Politica
Il Centrodestra in Puglia sfoglia la margherita
Mentre a sinistra i giochi sono fatti, in Puglia, il Centrodestra sta ancora cercando il proprio candidato ideale

Per cercare di capire come mai una regione, storicamente certamente più vicina al centro destra che alla sinistra, come la Puglia, sia governata dalla sinistra da ormai un ventennio, è una dinamica che forse andrebbe analizzata, facendo un rapido excursusdi questi ultimi vent’anni di politica pugliese.
A cominciare dall’ estate del 2005, quando l’allora giovanissimo presidente della Regione, Raffaele Fitto, fu sconfitto di strettissima misura (poco più di 15.000 voti di scarto) da Nichi (diminutivo datogli dal padre, sembra in onore del leader sovietico Nikita Krusciov) Vendola, allora deputato di rifondazione comunista. Una svolta verso la sinistra che sorprese molti all’epoca e che poggia però le sue radici in una sostanziale divisione che crebbe tra le diverse anime del centrodestra.
Da allora, infatti, negli ultimi vent’anni, la Puglia è rimasta sempre saldamente nelle mani del centrosinistra. “Non c’è forse una motivazione precisa o, meglio, non solo una, per spiegare questa situazione- dice un consigliere regionale di Fdi- Certamente in alcuni casi si è creato un certo attrito tra i vari partiti della coalizione. Basti pensare al balletto che ha fatto la Lega con la candidatura forte di Fitto alle ultime regionali del 2020.
E poi certamente occorre dire che noi non siamo stati bravi a comunicare ai cittadini il fatto che la Regione, prima sotto Vendola, e poi soprattutto sotto Emiliano, era stata trasformata in un centro di potere clientelare, quasi una sorta di comitato di affari. Emiliano è stato bravissimo ad inglobare all’interno della sua coalizione, anche ampi strati di centri di potere da sempre vicini al centrodestra. Ma come effetto abbiamo assistito ad una Regione in preda ad un totale immobilismo”.
In Puglia la grande esperienza della cosiddetta “primavera pugliese “vendoliana, nome che evocava quella finita più tragicamente di Praga del 1968, non rispecchiò alla resa dei conti, le grandi attese che aveva creato. “La politica ideologica della sinistra non è riuscita a migliorare la sanità, né a dare impulso alla competitività dell’industria pugliese. Sui rifiuti la sinistra è rimasta ancora al no ideologico a termovalorizzatori ed inceneritori.
Basta pensare la durissima opposizione che ha fatto verso la necessaria realizzazione dell’inceneritore di Modugno, quando era sindaco della città, proprio l’attuale candidato del centro sinistra.” dice un vecchio dirigente locale di Forza Italia. E d’altra parte l’ambientalismo di maniera per la sinistra qui è diventato un marchio di fabbrica, come ha dimostrato proprio la seconda esperienza di governo di Vendola.
All’inizio del suo secondo mandato, infatti, il poeta di Terlizzi, identificando la “green economy” come un modello fondamentale di sviluppo alternativo a quello considerato “distruttivo per l’ambiente”, fece approvare una legge tra le più permissive d’Europa sul rilascio delle autorizzazioni per gli impianti di energia rinnovabile. Il risultato fu che una schiera di famelici investitori (in gran parte anche stranieri), sbarcarono in massa in Puglia per installare una miriade di impianti solari ed eolici, per poi col tempo fuggire col “malloppo” (sotto forma dei generosi incentivi statali che paghiamo ancora salatamente sulle bollette).
La sua stagione poi si concluse con lo scandalo legato alle accuse di concussione per le indebite pressioni che avrebbe fatto sull’Arpa, per la questione dell’inquinamento dell’Ilva. L’esperienza della sinistra al governo della Puglia fu quindi un mezzo fallimento, certificato dal cambio paradigmatico che Michele Emiliano impresse alla politica regionale nel 2015, durante la sua prima tormentata esperienza al governo pugliese.
Pochi forse ricordano le liti interne al Pd guidato dall’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi, che mal digeriva l’autonomia e il trasformismo del governatore pugliese. Emiliano cominciò quel percorso di opportunismo e trasformismo politico che minò alle base il consenso del centrodestra in regione, e che attirò ampi pezzi della società civile e politica, soprattutto barese, allargando la base del consenso di Emiliano e del centrosinistra pugliese.
Ed è proprio questo modo di fare politica che avrebbe spinto Antonio Decaro a chiedere un passo indietro ad Emiliano. “Il governatore pugliese in altre parole ha capito, un po’ come Vincenzo De Luca in Campania che il Pd da solo non poteva farcela e quindi hanno fatto di necessità virtù. Decaro può contare su un suo personale consenso molto alto, ma il vero valore aggiunto è che il centrodestra non ha un nome forte da contrapporre. Quello che ha fatto Decaro avrà certamente ripercussioni non solo sulla campagna elettorale del campo largo, ma probabilmente anche in caso di vittoria quasi certa, sulla sua presidenza che giocoforza risentirà di questa forzatura che alla fine si è trasformata in un segnale di debolezza da parte sia del candidato del Pd e sia dello stesso PD.” dice un ex consigliere regionale del partito democratico.
Ma tutto questo trambusto nel campo largo non è riuscito a produrre fino ad ora un nome forte da parte del centrodestra, che potesse contrastare l’incertezza del campo avverso. Nell’ultimo vertice di maggioranza a Palazzo Chigi, non si è parlato di Regionali, ma la premier ha fatto comunque intendere di voler chiudere il cerchio presto, magari anche entro la fine di questa settimana. In Puglia dopo la fine della telenovela Decaro, infatti, la sensazione è che ormai sia questione di qualche giorno prima di arrivare finalmente alla formulazione del prescelto.
Mentre scendono le quotazioni del forzista Mauro d’Attis, salgono quelle di un profilo civico, anche se resterebbein campo anche l’ipotesidi un politico del partito della premier (Marcello Gemmato, ancora pochi giorni fa, ha ribadito la sua disponibilità a candidarsi). I nomi dei civici maggiormente spendibilisembrano essere rimastiquelli del direttore di Tg Norba Enzo Magistà, sponsorizzato da Gemmato e quello dell’ex presidente di Confindustria Puglia, Sergio Fontana, che sembrerebbe in leggero vantaggio, malgrado ancora due giorni fa negasse con forzala sua disponibilità a candidarsi. Ma nel centrodestra la sorpresa è sempre dietro l’angolo, quando si parla di elezioni locali. E non si esclude che si possa arrivare anche ad un nuovo nome, tenuto fino ad ora nell’ombra.
Quello che occorre, come ha anche riconosciuto lo stesso Gemmato, è che bisogna prendere una decisione in fretta, per non dare ulteriore vantaggio ad una candidatura del centro sinistra già forte di suo. Si tratterebbe. Sempre secondo alcune fonti, di mettere d’accordo Lega e Forza Italia, dopo qualche attrito creatosi, nei giorni scorsi, sul nome del forzista Mauro d’Attis. Intanto proprio dalla Lega arriva una notizia importante relativa alla Puglia, e cioè che il vicesegretario del partito, Roberto Vannacci, dato fino a sabato come quasi certo candidato capolista per la Lega, non verrà candidato.
La sensazione che si ha è quella che il centrodestra stia aspettando anche di vedere come evolve la querelle Emiliano Decaro, che pare tutt’altro che risolta. La riprova di ciò è arrivata alla inaugurazione della Fiera del Levante a Bari sabato scorso. Chi si aspettava, infatti, una stretta di mano o uno dei consueti abbracci fraterni tra Michele Emiliano e Antonio Decaro è rimasto deluso. La tanto attesa pace tra il governatore uscente e l’ex sindaco di Bari, insomma, non c’è stata. Anzi, nel suo ultimo discorso da presidente della Regione, Emiliano ha ricordato che i successi del “modello Puglia”, che ha consentito al centrosinistra di “vincere tutto” negli ultimi 20 anni, sono dovuti soprattutto al rifiuto “dell’uomo solo al comando”. A buon intenditore…

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