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Il Consiglio di Ministri vara le norme per il Bail In bancario. Manca la trasparenza.

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La scorsa settimana, dopo aver rischiato una procedura di infrazione, il Consiglio dei Ministri ha approvato le regole relative al Bail In bancario, in obbedienza alle direttive europee.

Come sappiamo Unione Europea ha emesso un insieme di direttive per regole il sistema bancario. Queste regole sono coerenti con il fatto che, dopo la creazione della unione monetaria, la moneta non è di nessuno , ed è una sorta di “Debito” che tutti i paesi ed i cittadini hanno nei confronti della Banca Centrale Europea. Questo ha creato il curioso fenomeno per cui la BCE è l’unica banca centrale al mondo che NON tutela i risparmiatori, lasciando che siano loro a pagare per gli eventuali errori delle banche.

Fatta questa premessa metodologica, cosa prevedono le nuove norme:

In caso di necessità di una procedura concorsuale di un istituto bancario, l’unico strumento disponibile è la Liquidazione Coatta Amministrativa. In questo caso a rispondere saranno in primo luogo gli azionisti, quindi gli obbligazionisti, secondo la classificazione  dei titoli stessi, e quindi…… i correntisti con attivi superiori ai 100 mila euro. Questo principio, voluto dalle autorità europee per limitare “L’apporto del capitale statale”, è distruttivo del principio generale applicato sinora di tutela dei risparmiatori correntisti, e colpisce gravemente la fiducia del pubblico nel sistema bancario. Del resto che strumenti hanno i correntisti per conoscere la solidità della loro banca ?

La normativa prevede altri due strumenti per il salvataggio degli istituti di credito: la conversione in azioni degli strumenti di capitale (obbligazioni subordinate), cioè il cosiddetto “Write down”,  e la “Risoluzione” dell’istituto di credito a cura della Banca d’Italia.

La “Risoluzione” non è altro che la riorganizzazione dell’istituto bancario con la quale la BI cerca di tutelare la continuità dell’istituto bancario con una serie di operazioni straordinarie quali:

  • la cessione in tutto o in parte delle azioni della banca in crisi;
  • la creazione di enti ponte (bridge bank) per guidare la ristrutturazione bancaria e ricondurre l’ente sul mercato;
  • la creazione di istituti per regolare la gestione dell’attivo (bad banck).

Comunque  nel caso di risoluzione ai creditori deve essere garantito un trattamento migliore rispetto all’eventuale liquidazione coatta amministrativa.

In caso di liquidazione coatta amministrativa la BI può escludere alcuni crediti dalla procedura di liquidazione coatta (quindi dalle perdite relative) sino ad un massimo dell’ 8%. Sono poi escluse le passività garantite dal capitale e le passività verso il sistema interbancario a brevissimo termine, questo per almeno non mettere in crisi i servizi di clearing interbancario.

Comunque la normativa ha, chiaramente, due grossi limiti:

a) Un limite concettuale. Viene messa fine all’impegno quasi assoluto per l’autorità monetaria di tutelare i risparmiatori. Vero è che i limiti sui conti correnti sono alti, ma comunque è il principio di responsabilità dei correntisti ad essere importante. Questo mette i risparmiatori nella necessità di selezionare banche affidabili e di raccogliere informazioni sulla solidità degli istituti di credito che, solitamente, sono fuori dalla disponibilità del cittadino medio. Purtroppo questa scelta è figlia dell’euro e della fine , da parte degli stati nazionali, del possesso della potestà monetaria: nelle grandi crisi degli anni ’20 e ’30 i correntisti non avevano perso un centesimo, e lo stesso accadde per i correntisti di Banca Privata Italiana e di Banco Ambrosiano. Da ora in poi non sarà più così. L’ABI si è resa conto del vulnus di fiducia che si è  venuto a creare,e cercherà di ovviarvi, almeno in modo parziale  e quindi creerà un istituto di garanzia dedicato a ricapitalizzare le banche in difficoltà. Si tratta di un istituto intelligente, ma che comunque non potrà mai dare le garanzie di una Banca Centrale con potere di emissione.

b) Un limite operativo tipicamente italiano. Come giustamente notato da Paolo Fior su “il Fatto” , mentre le direttive europee richiedevano, soprattutto nelle procedure di “Risoluzione”, una trasparenza delle procedure, con un controllo ex ante ed ex post sulla correttezza del trattamento degli azionisti e degli obbligazionisti, al contrario la decisione del consiglio dei ministri prevede addirittura che le informazioni e le procedure messe in atto dalla banca d’Italia siano sottoposte a segreto d’ufficio. Si tratta di una decisione contraria allo spirito della direttiva europea, ad ogni criterio di gestione del controllo democratico e soprattutto illogico: se  ci sono alla base timori che le notizie possano far sorgere dubbi sulla solidità del sistema bancario, questi dubbi si sciolgono con una maggiore ed aperta comunicazione, non imponendo il segreto, Questa scelta avvicina l’Italia maggiormente alla Cina ed ai paesi a democrazia autoritaria, più che a quelli a democrazia occidentale. Inoltre crea quella fastidiosa sensazione che la legislazione sia costruita per favorire una soggettività operativa assoluta, come è avvenuto in alcuni recenti salvataggi bancari, quali  Banca Popolare di Spoleto e Banco di Desio.  Chi controllerà l’operato dei funzionari della Banca d’Italia ? Chi sarà responsabile di eventuali errori ?

Speriamo che nei prossimi necessari passaggi in commissione parlamentare ed in parlamento almeno la seconda stortura venga corretta in direzione di una maggiore trasparenza operativa.

 


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