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Analisi e studi

Il Manifesto Sovranista di Paolo Becchi

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Pubblichiamo qui di seguito il Manifesto Sovranista di Paolo Becchi, uscito su Libero il 7/4/2019.

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Uno spettro s’aggira per l’Europa: lo spettro del sovranismo.

Tutte le potenze della vecchia Europa si sono alleate in una caccia spietata contro questo spettro: Bergoglio e Draghi, Macron e Merkel, radical chic socialisti e falsi popolari. Per la prima volta, le prossime elezioni europee vedranno la contrapposizione tra i difensori di questa vecchia Europa e le forze politiche sovraniste che stanno avanzando in tutti i Paesi e che lottano per una nuova Europa. Il sovranismo è ormai riconosciuto come potenza dalle potenze europee. È pertanto giunto il tempo che i sovranisti espongano apertamente il loro modo di vedere e i loro scopi e che alla fiaba dello spettro contrappongano un Manifesto sovranista.

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Chiarire, allora, che cosa è il “sovranismo”, che cosa oggi rappresenti, è un compito essenziale, se si vuole evitare di incorrere negli errori che la propaganda globalista contro di esso cerca di alimentare.

Il sovranismo vuole recuperare margini di sovranità nei confronti di una Unione europea, che è diventata un “comitato d’affari” delle lobbies economiche e finanziarie mondiali, ma recuperarli non semplicemente per riaffermare i diritti degli Stati-nazione, bensì per promuovere, finalmente, i diritti dei popoli europei.

L’ordine politico europeo, a partire dalla metà del XVII secolo, è stato costruito nella forma di un “sistema di Stati”, ossia come un ordine fondato sul reciproco riconoscimento di Stati nazionali, e sugli accordi sottoscritti tra essi: lo Stato, e solo lo Stato, è stato per secoli l’unico soggetto del diritto internazionale, e quindi anche dello jus publicum europaeum. Con il XX secolo, a questo soggetto se ne è aggiunto un altro: gli individui, a cui sono stati riconosciuti progressivamente, sul piano internazionale, diritti che essi possono vantare indipendentemente dallo Stato di cui fanno parte, e se del caso anche contro di esso.

Anche l’Unione europea che conosciamo oggi si è sempre mossa secondo questa logica: da una parte, il riconoscimento formale degli Stati “membri”, di fatto sottoposti al dominio della Germania; dall’altra, il riconoscimento degli individui, dei “cittadini” europei, come soggetti dei diritti assicurati dall’Unione.

Tutto ciò, crediamo, ha fatto ormai il suo tempo.

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Da un lato, infatti, gli “Stati” – almeno per come li aveva conosciuti il diritto internazionale “classico” – sono da tempo in crisi e hanno visto sempre più perdere quella “sovranità” (esterna ed interna) che era il presupposto stesso per il loro riconoscimento sul piano internazionale, a scapito di quelle istituzioni cui essi stessi hanno dato vita. Uno Stato senza sovranità monetaria, costretto a negoziare costantemente le proprie politiche economiche, la propria spesa pubblica, la propria legge di bilancio, uno Stato che non è libero nemmeno di decidere le misure necessarie per la propria sicurezza interna, che Stato è?

Dall’altro lato, i “diritti” degli individui si sono moltiplicati, a forza di “dichiarazioni” universalistiche e di principio, ma spesso senza alcun meccanismo effettivo di tutela. Il presupposto è però sempre lo stesso, ovvero che il titolare del diritto sia, e possa essere soltanto, il singolo individuo, la singola persona nella sua astrattezza. Eppure ci siamo dimenticati di qualcosa.

Di cosa ci siamo dimenticati, allora?

Ci siamo dimenticati che gli uomini non esistono mai “ soli”, non campano nell’isola di robinsoniana memoria, ma vivono in famiglie, comunità, popoli, ciascuno con le proprie tradizioni, i propri usi, le proprie consuetudini. Ci siamo dimenticati che gli stessi “Stati” non sono entità astratte, ma l’espressione concreta, esistenziale, della volontà politica di determinati popoli. Ci siamo dimenticati dei diritti di questi popoli. Ci siamo dimenticati che “sovrano” non è lo Stato inteso come insieme di organi, istituzioni e nemmeno l’individuo isolato (che è una mera astrazione). Se la modernità è iniziata con l’assolutismo politico, con le grandi monarchie assolute essa è infine giunta alla costruzione dello Stato fondato sulla sovranità popolare. Sovrano è oggi prima di tutto il popolo. La sovranità appartiene ai popoli: non ai singoli individui di cui si compone uno Stato, né agli organi di Stato (governo, Parlamento, etc.).

Non è strano, allora, che proprio il popolo, oggi l’unico vero “sovrano”, non abbia alcun diritto?

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Per questa Unione europea i “popoli” che ne fanno parte non contano nulla, non sono nulla: esistono soltanto gli Stati “membri” – i loro governi – , da una parte, e i singoli individui, in quanto cittadini europei, dall’altra. Per questa Unione non esistono i polacchi, gli italiani, i francesi, e così via, ma sempre e soltanto “cittadini” europei, considerati indipendentemente dal popolo cui appartengono. Proprio come per il capitale non esiste altro che il salariato – indipendentemente dal paese nel quale viva (sia esso l’Italia o l’Indonesia) – o come per l’economia di mercato non esiste altro che il consumatore.

L’euroglobalismo ha bisogno proprio di questo: cancellare i popoli e sostituirli con singoli individui, astraendo da ogni caratteristica concreta, considerandoli uno identico all’altro: individui “astratti” e intercambiabili, isolati, sradicati, senza una lingua, una cultura, una storia. Ecco il sogno del mondialismo: avere a che fare soltanto con l’uomo. Ma esiste davvero “l’uomo”? Non aveva forse un po’ ragione De Maistre, quando diceva: “io conosco dei francesi, degli inglesi, dei tedeschi, non conosco uomini”? Certo, siamo tutti uomini, ugualmente titolari di una medesima dignità, ma siamo sempre anche uomini che hanno una identità, una cultura, una serie di credenze e di valori determinati, e che vivono esprimendole all’interno delle diverse comunità di cui facciamo parte.

Possibile dunque che i popoli europei siano gli unici, oggi, esclusi dai diritti? Dopo le molteplici dichiarazioni sui diritti delle donne, dei bambini, degli apolidi, dei migranti, e così via non sarebbe l’ora di avere anche una vera e propria dichiarazione dei diritti dei popoli europei? In verità l’attuale Unione europea non sa che farsene dei popoli. Essa è figlia di quella mondializzazione (sia pure riferito ad una particolare area geografica) che pretende di cancellare ogni differenza reale tra uomo e uomo e tra popolo e popolo. Secondo questo modo di vedere, in fondo, siamo tutti migranti. L’europeo del futuro sarà il meticcio: questa ideologia, una falsa coscienza prodotta dalle élites finanziarie, sta portando a compimento la distruzione gli Stati nazionali europei e finirà per disintegrare anche le fondamenta dello spirito europeo: il cristianesimo e la civiltà ellenistico-romana.

No, no, no, i sovranisti non odiano l’Europa, anzi grazie a loro può rivivere in forma nuova l’autentico spirito europeo. Si tratta, piuttosto, di scegliere tra un’Unione europea senza popoli, senza nazioni, e alla fine forse anche senza europei, ed un’Europa di nazioni, di radici identitarie e di identità nella differenza. Si tratta di rendersi conto che senza confini, senza tradizioni, senza popoli, semplicemente non esiste l’Europa. Se vogliamo ricostruire una nuova idea di Europa, dobbiamo dunque ripartire dai popoli che la compongono. Ogni popolo europeo ha una sua essenza peculiare, una natura unica, qualcosa che lo separa da tutti gli altri, qualcosa che fa sentire italiano un italiano, tedesco un tedesco, francese un francese, e così via, ma questo non esclude che i popoli europei possano decidere liberamente di confederarsi per dar vita ad uno spazio politico europeo.

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Proprio per il suo legame con i popoli il “sovranismo” non è una dottrina che difende semplicemente la sovranità statale. Anzitutto è una difesa della sovranità dei popoli. Esso non vuole semplicemente “restituire” ai vecchi Stati – centralisti – la vecchia sovranità. Vuole, invece, affermare l’autentica sovranità dei popoli, secondo un nuovo principio di diritto naturale: stare con chi ci vuole e stare con chi si vuole. Uno Stato nazionale può esistere anche se al suo interno sono presenti popoli diversi, ma sempre a patto che questi vogliano stare insieme. Catalani, baschi, alto-atesini: l’autonomia dovrebbe essere concessa a chiunque lo voglia. È questo il principio di una sovranità popolare, “debole” al posto di una sovranità statale “forte”, leviatanica. E solo essa potrà conciliare ciò che sino ad oggi era difficilmente conciliabile: sovranità nazionale e federalismo.

Continuano in Europa, per fortuna, ancora ad esistere lingue diverse, popoli che hanno il senso della loro appartenenza, e che anzi la sentono maggiormente a causa dei flussi migratori incontrollati. Popoli che si identificano con gli Stati esistenti, oppure popoli che reclamano la loro indipendenza. Chi si riconosce nel proprio Stato lo fa per il senso di appartenenza nazionale che sente, senza negare la propria origine particolare. Ci si sente italiani come piemontesi, liguri, siciliani, ecc. Nasce così un nuovo sovranismo, diverso da quello “forte” e “centralizzatore” che si è imposto sinora, un sovranismo, per sua essenza, aperto al federalismo e alle autonomie.

È la voglia di “piccole patrie” che riesplode nell’epoca di una globalizzazione asfissiante. Non dobbiamo pensare più all’unità nazionale come ad un vincolo eterno, come ad un matrimonio indissolubile, che va mantenuto a qualunque costo, anche quando non esiste più accordo e armonia tra le diverse comunità ed istanze di cui lo Stato unitario è espressione. Gli Stati, oggi, devono costituirsi realmente sul libero consenso dei popoli, e se due comunità intendono separarsi, devono avere il diritto di farlo. Non sarà un dramma, anzi potrebbe essere una liberazione. Ma tutto ciò non cancella gli Stati: al contrario, porta la statualità ad un suo ulteriore dispiegamento.

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Le elezioni europee sono ormai prossime e saranno esse a chiarire se ci sarà finalmente qualche spazio per i diritti dei popoli e per una nuova idea di Europa. Certo, non bisogna farsi illusioni, il parlamento europeo al momento può fare ben poco, i suoi poteri sono estremamente limitati, e “cambiare i Trattati” è una impresa che può sembrare impossibile. Ma perché non tentare? Perché non portare una ventata di populismo nell’unico luogo dell’ Unione europea dove esiste un briciolo di democrazia? Partecipando alle elezioni i sovranisti potranno misurare le loro forze e far capire ai cittadini che una Nuova Europa è possibile. Non si potrà più dire che i sovranisti portano solo razzismo e pauperismo, che vogliono solo costruire dappertutto muri e difendere nazionalisticamente politiche autarchiche. Tutt’al contrario sono proprio i sovranisti che possono far rinascere l’Europa, salvando la sua identità plurale, le sue molteplici tradizioni nazional-popolari.

La discussione, che va avanti da anni, sul nostro bisogno di “più” o di “meno” Europa, dimostra solo di non aver compreso quanto stia realmente avvenendo. Oggi non abbiamo bisogno di “più” Europa: assistiamo, al contrario, a continue rivendicazioni di sovranità da parte degli Stati, che dimostrano il fallimento della politica e della politica economica di Bruxelles. Ma non abbiamo neppure bisogno di “meno” Europa. Proteste come quella catalana, infatti, ci devono convincere che non sarà con un semplice “ritorno” allo Stato nazionale col suo centralismo che risolveremo la voglia di nazione dei popoli europei. Abbiamo bisogno, insomma, di una Nuova Europa, ed è ciò che sta già accadendo, in un processo ancora sotterraneo il cui svolgimento ci rimane ancora oscuro. Per portare alla luce questo processo c’è bisogno di una alleanza, di una Lega dei popoli europei che unisca in una Internazionale Sovranista tutti i movimenti liberi che con orgoglio vogliono difendere in Europa gli interessi dei popoli e non dei mercati.

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Ciò che può nascere da questo internazionalismo sovranista è un grande spazio europeo, parte di un mondo multipolare, nel quale una nuova affermazione del principio delle identità nazionali ridefinirà sia i rapporti tra gli Stati tra loro, sia i rapporti all’interno dei singoli Stati. Il fallimento delle istituzioni comunitarie, da questo punto di vista, è anche il fallimento dei governi nazionali che le hanno volute, promosse e fatte funzionare.

È altresì il fallimento di un modello di sviluppo neoliberale, basato sulla autoregolamentazione dei mercati e funzionale al processo di globalizzazione, un modello di sviluppo fallimentare che gli Stati e l’Unione europea hanno condiviso a partire da Maastricht, dimenticandosi totalmente dei popoli. Di più, riducendo con le fallimentari politiche di austerità molti popoli alla miseria. Al posto di uno sviluppo sostenibile ormai da anni sperimentiamo una decrescita infelice.

Ma l’idea di un semplice ritorno agli Stati nazionali, chiusi in senso nazionalistico in loro stessi è una vecchia idea del sovranismo che oggi va rigettata. Oggi è proprio per conservare la sovranità degli Stati che si può ripensare un percorso europeo non in senso federale, ma confederale. Gli Stati nazionali non si possono mettere da parte, ma questo non implica che essi non possano, pur mantenendo la loro originaria sovranità, decidere liberamente e con il consenso popolare di devolvere verso l’alto solo quel tanto che si considera necessario per affrontare e risolvere problemi di diversa natura che si possono meglio affrontare a livello europeo, come ad esempio la regolazione del fenomeno migratorio, la lotta al terrorismo di matrice islamica o la difesa delle biodiversità e dell’ ambiente. L’Europa la si costruisce dal basso, dai popoli, e non dall’alto come si è preteso da Maastricht in poi. Bisogna rottamare Maastricht e tornare allo spirito di Roma, riprendendo quel sentiero interrotto a causa del processo della globalizzazione.

Una nuova Europa – un’Europa in cui la restituzione agli Stati esistenti della loro sovranità vada di pari passo con l’apertura sia alle rivendicazioni identitarie dei popoli sia alla possibilità di una libera Confederazione – è possibile. La sfida del prossimo futuro è questa: ripensare gli Stati, e ripensare l’Europa degli Stati, a partire dai diritti dei popoli. Un Risorgimento dei popoli europei per liberare l’Europa dalle élites che da Maastricht in poi l’hanno guidata. Ecco cosa vogliamo, noi sovranisti.

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I sovranisti non sono anti-europei. Lavorano, piuttosto, per una Nuova Europa fondata su popoli che abbiano la possibilità di autodeterminarsi sulla base delle loro costituzioni democratiche e che scelgano di far parte di una organizzazione di tipo confederale a cui i singoli popoli decidano di aderire sulla base di un referendum nazionale.

I sovranisti non vogliono ricostruire lo Stato “forte” leviatanico: sostengono una nuova idea “debole” di sovranità che all’interno, riconosca la più ampia autonomia locale e una organizzazione dello Stato a partire dal basso e, all’esterno, ammetta limitazioni su base volontaria e in condizioni di parità in favore di istituzioni europee chiamate a svolgere una politica comune, di fronte a compiti che meglio possono essere affrontati e risolti in comune.

Noi oggi abbiamo ceduto la nostra sovranità senza aver neppure discusso le condizioni di una tale cessione. Domani saremo noi a decidere se e come vorremo limitare la nostra sovranità, per ottenere vantaggi da una Confederazione europea. E questo vale per tutti gli altri popoli d’Europa.

In questo senso i sovranisti ritengono che sia anche possibile far parte di un sistema monetario comune, ma rivendicano altresì il loro diritto di uscirne, laddove per il popolo gli svantaggi superino i vantaggi, esattamente come si è liberi di entrare a far parte di questa Confederazione, ma anche di uscirne.

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I sovranisti lavorano per un collegamento e un accordo tra i partiti e i movimenti sovranisti europei, oltre la distinzione destra /sinistra. I sovranisti ricusano di celare le loro opinioni e le loro intenzioni. Essi dichiarano apertamente lo scopo di mettere in discussione la vecchia Europa fondata sui desideri della finanza, per sostituirla con la nuova Europa fondata sui bisogni dei popoli. L’euroglobalismo è stato per troppo tempo l’oppio dei popoli. Le élites tremino ora di fronte alla rivoluzione sovranista. I sovranisti non hanno nulla da perdere, se non le loro catene e hanno l’Europa da conquistare.

Sovranisti di tutti i Paesi, unitevi!

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Forti di queste premesse, e convinti della necessità di proclamare i diritti inalienabili e le libertà fondamentali di tutti i popoli europei, i sovranisti adottano la seguente dichiarazione dei diritti dei popoli europei:

Art. 1
I popoli europei si riconoscono reciprocamente come liberi e uguali tra loro.
I popoli europei sono titolari di diritti propri, e come tali autonomi e indipendenti rispetto a quelli già riconosciuti dal diritto internazionale agli Stati in cui essi vivono ed agli individui che li compongono.
Ciascuno di essi ha il diritto inalienabile a vivere secondo le proprie tradizioni e istituzioni, e a conservare la propria identità linguistica, etnica, culturale, religiosa e politica, nell’ambito dei valori comuni che riconoscono come costitutivi della loro appartenenza alla civiltà europea.

Art. 2
I popoli europei hanno il diritto di autodeterminarsi, secondo il principio “stare con chi ci vuole e stare con chi si vuole”.
Nel caso in cui popoli diversi decidano di convivere all’interno del medesimo Stato, quest’ultimo si impegna ad assicurare il rispetto e la tutela delle loro differenze e particolarità.
I popoli europei hanno altresì il diritto di separarsi, con una decisione da adottarsi in piena autonomia e libertà, e con l’obbligo, da parte dello Stato rispetto cui intendono secedere, di non ostacolare, direttamente o indirettamente, la realizzazione di tale decisione.

Art. 3
Deve considerarsi contrario al diritto dei popoli qualunque atto che abbia lo scopo o l’effetto di privare i popoli europei della loro integrità come popoli distinti, nonché dei loro valori culturali e della loro identità linguistica. E’ vietato qualsiasi atto che abbia per effetto diretto o indiretto forme di assimilazione o integrazione forzata.

Art. 4
I popoli d’Europa riconoscono la necessità di promuovere una Confederazione europea di Stati, anche limitando parzialmente, su base volontaria e a parità di condizioni, la sovranità di questi ultimi in relazione a compiti e obiettivi che essi condivideranno e riterranno di dover perseguire nell’ambito di una politica comune.

Art. 5
L’adozione e l’attuazione di misure legislative o amministrative, da parte dei governi nazionali, riguardanti limitazioni della sovranità degli Stati, non può avvenire se non previa consultazione referendaria e approvazione da parte dei popoli interessati.

Art. 6
I popoli europei hanno il diritto di promuovere accordi e forme di cooperazione tra loro. In particolare, essi riconoscono la necessità di concordare politiche di sviluppo economico, di sicurezza, di tutela dei diritti e difesa comune.

Art. 7
I popoli europei sono riconosciuti come gli esclusivi titolari del diritto di sovranità sulle proprie ricchezze e le proprie risorse naturali.
I popoli europei hanno diritto di disporre liberamente di tali ricchezze e risorse, e di perseguire le politiche economiche necessarie ad assicurare il lavoro e il benessere dei propri membri.

Art. 8
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle proprie libertà fondamentali, ha diritto d’asilo nei paesi europei, in conformità alle leggi dei rispettivi Stati.
I popoli europei hanno diritto di difendere i propri confini e di adottare sul proprio territorio tutte le misure ritenute necessarie ad assicurare la sicurezza nazionale.

Art. 9
I popoli europei assicurano il rispetto delle religioni e tradizioni culturali diverse dalle proprie, purché il loro esercizio non sia in contrasto con le leggi del Paese di accoglienza.

Art. 10
Gli Stati europei dovranno riconoscere gli articoli della presente dichiarazione, impegnandosi ad adottare tutte le misure necessarie per salvaguardare l’esercizio dei diritti ivi contenuti.

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Il prof. Becchi sta rielaborando la Carta dei diritti dei popoli europei che dunque deve considerarsi come una prima bozza, ed è grato per qualsiasi suggerimento.

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Giovedì 11 aprile esce l’ultimo libro di Paolo Becchi e Giuseppe Palma dal titolo “Europa, quo vadis? La sfida sovranista alle elezioni europee“, Paesi edizioni, con prefazione di Antonio Maria Rinaldi: https://www.amazon.it/Europa-vadis-Guida-alle-europee/dp/8885939104/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&keywords=europa+quo+vadis&qid=1554805354&s=books&sr=1-1

 

 


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