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Energia

Il Kazakistan usa intensamente il Carbone in attesa di un futuro Atomico

Il Kazakistan ha fatto una scelta energetica chiara e semplice: si brucerà carbone, e tanto, per produrre energia. Almeno sino a che non arriverà il nucleare

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Il Kazakistan è una tterra di contrastante bellezza. Deserto, ma anche freddo estremo.  In alcune regioni, gli spietati inverni kazaki spingono le temperature al di sotto dei -40° C. Queste condizioni rendono il carbone un’ancora di salvezza che mantiene le case calde e le industrie funzionanti.

La dipendenza del Kazakistan dal carbone è profondamente radicata, e per una buona ragione. Il Paese possiede alcune delle più grandi riserve di carbone al mondo, stimate in 25 miliardi di tonnellate. Le centrali elettriche a carbone rappresentano quasi il 70% della produzione di elettricità del Kazakistan, una cifra che sottolinea il suo ruolo centrale nella matrice energetica del Paese.

Energy Mix del Kazakistan (da researchgate)

Le fonti energetiche intermittenti come l’eolico e il solare – promosse come risposta a una crisi climatica inventata – semplicemente non riescono a soddisfare la domanda di elettricità. L’inverno è particolarmente impegnativo, perché i pannelli solari sono fermi sotto la neve e le turbine eoliche vacillano in condizioni di ghiaccio. Il carbone, invece, è una fonte costante e affidabile di calore ed energia che garantisce alle famiglie kazake di resistere al freddo e alle infrastrutture critiche di rimanere operative.

Il futuro nucleare del Kazakistan

Il Kazakistan, primo produttore mondiale di uranio e partecipante alla ricerca nucleare, dispone delle materie prime e delle competenze necessarie per sviluppare un solido settore dell’energia nucleare. L’energia nucleare offre una valida alternativa al fabbisogno energetico del Kazakistan. In un referendum del 2024, il 73% dei kazaki ha votato a favore dell’energia nucleare.

A differenza dell’energia eolica e solare, il nucleare funziona in qualsiasi condizione atmosferica. I reattori nucleari moderni sono progettati con maggiori caratteristiche di sicurezza e con un’impronta più piccola e si integrerebbero facilmente nella rete energetica del Kazakistan.

Il Paese “è impegnato a costruire fonti energetiche efficaci e sostenibili per soddisfare il fabbisogno di elettricità delle famiglie e del settore industriale in rapido sviluppo”, afferma Erlan Batyrbekov, direttore generale del Centro nucleare nazionale del Kazakistan, una delle maggiori organizzazioni di ricerca dell’Asia centrale.

L’interesse del Paese per l’energia nucleare ha attirato l’attenzione internazionale. La Cina ha già aperto un impianto di trattamento dell’uranio. Tra i fornitori di reattori nucleari scelti dal Kazakistan figurano Francia, Corea del Sud, Russia e Cina. Sia la Russia che la Cina hanno mostrato un rinnovato interesse per la costruzione di centrali nucleari nel Paese.

Ma il Kazakistan è il principale partner degli Stati Uniti nella cooperazione nucleare in Asia centrale. Gavin Helf, esperto di Asia centrale, afferma: “È nell’interesse dell’Occidente e degli Stati Uniti aiutare il Kazakistan a definire le sue opzioni nucleari per evitare una monopolizzazione russa o cinese delle risorse di uranio del Kazakistan”.

Indipendentemente dall’orientamento del Kazakistan, il Paese deve costruire centrali elettriche per utilizzare le sue riserve di uranio. Tuttavia, la costruzione di impianti nucleari richiede un significativo investimento iniziale di capitale e di tempo.

Finché non ci sarà una diffusione su larga scala di questa tecnologia, il Paese non potrà permettersi di sostituire la quota del carbone nella produzione di energia con l’inaffidabile energia eolica e solare, nonostante le pressioni politiche contrarie. Il rinnovabile può aspettare, il carbone va benissimo.

Oltre al carbone, il petrolio e il gas naturale hanno contribuito a trasformare l’economia kazaka. Il Kazakistan è uno dei principali esportatori di petrolio greggio, con giacimenti importanti come Tengiz, Kashagan e Karachaganak che trainano la produzione.

Le esportazioni di petrolio rappresentano quasi il 30% del prodotto interno lordo (PIL) del Paese e il 75% delle esportazioni di prodotti di base, sottolineando la loro importanza come motore economico. Dalla conquista dell’indipendenza nel 1991, il PIL del Paese è cresciuto di dieci volte, superando i 260 miliardi di dollari, e la produzione di idrocarburi ha svolto un ruolo fondamentale. Le esportazioni di petrolio dal Kazakistan sono destinate ad aumentare, poiché la Turchia è emersa come una nuova rotta sicura e conveniente, che aggira il complesso percorso russo.

Questa ricchezza di combustibili fossili ha permesso al Kazakistan di investire in infrastrutture, istruzione e sanità, migliorando significativamente gli standard di vita negli ultimi tre decenni. È per questo motivo che il Kazakistan deve continuare a investire nello sviluppo dei combustibili fossili e a fare affidamento su di essi per la maggior parte del consumo di energia primaria.

Il futuro energetico del Kazakistan risiede nei combustibili fossili, soprattutto nel carbone, almeno fino a quando l’energia nucleare non sarà pienamente sviluppata e probabilmente anche oltre.


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