Attualità
Il capolavoro di Meloni in Europa che spacca la sinistra europea
Il via libera alla nomina di Raffaele Fitto è stato un vero e proprio capolavoro della premier Giorgia Meloni. Ha ottenuto quello che voleva, riuscendo nel non facile compito di spaccare la maggioranza che ha governato l’Europa nell’ultima legislatura. Inoltre ha rafforzato la sua posizione di centralità e contribuito a creare una ulteriore spaccatura anche all’interno delle stesse sinistre in Europa.
E’ riuscita a capovolgere la situazione che pareva non facile, togliendo il suo uomo dalle spine ( ad onor del vero in questo ha contribuito grandemente anche la grande abilità diplomatica di un politico navigato come Fitto) e facendo ricadere sulla candidata socialista la spagnola Teresa Ribera il peso del difficile accordo tra le forze di maggioranza al Parlamento europeo.
Giù nelle audizioni di martedì scorso, infatti, era apparso chiaro che il vero motivo del contendere non sarebbe stato Fitto ( la sua audizione sarebbe da fare vedere in loop in tutte le scuole di formazione politica), come si pensava, ma proprio la Ribera, messa letteralmente in croce dai popolari per la sua cattiva gestione della tragedia a Valencia
La sinistra obtorto collo ha dovuto adeguarsi alla sottile tela che Meloni e Raffaele Fitto hanno costruito fin da luglio, per arrivare alla meta con il massimo risultato possibile. Adesso manca l’ultimo tassello il voto in plenaria del 27 novembre. I socialisti francesi, tedeschi hanno già annunciato il loro voto contrario. Stessa cosa faranno i verdi. Ma in soccorso è pronta l’agguerrita pattuglia di eurodeputati della Meloni, che chiaramente voterà si alla nuova commissione con Fitto come vicepresidente esecutivo.
Difficile immaginare che si possa arrivare ad un voto contrario al bis di Ursula, anche se in politica mai dire mai. Ma se come è probabile la nuova commissione otterrà a Strasburgo il via libera, il capolavoro di Giorgia si potrà dire completato.
E’ chiaro che l’intento della Meloni, come ha anche apertamente dichiarato più volte, fosse quello di emulare anche in Europa una situazione simile a quella italiana. Creare intorno ad un progetto comune una intesa tra le forze di centro destra. Al progetto in realtà ha lavorato duramente e proficuamente, nei suoi nove anni a Bruxelles, proprio Raffaele Fitto. Proprio con la sua nomina comincia a prendere sempre più forma questi disegno, in cui proprio Giorgia Meloni funge da ponte tra i popolari europei, la forza maggioritaria a Bruxelles e i patrioti a destra.
Certamente la Meloni è stata bravissima a sfruttare appieno l’estrema debolezza dei suoi principali rivali in Europa, come Macron, Scholz e Sanchez, per ragioni diversi fortemente indeboliti in patria. Il governo italiano può invece contare su un consenso ancora alto e con una maggioranza comunque stabile e solida. Chi esce ancora sconfitta invece è la Schlein, che ha avuto un atteggiamento assai ambiguo sul candidato italiano.
Il Pd, come ha giustamente osservato Nicola Procaccini, copresidente meloniano dell’ECR, infatti, ancora una volta, ha fatto prevalere gli interessi di parte, rispetto a quelli nazionali, “Ancora una volta Pd, M5S e Avs non sono riusciti a far venir meno la preferenza di partito rispetto all’appartenenza nazionale. Left (M5S) e Green (Avs) hanno votato contro e hanno scritto in allegato parole di fuoco” ha detto Procaccini.
Il fatto che poi, a favore della nomina di Fitto, siano arrivate anche le parole del presidente Mattarella, che ha ricevuto al Quirinale la settimana scorsa proprio Fitto ( verso il quale più volte ha mostrato di nutrire sincera stima), e successivamente quelle di Romano Prodi e Mario Monti, hanno reso la posizione attendista del pd ancora più imbarazzante per la segretaria Schlein.
In un colpo solo Giorgia Meloni ha fatto emergere tutta la sua autorevolezza di fronte invece ad una segretaria del Pd, che pur avendo la delegazione più numerosa nel gruppo socialista a Bruxelles, si è fatta dettare l’agenda da Sanchez e dalla truppa che ha difeso a spada tratta la connazionale Ribera. Perché parafrasando il buon De Gregori si potrebbe chiosare non è dai piccoli particolari ( la vittoria in Umbria) che si giudicano i grandi politici, ma dal coraggio e dalla autorevolezza. Doti che Meloni possiede in grande abbondanza, sulla Schlein invece forse è meglio soprassedere.
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