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Economia

Il flop della Cannabis terapeutica: oltre il 50% dei pazienti smette entro un anno. Specialmente gli anziani

Una nuova ricerca pubblicata su PLOS One mette in discussione l’efficacia a lungo termine della cannabis per il dolore cronico. Oltre il 57% dei pazienti interrompe il trattamento entro un anno, con un tasso di abbandono particolarmente elevato tra gli anziani. Efficacia deludente o altri fattori?

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Una nuova ricerca rivela un dato sorprendente e in controtendenza rispetto ad un entusiasmo diffuso in certi ambienti: più della metà dei pazienti a cui viene prescritta cannabis medica per il dolore cronico muscoloscheletrico interrompe il trattamento entro un anno. I risultati, pubblicati sulla rivista scientifica PLOS One, sollevano seri dubbi sulla reale efficacia e sostenibilità della cannabis come opzione a lungo termine per la gestione del dolore, in particolare per la popolazione più anziana.

Lo studio, condotto dai ricercatori della Rothman Institute Foundation for Opioid Research & Education, ha seguito 78 pazienti della Pennsylvania certificati per l’uso di cannabis medica, riportando che un impressionante 57,9% ha interrotto la terapia entro dodici mesi. Quasi la metà di questi, il 44,7%, ha gettato la spugna durante i primi tre mesi, un segnale di forte insoddisfazione iniziale.

L’analisi retrospettiva ha monitorato i pazienti per un periodo di due anni per vedere chi rinnovasse la certificazione e chi invece cercasse altre strade. L’unico fattore statisticamente rilevante emerso è stato l’età: i pazienti che hanno abbandonato la cura erano, in media, circa sette anni più anziani di quelli che l’hanno proseguita (età media di 71,5 anni contro 64,5). Aspetti come la salute fisica e mentale di base non hanno mostrato differenze significative tra i due gruppi, suggerendo che la decisione di smettere non dipendesse da condizioni di salute preesistenti.

 

Il tipo di dolore non è un fattore determinante

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la localizzazione del dolore – che fosse alla schiena, al collo o alle articolazioni – non ha influenzato la decisione di continuare o interrompere il trattamento con cannabis. Sebbene una quota leggermente superiore di chi ha smesso soffrisse di mal di schiena, la differenza non è risultata statisticamente significativa.

Questo suggerisce che le cause dell’abbandono siano da ricercare altrove: insoddisfazione per i risultati, effetti collaterali indesiderati, o la scelta di passare a trattamenti più risolutivi come infiltrazioni o interventi chirurgici.

Il Dr. Asif M. Ilyas, co-autore dello studio e Presidente della Rothman Opioid Foundation, ha sottolineato come l’alto tasso di interruzione dimostri che, “nonostante il crescente entusiasmo e l’adozione diffusa, la cannabis medica non soddisfa le aspettative per un sottogruppo significativo di pazienti con dolore cronico.”

Il Dr. Mohammad Khak, autore principale, ha aggiunto che, dato che né il tipo di dolore né la salute di base sembrano influire, altri fattori diventano centrali: il beneficio percepito, l’impatto sulla vita quotidiana, il costo del trattamento o l’incostanza nella qualità del prodotto.

Limiti dello studio e domande aperte

Gli autori ammettono che il loro studio, sebbene tra i primi a monitorare attentamente lo status delle certificazioni a un anno, lascia aperti molti interrogativi. Mancano dati cruciali su formulazione, dosaggio e metodo di somministrazione della cannabis, così come sugli effetti collaterali e sulla percezione soggettiva di sollievo da parte dei pazienti. Non è chiaro, quindi, se l’abbandono sia dovuto a mancanza di efficacia, effetti avversi, costi eccessivi o persino a un miglioramento tale da rendere la terapia non più necessaria.

Questi risultati arrivano in un momento di rapida espansione dell’uso di cannabis medica, evidenziando la necessità di un approccio più personalizzato, specialmente per i pazienti anziani. Il team di ricerca auspica studi più ampi e prospettici per capire finalmente quali pazienti possano davvero beneficiare di questa terapia e per quanto tempo. Fino ad allora, concludono, medici e pazienti dovrebbero approcciare la terapia a lungo termine con cannabis con aspettative realistiche e pronti a riconsiderare la strategia in base alla risposta iniziale.

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