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Il Giappone rischia il Blackout: il modo migliore per convincere le comunità locali ad accettare il nucleare

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In Giappone si prospetta una lunga estate calda seguita da un lungo inverno freddo, dopo che la scommessa del governo sulla politica energetica del Paese è fallita.
Il governo ha convocato martedì una riunione di ministri ed esperti di energia per affrontare l’incombente carenza di energia che potrebbe iniziare nelle prossime settimane e ha concluso che il pubblico e l’industria dovrebbero essere guidati verso la riduzione dei consumi di energia elettrica e persino essere pronti ad affrontare blackout a rotazione nei momenti di estrema carenza.
“Il governo non fisserà un obiettivo numerico uniforme per il risparmio di elettricità quest’estate, ma chiederemo ai cittadini di cooperare per risparmiare elettricità ed energia il più possibile”, ha dichiarato il Segretario di Gabinetto Hirokazu Matsuno dopo la riunione. Un’impresa più facile da dire che da fare.
Il governo sta valutando diverse soluzioni, perchè la situazione si sta facendo sempre più pressante. Anche se sono previste guide per il risparmio energetico, checché se ne dica il risparmio non genera elettricità, per cui Tokio sta valutando anche di riattivare le centrali termiche messe fuori servizio perché vetuste.

Esiste un “Rapporto di riserva” nelle reti elettriche, cioè una percentuale di capacità di generazione non utilizzata che serve a far fronte ai picchi di domanda. Questa percentuale è del 16% negli USA. In Giappone, prima di Fukushima, era del 8%, già piuttosto bassa. Dopo Fukushima, con lo stop alle centrali nucleari, questa capacità di riserva è stata calata al 3% del totale, una percentuale pericolosamente bassa. Sotto il 3% si rischia il black out. 

Secondo le previsioni del governo, a luglio il tasso dovrebbe attestarsi al 3,1% a Tokyo, nella regione di Tohoku, nel nord del Giappone, e nel distretto di Chubu, intorno alla città di Nagoya, nella parte centrale del Paese. Anche un aumento relativamente modesto della domanda potrebbe far scendere il dato al di sotto del 3%.
Ancora più preoccupante è il fatto che le previsioni ufficiali indicano che il rapporto scenderà a zero a Tokyo nei mesi di gennaio e febbraio, quando la domanda di riscaldamento è tradizionalmente al suo massimo. A zero il blackout è una certezza matematica.

A mandare il crisi la produzione energetica nazionale è la difficoltà del governo nel convincere i cittadini a riprendere il nucleare dopo il Fukushima, oltre all’impennata dei prezzi del gas naturale liquefatto, la fonte energetica su cui si è appoggiato il Giappone dopo il 2014.
L’energia nucleare fornisce circa il 6% del fabbisogno totale e il governo spera di convincere un maggior numero di comunità e governi locali a consentire il riavvio delle centrali se queste rispettano nuovi ed esigenti standard di sicurezza. Entro la fine del decennio, il governo spera che l’energia nucleare fornisca fino al 22% del fabbisogno nazionale, ma quest’anno non sarà d’aiuto.
La situazione è stata esacerbata, ha detto Martin Schulz, capo economista politico della Global Market Intelligence Unit di Fujitsu, da una serie di centrali termiche obsolete che sono state chiuse e dall’incapacità del settore delle energie rinnovabili di soddisfare la domanda. esattamente come sta succedendo in Europa. Ora il Giappone cerca di acquistare più LNG, anche a costi elevatissimi, ma negli ambienti ministeriali, sotto voce, si dice che forse questa estate porterà la soluzione: il mix di prezzi elevatissimi e di blackout a rotazione finalmente supererà lo scetticismo e convincerà le comunità locali ad accettare il nucleare. Alla fine non c’è niente di meglio di un paio di giorni senza elettricità per convincere a costruire una nuova centrale. 

 

 


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