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Il decreto di Albert I il Saggio sulla purezza della birra del 1516 e il protezionismo tedesco

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Cosa avrà a che fare il protezionismo tedesco con il Reinheitsgebot, il decreto sulla purezza della birra emanato dal duca di Monaco di Baviera nel 1487 e adottato nel 1516 in tutta la Baviera? Mah, eppure … Ricordiamo in breve l’interessante storia dell’editto sulla birra, famosissimo in Germania.

I decreti di regolamentazione della produzione e commercializzazione della birra esistevano in Baviera da tempo, ma solo con la riunificazione bavarese del 1506 da parte di Alberto IV il Saggio e di suo fratello Ludovico IX la legge monacense venne estesa a tutta la Baviera, il 23 aprile 1516. Oltre al prezzo la legge prescriveva che la birra fosse prodotta solo con acqua orzo e luppolo (Hopfen un Maltz). Sul sito tedesco che celebra il Reinheitsgebot vedrete prevalere le nobili motivazioni di protezione del consumatore di birra, esposto all’epoca all’aggiunta di ingredienti e adulteranti più svariati, dalla datura alla belladonna – per birre con simpatici effetti allucinogeni fino a fuliggine, pece e segatura a scopi preservativi.

Oltre a questi scopi di tutela della salute pubblica molto pubblicizzati in Germania, il decreto ne aveva un altro più importante: vietando l’uso di grano e segale e imponendo l’orzo, che  non aveva molti usi a parte la produzione di birra, si evitava la concorrenza tra panificatori e birrai che faceva salire i prezzi del pane, causando inflazione dei prezzi alimentari. L’aumento dei prezzi alimentari è stato per secoli la causa principale di ribellioni e violenze ai danni delle autorità. Controllare i prezzi per decreto è stato uno degli strumenti per evitare l’aggiotaggio e le manipolazioni dei prezzi e quindi controllare le ribellioni e salvaguardare il potere delle autorità. L’effetto del Reinheitsgebot si estese dalla distribuzione alla produzione: un disciplinare di produzione restrittivo annulla le differenze di qualità tra prodotti e sposta la concorrenza sul prezzo. Non tanto sul prezzo di vendita – imposto dal decreto – quanto su quello di produzione. Come rimarcato da molti, il Reinheitsgebot ha penalizzato i piccoli produttori, le birre tipiche, le DOC e IGP diremmo oggi, a favore dei grossi produttori bavaresi. La cultura della produzione della birra tedesca, come insegnata nelle celebri accademie di scienze alimentari come il Weihenstephan è semplice, e lo Spiegel la sintetizza bene “produzione uniforme Pilsner e taglio dei costi ovunque possibile“.

Abbiamo quindi un ottimo esempio di standard tecnico e dei suoi effetti: da un lato indubbia tutela il consumatore, dall’altro favorisce le grandi aziende nazionali, sia a scapito dei piccoli produttori che non possono più differenziarsi dai grossi, sia dei prodotti d’importazione, specialmente dalla Germania del Nord. Le birre d’importazione infatti non potevano avere il certificato di conformità al disciplinare bavarese: ogni standard tecnico ha i suoi organismi di omologazione e certificazione. Da qui al protezionismo dichiarato il passo è breve. Notiamo en passant come il nome del Reinheitsgebot abbia quella connotazione fortemente positiva, quasi simbolica, che meritano tutte le leggi di successo. La “Purezza”, usata in tempi più recenti per altre leggi, applicate alla “razza” e certamente più nefaste. 

Facciamo un salto di 355 anni fino alla riunificazione tedesca del 1871 (Bismarck, Guglielmo I il Grande). Tra le condizioni per aderire all’impero tedesco-prussiano la Baviera esigette l’estensione del Reinheitsgebot a tutta la Germania. Nel 1906 il decreto sulla purezza della birra divenne quindi legge nazionale. Taaac! direbbe quello. I produttori bavaresi sterminarono in un colpo solo centinaia di birrifici del resto della Germania, a scapito della diversità alimentare, delle tradizioni e delle culture locali. Le famose birre alla ciliegia e speziate della Germania Settentrionale divennero fuorilegge. Una norma tecnica nazionale ha creato un vantaggio per alcuni a scapito di altri. Qualcuno ha detto DIN?

Qui sotto una mappa dei 1400 birrifici tedeschi attuali. A 146 anni dala riunificazione tedesca i produttori del Sud sono molto più numerosi e di dimensioni molto maggiori. Effetto di cultura maggiore, qualità, efficienza produttiva? Questo è quanto vi direbbero gli ordoliberisti. Adesso sapete che è il risultato dello “standard tecnico” del 1516 esteso nel 1906 a tutta la Germania. 

Un secolo dopo è la volta dell’UE: il Reinheitsgebot viene dichiarato illegale come forma di protezionismo – in violazione dell’art. 30 del Trattato di Roma del 1957 – dalla Corte Europea, dietro causa intentata dai birrai francesi (1987). la Germania come al solito fa orecchie da mercante per un po’, ma deve limitarsi a regolamentare le birre prodotte in Germania: dopo la riunificazione del 1989, nel 1993 il governo tedesco impone lo stop della produzione della birra d’abbazia scura del Klosterbrauerei di Neuzelle, una cittadina del Brandeburgo in ex Germania orientale, nota agli annali del monastero fin dal 1416 (un secolo prima del Reinheitsgebot!). La bevanda, contenendo zucchero, non poté chiamarsi birra fino alla vittoria in giusdizio del 2005 (13 anni di causa civile, alla faccia dell’efficienza tedesca). E’ la “guerra della birra del Brandeburgo”.

E oggi? Nei supermercati tedeschi non troverete facilmente le speziate birre belghe, le aromatiche IPA inglesi e le scure francesi. Perché? La nuova legge tedesca che ha sostituito nel 1993 il Reihnsangebot continua a vietare ingredienti e procedimenti di fabbricazione ammessi altrove, ma solo per le birre prodotte in Germania. Diversi stati tedeschi tra cui la Baviera vietano infatti la produzione locale di birra con ingredienti quali zucchero o spezie (in altri, come il Nordreno Westfalia lo zucchero è ammesso, ad esempio per la Kölsch di Colonia). Eppure birre estere possono essere commercializzate in Germania, in omaggio alle direttive europee. Qual è il problema? Quello che alcuni sociologi chiamano l’autoprotezionismo tedesco: il cittadino crede fermamente che ciò che viene prodotto in Germania sia migliore, soprattutto nel campo della birra. E il Reihneitsgebot ha un valore semi-mitologico, tanto che le celebrazioni per i 500 anni tenute il 23 aprile 2016 a Monaco hanno assunto valenza statale, con tanto di pubblica bevuta di birra della cara Kanzlerin. Ricordiamo infine che leggi europee accordano uno status speciale alle birre tedesche, come “cibo tradizionale”. Status rifiutato dall’Unesco nel 2015 che – giustamente – vede nella birra tedesca solo un prodotto industriale, seppure di ottima qualità.

Chiudo qui l’excursus storico. Spero sia chiaro ora il nesso logico tra un decreto ducale sulla purezza della birra del 1516 e il protezionismo tedesco. Aggiungo che la libertà di commercio e le unioni doganali tra paesi con culture diverse, aperti alle novità straniere come Francia e Italia o “autoprotezionisti” come la Germania è il classico piège à cons (trappole per fessi) del monopensiero liberal moderno, nonché una delle cause dell’enorme surplus commerciale tedesco. Il protezionismo nascente in USA (500 miliardi di deficit commerciale) è solo l’inizio della reazione a una situazione insostenibile e ingiusta.


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