Analisi e studi
Il Financial Times ammette la sconfitta della UE, ma non ne trae le conclusioni: la forza dell’Europa è nelle diversità, non nell’unione
Il Financial Times ha pubblicato un interessante articolo che si intitola: “Il Piano della UE per riguadagnare competitività” il che già è un passo avanti perché ammette che si è persa competitività nella UE e, comunque, di un vero piano non si parla, il che rende il tutto un po’ incoerente.
Del resto i dati presentati, che non sono altro che rielaborazioni di dati già noti ai lettori di Scenari, sono abbastanza chiari e ve li presentiamo rapidamente. Vediamo i dati rapidamente:
- Prima di tutto la crescita della UE è stata più bassa di quella degli Stati Uniti e perfino di un’economia matura come quella del Giappone, che negli anni novanta si dava come perduta
- Quindi la dimensione del totale delle economie europee, con o senza gli ultimi accessi, è una percentuale sempre calante dell’economia degli USA. Praticamente se l’economia dei 27 era il 70% di quella USA nel 1995, ora è soltanto il 50% di quella a stelle e strisce
- Quindi la produttività del lavoro dei paesi della UE sta staccandosi sempre di più da quella degli USA, per il combinarsi di scarsi investimenti produttivi e della seconda legge di Kaldor, quella per cui la produttività è direttamente proporzionata al volume della produzione, legge che ovviamente viene sempre ignorata dal FT e dagli altri giornaloni che si basano sulla finanza ed evitano il problema della distribuzione del reddito e della domanda
I dati sono sconfortanti, ma penso che dovreste conscerli già, se leggete scenari. Interessante è il fatto che finalmente ne parli un giornale della finanza internazionale e che questo prenda atto del fallimento profondo del sistema della Comunità Europea, nata non per esaltare le economie dei paesi, ma per reprimerle con una normativa irrealistica, cervellotica e follemente burocratica.
Quindi, dopo aver visto il problema, ecco che il Financial Times non riesce a coglierne le cause e la soluzione. Prima di tutto il giornale afferma che il “Trio dei tecnocrati italiani” Letta, Draghi e Monti dovrebbe tentare di risolvere il problema indicandone la soluzione, quando proprio questi tecnocrati sono parte del problema sia perché hanno coltivato, a livello nazionale, politiche di austerità che poi sono alla base dei problemi di crescita europei, oppure sono l’espressione del Golia burocratico che è il maggior male della Commissione. Nessuno degli “Obiettivi ambiziosi” posti dalla Commissione stessa viene mai raggiunto perché irrealistico e autosabotato dalla propria burocrazia, perfino quando apparentemente semplice come il milione di proiettili da consegnare all’Ucraina.
Perché dovremmo assistere a dimissioni di massa a #Bruxelles, a partire dalla #VdL? Perchè l’#Italia, da sola, nella Grande Guerra produceva 28 milioni di proiettili all’anno nel 1917. Da sola, con un 1,3 milioni di uomini al fronte, poca automazione, niente digitale. Oggi tutta… pic.twitter.com/6xJbSuPXIa
— Scenarieconomici (@scenarieconomic) November 2, 2023
Invece si invoca più “mercato comune”, cioè più norme cervellotiche più controlli inefficaci, più stupidità burocratica, invece che riconoscere che la competitività dei paesi europei nasce dall’opposto, dalla capacità di lasciarli fare quello che vogliono, se mai supportandoli finanziariamente con una politica monetaria che non sia magari come quella giapponese, ma che, per lo meno, tenga fede alle missioni di qualsiasi banca centrale sul pianeta Terra: stabilità monetaria, crescita e difesa del debito nazionale.
Invece nella UE si pretende di poter correre con i piedi legati. Non potrà finire che con una caduta.
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