ha già superato le 350.000 unità, con un incremento del 36% su base annua. A questo ritmo, il sorpasso sull’Italia diventerà realtà entro la fine dell’anno.
La spinta decisiva della Cina e dei veicoli elettrici
Se la prima fase dell’espansione industriale marocchina è stata guidata da costruttori europei, che hanno delocalizzato la produzione per beneficiare di costi di manodopera inferiori e della vicinanza geografica, la vera accelerazione recente porta la firma della Cina. Pechino ha individuato nel regno alawita una piattaforma strategica per il suo assalto al mercato europeo, soprattutto nel settore dei veicoli elettrici.
Aziende cinesi come CNGR, Gotion High Tech e BTR New Material Group hanno già siglato accordi miliardari per la costruzione di fabbriche di batterie e componentistica per auto elettriche. Questa strategia si basa su due vantaggi competitivi cruciali del Marocco:
- Risorse naturali: Il Paese detiene circa il 70% delle riserve mondiali di fosfati, un elemento fondamentale per la produzione delle batterie LFP (litio-ferro-fosfato).
- Accordi commerciali: Il Marocco gode di un accordo di libero scambio con l’Unione Europea, che di fatto lo rende una porta d’accesso privilegiata per aggirare i dazi che Bruxelles potrebbe imporre sui veicoli elettrici importati direttamente dalla Cina.
Le ambizioni marocchine e la possibile reazione europea
Il governo di Rabat non intende fermarsi. L’obiettivo dichiarato è più che raddoppiare la capacità produttiva nazionale, puntando a due milioni di veicoli entro la fine del decennio. Un traguardo che, se raggiunto, avrebbe un impatto straordinario sulla crescita del PIL marocchino.
Questo scenario, tuttavia, non passa inosservato a Bruxelles. L’afflusso di veicoli a basso costo, prodotti in Marocco ma con capitali e tecnologia cinesi, rappresenta una minaccia diretta per i costruttori europei. L’UE si trova di fronte a un dilemma: imporre dazi rischierebbe di penalizzare anche i marchi europei che hanno investito pesantemente nel Paese nordafricano. L’alternativa, secondo gli analisti, potrebbe essere una rinegoziazione degli accordi commerciali per includere requisiti più stringenti sul contenuto locale dei veicoli.
Nel frattempo, per l’Italia, il sorpasso marocchino non è solo un numero, ma la fotografia di un declino industriale che richiede un’analisi seria e strategie urgenti per evitare la totale marginalizzazione in un settore che ne ha scritto la storia economica. Quaranta anni di politiche industriali sbagliate si pagano e duramente, ma la cosa non sembra compresa da nessuno.
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