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Il DOTTOR STRANAMORE E’ IN GRANDE FORMA; NEGLI STATI UNITI CADE IL TABU’ DELL’ATOMICA di Eriprando Sforza

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Ieri il Ministero della Difesa russo ha convocato l’addetto militare dell’Ambasciata degli Stati Uniti nella Federazione Russa. “Al rappresentante del Dipartimento della Difesa è stato riportato da parte russa che il 22 maggio la difesa aerea russa ha individuato un Air Force RS-135 degli Stati Uniti in ricognizione aerea sul Mar del Giappone, nei pressi del confine di stato della Federazione Russa”, ha reso noto il Ministero. “L’aereo USA ha effettuato il volo con il transponder spento” e neppure il “percorso era stato comunicato” al controllo regionale. Il “risultato di azioni non professionali dell’equipaggio dell’aereo americano” è stata “la creazione di un pericolo di collisione con aerei civili”.

Incidenti del genere si stanno verificando con una frequenza che on si vedeva dalla Guerra Fredda. Si gioca col fuoco e basta un attimo perché la situazione sfugga di mano. Mentre leggevo questa notizia, mi sono reso conto che un pezzo letto un paio di giorni prima sul Wall Street Journal non era poi così strampalato. Si intitola “Would the U.S. Drop the Bomb Again?”, ovvero “Gli Stati Uniti userebbero ancora l’atomica?”. Prendendo spunto dal prossimo viaggio di Barack Obama a Hiroshima, il primo di un presidente degli Stati Uniti, i due autori del breve saggio, Scott D. Sagan e Benjamin A. Valentino, si domandano appunto se oggi l’America sarebbe pronta a fare il bis, o meglio il tris, visto che l’atomica se la beccò anche Nagasaki.

I due professori ricordano che nel settembre 1945, un mese dopo il lancio delle due Bombe, un sondaggio aveva stabilito che il 53% degli intervistati si era detto d’accordo con l’operato della Casa Bianca e solo il 4% aveva risposto che non si sarebbero dovuto usare le armi nucleari. Con il passare degli anni il consenso nei confronti dell’utilizzo dell’atomica è declinato vistosamente. In un analogo sondaggio condotto nel luglio dell’anno scorso, in occasione del settantesimo anniversario dei due attacchi atomici, solo il 28% degli interpellati ha risposto di essere d’accordo, mentre il 32% avrebbe preferito un bombardamento dimostrativo in un’area spopolata. E appena il 3% si è detto dispiaciuto che gli Stati Uniti non avessero annichilito il Giappone facendo scoppiare molte più atomiche.

Gli autori del pezzo convengono sul fatto che l’uso delle armi nucleari fin dalla fine degli anni quaranta sia diventato un tabù, ma si domandano anche se l’atteggiamento più benevolo nei confronti del Giappone sia frutto del fatto che il Paese del sol Levante in tutti questi anni si è dimostrato uno dei più fedeli alleati di Washington. Per togliersi ogni dubbio, Sagan e Valentino hanno allora commissionato un nuovo sondaggio in cui viene ipotizzata una nuova Pearl Harbor.

Gli Stati Uniti accusano l’Iran di avere violato l’accordo sul nucleare firmato lo scorso anno e così impongono nuove pesantissime sanzioni al Paese degli ayatollah. Tehran reagisce attaccando una portaerei americana nel Golfo Persico, provocando la morte di 2.403 persone, lo stesso numero dei caduti per l’attacco di Pearl Harbor. Il Congresso dichiara guerra all’Iran chiede agli ayatollah un “resa incondizionata”. I generali illustrano al presidente (Donald Trump?) due opzioni: un attacco di terra per occupare Tehran, che costerebbe 20.000 caduti americani, oppure il lancio di una bomba atomica su una città vicina alla capitale iraniana, che provocherebbe 100.000 vittime tra la popolazione civile (lo stesso numero delle morti istantanee a Hiroshima).

Il risultato del sondaggio sorprende Sagan e Valentino: il 59% degli intervistati approva l’uso dell’atomica e la percentuale non scende nemmeno se i caduti iraniani fossero addirittura 2 milioni. La conclusione è che per gli americani l’uso delle armi nucleari non è più un tabù. Chiunque sarà alla Casa Bianca avrà meno remore a lanciare l’atomica, consapevole del fatto che questo non farebbe crollare i suoi consensi tra gli elettori.

Preoccupa anche che l’attacco sia stato ipotizzato contro l’Iran: vero è che gli ayatollah non hanno ancora l’atomica e quindi, al contrario della Russia, non potrebbero rendere pan per focaccia. Ma questa diffusa ostilità nei confronti dell’Iran contrasta con la corsa affannosa degli europei per fare affari in quel Paese, con tanto di sgomitamenti alla faccia dell’unità europea. Un entusiasmo agonistico che di certo non piace a Washington.

Si spera che gli scienziati americani non abbiano nel frattempo scoperto il modo di dirigere il fall-out nucleare verso il Vecchio Continente. Ma al di là delle battute, è evidente che anche questo sondaggio fa parte dello sforzo per creare un clima favorevole alla guerra, rendendo addirittura possibile l’uso dell’atomica. Il Dottor Stranamore non ha mai goduto di così buona salute.

Eriprando Sforza


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