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EconomiaScienza

Il “Fantasma” nella Macchina: Scoperto perché i Computer Quantistici sbagliano (e si ricordano di averlo fatto)

I computer quantistici non dimenticano i propri errori. Una nuova scoperta rivela che il “rumore” nei qubit ha una memoria nascosta che sfida le leggi attuali dell’informatica quantistica. Ecco come un team internazionale ha mappato per la prima volta questo fenomeno invisibile, aprendo la strada a macchine finalmente affidabili.

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Diciamocelo chiaramente: la narrazione dominante sui computer quantistici ci ha abituato a un futuro imminente in cui queste macchine risolveranno in pochi secondi problemi che richiederebbero millenni ai nostri attuali supercomputer. Eppure, chi mette le mani nell’hardware sa bene che la realtà è molto più “rumorosa” e complessa delle slide di presentazione. C’è un problema di fondo che, fino ad oggi, è stato trattato un po’ come la polvere sotto il tappeto: il rumore, cioè il fatto che commettono errori ripetuti.

Una nuova ricerca internazionale, guidata da scienziati australiani e pubblicata sulla rivista Quantum, ha appena fatto saltare il banco delle nostre certezze ingegneristiche. Lo studio  dimostra che gli errori nei computer quantistici non sono eventi casuali e isolati, ma possiedono una “memoria”. Si evolvono, persistono e si collegano attraverso il tempo, minando alla base le ipotesi su cui si fondano molti degli attuali protocolli di correzione degli errori.

L’Illusione Markoviana e la Realtà del Rumore

Per capire la portata della scoperta, dobbiamo fare un passo indietro. Fino ad oggi, la maggior parte delle tecniche per gestire gli errori nei qubit (i bit quantistici) si basava su un’assunzione di comodo: che il rumore fosse Markoviano.

In termini semplici, un processo Markoviano è “senza memoria”. Immaginate di lanciare una moneta: il fatto che sia uscita “Testa” al primo lancio non influenza il secondo. Se il rumore quantistico fosse così, ogni errore sarebbe un evento a sé stante, facile da isolare e correggere. Un processo Markviano quindi non è correlato alla propria storia, da tutti gli eventi che sono accaduti prima. Non si porta dietro alcuna eredità informativa.

Purtroppo, la fisica non ama le semplificazioni. I ricercatori hanno scoperto che il rumore nei dispositivi attuali (inclusi quelli di colossi come IBM) è, in realtà, non-Markoviano.

Ecco cosa implica questa distinzione:

  • Rumore Markoviano (L’ipotesi vecchia): Gli errori accadono e basta. Il sistema non ricorda cosa è successo un nanosecondo fa.

  • Rumore Non-Markoviano (La realtà scoperta): Gli errori sono correlati nel tempo. Un’interazione indesiderata tra il sistema e l’ambiente in un momento t1 influenza ciò che accade in un momento successivo t2. È come se il sistema avesse una memoria nascosta dei propri sbagli.

Come si ripetono gli errori e come si può provare a ridurri con la creazione di uno stato intemedio

La Svolta Metodologica: Vedere l’Invisibile

Il problema principale nel diagnosticare questo tipo di “memoria” risiede nella natura stessa della meccanica quantistica: misurare significa disturbare. Solitamente, per capire cosa sta succedendo in un processo, bisogna misurarlo, ma la misurazione fa collassare lo stato quantistico, cancellando le informazioni necessarie per capire l’evoluzione temporale completa5.

È qui che il team guidato dalla Dott.ssa Christina Giarmatzi e dai suoi colleghi ha introdotto un’innovazione cruciale. Invece di richiedere hardware futuristici capaci di misurare e correggere in tempo reale (un meccanismo noto come feed-forward, attualmente quasi impossibile da realizzare velocemente), hanno sviluppato una tecnica di post-elaborazione ingegnosa.

Il metodo funziona così:

  1. Si eseguono misurazioni a metà circuito (“mid-circuit measurements”).

  2. Invece di tentare di ripristinare lo stato del qubit istantaneamente in base al risultato, si raccolgono enormi quantità di dati.

  3. Successivamente, via software, si ricostruisce ciò che è accaduto, assumendo probabilisticamente gli stati e correlando i risultati.

Questo ha permesso, per la prima volta in assoluto, la tomografia completa di un processo quantistico multi-temporale. Hanno costruito quella che in gergo tecnico si chiama “matrice di processo” (W), un oggetto matematico che contiene tutte le correlazioni temporali, svelando la vera natura del rumore.

L’Esperimento: Davide contro Golia (in versione Qubit)

I ricercatori non si sono limitati alla teoria, ma hanno messo alla prova due diversi processori a superconduttori per vedere se la qualità e complessità del processore garantiva un rumore non markoviano divrso, cioè una diversa memoria. Questo rumore di fondo :

  • Il processore “casalingo” (UQ): Un chip a 5 qubit dell’Università del Queensland.

  • Il processore Cloud (IBM Perth): Un chip a 7 qubit accessibile via cloud.

I risultati, visualizzati nella Tabella 1 dello studio, sono illuminanti e mostrano differenze sostanziali nella qualità e nel tipo di rumore.

Caratteristica AnalizzataProcessore UQ (In-house)Processore IBM Perth (Cloud)
Entropia Relativa 

Alta (0.2318)

Bassa (0.04 – 0.05$)

Natura del RumoreFortemente non-MarkovianoDebolmente non-Markoviano
Causa PrincipaleInterazione forte tra qubit viciniRumore più diffuso e controllato
Correlazioni Quantistiche

Significative  (approx 0.02)

Molto basse (\approx 0.005)

È emerso un dato affascinante: sul processore UQ, gran parte del rumore proveniva da correlazioni quantistiche reali nel tempo. In pratica, il qubit “sistema” e il qubit “memoria” (un qubit vicino sul chip) si parlavano e restavano intrecciati nel tempo, creando un effetto eco che disturbava i calcoli. Sul processore IBM, sebbene il rumore fosse molto più basso (segno di un’ottima ingegnerizzazione), la componente non-Markoviana era comunque presente, dimostrando che nessun dispositivo attuale è immune da questo fenomeno.

Perché questa scoperta è fondamentale (e costosa)

Potreste chiedervi: “Perché dovrebbe importarmi se un qubit ha la memoria lunga?”. La risposta ha ricadute economiche e tecnologiche enormi.

Attualmente, stiamo investendo miliardi nella costruzione di computer quantistici sempre più grandi. Ma se scaliamo il numero di qubit senza capire come il rumore si propaga nel tempo, stiamo costruendo un castello di carte. I protocolli di correzione degli errori (Quantum Error Correction), che sono il “Santo Graal” per rendere queste macchine utili, falliscono se il modello di rumore sottostante è sbagliato.

Se assumiamo che il rumore sia senza memoria (Markoviano), progettiamo codici di correzione leggeri. Ma se il rumore ha memoria (come dimostrato da questo studio), quei codici non funzioneranno, e il computer produrrà risultati spazzatura, sbagliati.

La capacità di caratterizzare completamente questo rumore tramite la matrice di processo significa che ora gli ingegneri possono:

  1. Diagnosticare con precisione se il rumore viene da fluttuazioni classiche (es. elettronica che scalda) o quantistiche (es. altri qubit vicini).

  2. Progettare hardware che isoli meglio i qubit non solo nello spazio, ma nel “tempo”.

  3. Sviluppare nuovi algoritmi di mitigazione che tengano conto di questa “memoria” parassita.

Oltre la Fisica: Una Lezione di Umiltà

C’è un aspetto quasi filosofico in questa ricerca. Abbiamo scoperto che anche nel vuoto freddo di un processore a superconduttori, il passato non passa mai del tutto. Le interazioni lasciano tracce.

Lo studio ha anche utilizzato un modello teorico semplificato (Hamiltoniana di sistema-ambiente) per simulare i risultati22. Ebbene, il modello ha sottostimato il rumore reale, specialmente sul processore IBM23. Questo ci dice che la realtà fisica dei chip è ancora più ricca e complessa di quanto le nostre migliori teorie semplificate possano prevedere.

In conclusione, il lavoro di Giarmatzi, Costa e del loro team non è una doccia fredda, ma un bagno di realtà necessario. Per arrivare al “vantaggio quantistico” utile per l’economia reale — dalla scoperta di nuovi farmaci all’ottimizzazione logistica — dobbiamo smettere di fingere che i nostri qubit siano isole perfette. Sono sistemi sociali, rumorosi e con una memoria di ferro. Ora che lo sappiamo, possiamo finalmente iniziare a gestirli sul serio.


Domande e Risposte

Perché è grave che il rumore abbia “memoria”?

Se il rumore ha memoria (è non-Markoviano), significa che un errore commesso in passato influenza le operazioni future24. La maggior parte dei sistemi di correzione degli errori attuali assume il contrario, ovvero che gli errori siano eventi isolati e casuali25. Di conseguenza, se non teniamo conto di questa memoria, i computer quantistici attuali rischiano di diventare inaffidabili non appena proviamo a eseguire calcoli lunghi e complessi, rendendo vani gli sforzi di “scaling” dell’hardware.

Come hanno fatto a misurare senza distruggere i dati?

In fisica quantistica, misurare solitamente distrugge lo stato del sistema. I ricercatori hanno aggirato il problema usando una tecnica chiamata “measure-and-prepare” sequenziale unita a una potente post-elaborazione dei dati26262626. Invece di dover reagire in tempo reale (cosa tecnologicamente difficilissima oggi), hanno registrato le misurazioni intermedie e ricostruito matematicamente l’intera storia del processo (la matrice di processo) a posteriori27. È come ricostruire la trama di un film guardando solo alcuni fotogrammi chiave, ma con una precisione matematica assoluta.

Questo significa che i computer quantistici IBM non funzionano?

Assolutamente no. Anzi, lo studio mostra che il processore IBM Perth ha prestazioni molto elevate e un rumore molto basso rispetto al processore sperimentale universitario, quasi indistinguibile da un processo ideale in certi casi28. Tuttavia, la ricerca dimostra che anche nei migliori processori commerciali esiste una componente di rumore correlato nel tempo29. Scoprirlo è positivo: significa che IBM e altri possono ora usare questo metodo per identificare e mitigare fonti di errore che prima erano invisibili, migliorando le generazioni future di chip.

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