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Il duro Ebrahin Raisi eletto presidente dell’Iran. Si preparano tempi duri per i colloqui di pace

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Il religioso ultraconservatore Ebrahim Raisi ha ottenuto una vittoria schiacciante nelle elezioni presidenziali iraniane, portando potenzialmente il paese petrolifero su una rotta più ostile verso l’Occidente mentre le potenze mondiali tentano di far rivivere l’accordo nucleare del 2015. Una stretta che si potrà internamente ed esternamente, dopo che i candidati moderati sono stati quasi tutti esclusi dalle elezioni.
Raisi ha ottenuto 17,8 milioni di voti e l’unico candidato moderato in gara, Abdolnaser Hemmati, è arrivato terzo con 2,4 milioni di voti, ha detto Jamal Orf, capo del quartier generale delle elezioni presidenziali iraniane in una dichiarazione alla TV di stato, aggiungendo che siamo al 90% nel conteggio dei voti.
I dati forniti da Orf indicano che l’affluenza alle urne è stata del 48%, la più bassa in un voto presidenziale nella storia della Repubblica islamica, con Raisi che si è assicurato il 62% dei voti espressi. Milioni di elettori sono rimasti a casa dopo che la maggior parte dei candidati moderati e riformisti sono stati squalificati dalla corsa, e questo ha facilitato la vittoria di Raisi.
Il presidente neoeletto, 60 anni, potrebbe complicare gli sforzi per ripristinare uno storico accordo nucleare che ha importanti implicazioni per la sicurezza del Medio Oriente e per i mercati petroliferi globali.
L’uscita degli Stati Uniti dall’accordo sotto l’ex presidente Donald Trump ha dato potere agli intransigenti e ai principi in Iran, che sono sempre stati critici nei confronti dell’accordo e hanno vinto il controllo del parlamento lo scorso anno.
Sabato scorso, il candidato riformista Hemmati, che si è fatto da parte come governatore della Banca centrale per candidarsi alla presidenza, si è congratulato con Raisi in un post su Instagram. Il presidente Hassan Rouhani ha visitato di persona il suo aspirante successore per congratularsi con lui, secondo la televisione di stato.

Raisi è un religioso austero che è profondamente ostile all’Occidente, in passato è stato critico nei confronti dell’accordo nucleare del 2015 ma ha detto agli elettori durante la sua campagna che intendeva preservarlo. La sua elezione arriva mentre le potenze mondiali stanno cercando di far rivivere l’accordo durante i colloqui a Vienna prima che Rouhani lasci l’incarico nei prossimi mesi. Una missione ora necessaria, visto che, nonostante le promesse, il neopresidente si annuncia  essere un osso molto duro da mordere. Quasi una benedizione per Israele che si oppone all’accordo nel suo complesso.


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