Energia

Il futuro del fotovoltaico? Uno specchio d’oro nanotecnologico per pannelli più leggeri ed efficienti

Una nuova tecnologia utilizza un “timbro” per creare uno specchio d’oro ultrasottile sui pannelli solari, aumentandone l’efficienza e aprendo la strada ad applicazioni flessibili e a basso costo.

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La ricerca di pannelli solari sempre più performanti, leggeri e versatili ha appena compiuto un passo avanti significativo. Dimenticate per un attimo le grandi distese di silicio rigido; la nuova frontiera arriva dai ricercatori dell’International Iberian Nanotechnology Laboratory (INL), che hanno sviluppato una soluzione tanto elegante quanto efficace per migliorare le celle solari ultrasottili.

Queste celle di nuova generazione sono estremamente promettenti: richiedono meno materiale, sono flessibili e hanno costi e tempi di produzione inferiori. C’è però un “ma”, come quasi sempre in fisica e in economia. Quando lo strato che assorbe la luce solare diventa troppo sottile, una parte significativa della luce lo attraversa senza essere convertita in elettricità, e un’altra parte dell’energia “fugge” dal retro, rendendo il tutto meno efficiente. Un po’ come cercare di raccogliere l’acqua con un secchio bucato.

È qui che entra in gioco l’idea, quasi geniale nella sua semplicità, del team guidato da Pedro Salomé e il cui risultato è stato pubblicato su RRL Solar.

Uno specchio d’oro per non sprecare nemmeno un fotone

La soluzione proposta dall’INL, in collaborazione con l’Università di Uppsala, è uno “specchio nanostrutturato” posto sul retro della cella solare. Non immaginatevi una specchiera barocca, ma uno strato sottilissimo e modellato di oro, ricoperto da ossido di alluminio.

Questa architettura svolge una duplice, fondamentale funzione:

  • Gestione della luce: La struttura in oro agisce come uno specchio, riflettendo la luce che altrimenti andrebbe persa e rispedendola all’interno della cella. Questo le dà una seconda possibilità di essere assorbita e trasformata in preziosi elettroni.
  • Riduzione delle perdite elettriche: Lo strato di ossido di alluminio risolve l’altro problema, quello della “fuga” di energia. Questo processo, tecnicamente noto come “passivazione dell’interfaccia”, impedisce agli elettroni di ricombinarsi e disperdersi, massimizzando la resa energetica.

Normalmente, creare simili nanostrutture è un processo complesso e costoso, per laboratori ultra-specializzati. Qui, invece, sta l’innovazione: il team ha utilizzato una tecnica chiamata “litografia a nanoimpronta”. Immaginatela come una sorta di timbro ad altissima precisione che stampa il modello direttamente sulla superficie. Un metodo rapido, economico e, soprattutto, scalabile a livello industriale.

Ecco la cella ultrasottile con lente in oro . Da INL

Il test è stato condotto su celle solari ultrasottili di tipo ACIGS (Ag,Cu)(In,Ga)Se₂, già note per la loro buona efficienza. Il risultato? Un aumento dell’efficienza di circa l’1,5%, un valore tutt’altro che trascurabile in questo settore, ottenuto principalmente grazie al migliorato assorbimento della luce.

Inoltre, i ricercatori hanno scoperto che il processo funziona al meglio a una temperatura di 450 °C, che previene la diffusione degli atomi d’oro (un problema comune che degrada le prestazioni) e consente l’applicazione su materiali flessibili, come le pellicole di plastica.

Questa innovazione apre la strada a pannelli leggeri e flessibili da integrare su veicoli, edifici o dispositivi portatili, rendendo il fotovoltaico sempre più pratico e pervasivo. Un piccolo specchio d’oro per un grande passo avanti nella transizione energetica.

Visione al microscopio della cella ultra sottile

Domande e Risposte per il lettore

innovazione di questa tecnologia? Non si usava già l’oro nel settore tecnologico?

La vera innovazione non sta tanto nell’uso dell’oro in sé, quanto nella combinazione di tre fattori. Primo, la creazione di una struttura nanometrica che non si limita a riflettere la luce, ma la gestisce in modo ottimale. Secondo, l’abbinamento di questa struttura con un materiale passivante (l’ossido di alluminio) che risolve contemporaneamente il problema delle perdite elettriche. Terzo, e forse più importante dal punto di vista economico, è il metodo di produzione: la litografia a nanoimpronta è una tecnica economica e veloce, che trasforma un’idea da laboratorio in un processo potenzialmente industriale.

2) Ma usare l’oro non renderà i pannelli solari incredibilmente costosi?

Questa è un’obiezione logica, ma la risposta sta nelle dimensioni. Parliamo di nanotecnologia: lo strato d’oro è così sottile da essere quasi bidimensionale. La quantità di metallo prezioso utilizzata per ogni cella è infinitesimale, rendendo il suo costo quasi irrilevante sul prezzo finale del pannello. Il vantaggio in termini di efficienza e, soprattutto, il risparmio ottenuto grazie al processo di fabbricazione “a timbro” (più rapido ed economico dei metodi tradizionali), compensano ampiamente il costo del materiale. In sintesi, il gioco vale assolutamente la candela.

3) Vedremo presto questa tecnologia nei pannelli solari che installiamo sui tetti?

Probabilmente non nell’immediato. Questa è una scoperta a livello di laboratorio, un cosiddetto “proof of concept”. Ora inizia il percorso per portare la tecnologia su scala industriale, ottimizzare i processi e garantirne la durabilità nel tempo in condizioni reali (esposizione agli agenti atmosferici, stress termici, etc.). Tuttavia, il fatto che il metodo di produzione sia già intrinsecamente scalabile è un ottimo segnale. È ragionevole aspettarsi che queste innovazioni possano essere integrate nei prodotti commerciali, specialmente in applicazioni “di nicchia” come il solare flessibile, entro i prossimi 5-10 anni.

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