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Il bitcoin diventa mainstream di Marcello Bussi

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Il bitcoin sta per diventare mainstream e mette a segno un nuovo record a 6.415,28 dollari. La notizia destinata a cambiare il mondo delle criptovalute è questa: Cme Group, la società che gestisce il più ampio mercato di derivati al mondo, entro la fine dell’anno lancerà i future sui bitcoin. Si potranno quindi sottoscrivere e scambiare contratti per vendere e acquistare moneta digitale in una data futura. In poche parole, puntare su un suo rialzo o su un suo ribasso.

Restano ancora alcune incognite sul piano della regolamentazione, ma Cme, ha sottolineato il ceo del gruppo, Terry Duffy, ha voluto assecondare «il crescente interesse dei clienti nel mercato delle criptovalute». Il prezzo dei bitcoin, esposto a un’elevata volatilità, avrà come riferimento il Cme Cf Bitcoin Reference Rate, un indice creato nel novembre 2016 che determina la valutazione raccogliendo dati dalle maggiori piattaforme di scambio e fissa, una volta al giorno, il prezzo in dollari.

Con il lancio del future gli investitori istituzionali (compresa JP Morgan, il cui ceo Jamie Dimon ha definito il bitcoin «una truffa») cominceranno a investire massicciamente nella criptovaluta e a determinarne così il prezzo. Qualcuno sostiene che il lancio del future sul bitcoin porterà a una minore volatilità della criptovaluta e a una sua più diffusa accettazione come moneta di scambio. I puristi ritengono invece che questo potrebbe essere addirittura l’inizio della fine del bitcoin. Una volta cooptato dalla finanza tradizionale, perderebbe infatti le sue caratteristiche di bene rifugio assimilabile all’oro. Il bitcoin finirebbe nel calderone dei future sulle altre commodity.

In caso di una crisi finanziaria globale sulla falsariga del 2008, seguirebbe lo stesso trend del petrolio: scenderebbe invece di salire. E le grandi istituzioni finanziarie preferirebbero continuare a utilizzare l’oro come bene rifugio invece del bitcoin. I complottisti temono addirittura una mossa destinata a ucciderlo. È probabile che per attirare gli investitori tradizionali, all’inizio Wall Street faccia salire in maniera parossistica le quotazioni del bitcoin per poi cominciare a shortarlo con una scusa qualsiasi. Il pensionato dell’Illinois rimarrebbe scottato e la reputazione della criptovaluta subirebbe un danno difficilmente rimediabile. Così il bitcoin diventerebbe un asset marginale, su cui, per esempio, JP Morgan continuerebbe a fare trading con volumi irrilevanti se paragonati al mercato azionario. Altro che valuta alternativa, come sta succedendo in pratica in un Paese come lo Zimbabwe, la cui moneta fiat è afflitta da anni dall’iperinflazione e non vale niente a confronto del dollaro.

Destinato a nuovi rialzi entro la fine dell’anno grazie alla decisione del Cme, il bitcoin nel medio periodo rischia di diventare una sorta di valuta di seconda fila come la lira turca, oggetto di speculazione ma che nessuno metterebbe mai in pianta stabile nel proprio portafoglio. Questo è lo scenario peggiore, ma forse è anche il più probabile. Per i puristi, quella di ieri rischia di essere ricordata come una giornata nera.

Marcello Bussi, MF 1 novembre 2017


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