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Ida Magli e Massimo Fini: voci fuori dal coro su Giovanni Paolo II

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Giovanni Paolo

Abbiamo assistito la scorsa domenica alla santificazione di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII avvenuta in pompa magna. All’interno dei media trovare voci discordanti al coro di unanime elogio per i due novelli santi è impresa assai ardua. Ora, quando sul soglio di Pietro sedeva Giovanni XXIII dovevo ancora nascere e quindi non ho un’idea molto chiara sul personaggio, ma il papato di Giovanni Paolo II l’ho vissuto in diretta come credo quasi tutti i lettori e onestamente sul novello canonizzato di Cracovia ricordo una serie di episodi assai poco edificanti, episodi che mi spinsero a dire, all’epoca della sua beatificazione, che la novella di Boccaccio “Cepparello da Prato” era divenuta realtà

Bisogna dire che Karol Woityla nel suo pontificato non s’è fatto mancare nulla: dall’orrore della pedofilia che ha fatto crollare la fede della un tempo cattolicissima Irlanda ai vari scandali finanziari riguardanti personaggi come Marcinkus e Calvi. Insomma, nonostante il coro popolare e mediatico che lo ha voluto “Santo Subito”, poi tanto santo Giovanni Paolo II non era. Inoltre il pontificato di Giovanni Paolo II è coinciso con un periodo di autentico tracollo del cattolicesimo in Europa e nelle Americhe. Mai come durante il regno del pontefice polacco il cattolicesimo è divenuto tanto irrilevante ed emarginato a livello politico e soprattutto culturale ed intellettuale. E mai come durante il suo lungo pontificato s’è assistito ad un tale crollo del cattolicesimo. Propongo quindi al lettore due articoli piuttosto critici sul novello santo firmati da Ida Magli e Massimo Fini che ritengo pongano interessanti riflessioni su questo personaggio molto più controverso di quanto la litania mediatica del “Santo Subito” possa far pensare.

Ida Magli

UNA GIORNATA SENZA VANGELO 

di Ida Magli

La giornata della canonizzazione dei papi è una giornata senza Vangelo e senza Gesù, contro il Vangelo e contro Gesù. L’esaltazione che la Chiesa fa di se stessa dichiarando “santi”, ossia perfetti seguaci di Gesù, i rappresentanti del potere della Chiesa incarnato nei Papi, è veramente degna della pompa medioevale, quando appunto erano i Re, i Principi, i Fondatori degli Ordini a essere immediatamente posti sugli altari in qualità di Santi, proposti alla venerazione dei popoli per le loro virtù nell’esercitare il potere. Ovviamente la maggior parte di coloro che si precipitano a Roma in questa occasione non conosce quasi per nulla i motivi che hanno spinto Ratzinger prima, e subito dopo Bergoglio, ad affrettare al massimo la canonizzazione di Roncalli e di Wojtyla; ma questi motivi sono quasi totalmente dovuti al bisogno di mettere fine, in modo che non fosse più possibile discuterne da parte di nessuno, ai dubbi che hanno accompagnato fino ad oggi le tesi del Concilio Vaticano II, Concilio voluto da Roncalli e avallato da Wojtyla (oltre che ovviamente da Ratzinger il quale è stato per oltre vent’anni, in qualità di Prefetto della Congregazione della Fede, il braccio destro e la guida teologica di Wojtyla). Il folto gruppo dei teologi tradizionalisti, moltissimi credenti cattolici, hanno dibattuto il contenuto del Concilio mettendone in luce tutti gli aspetti più contrastanti con l’interpretazione che la Chiesa ha dato nel corso dei secoli ai testi evangelici, come testimoniano anche gli innumerevoli libri di commento al Concilio che sono stati pubblicati nel corso degli anni. Le canonizzazioni chiudono violentemente ogni discussione: se sono Santi è perché sono stati “perfetti” seguaci di Gesù.

Tuttavia, almeno per quanto riguarda Wojtyla, siamo tutti suoi contemporanei e ne conosciamo bene gli enormi difetti personali, il narcisismo che lo spingeva a “piacere” alle masse in tutti i modi possibili, a cominciare dalla storia a fumetti della sua vita, pubblicata dalla Marvel Comics Group (la stessa che ha pubblicato l’Uomo Ragno e tutti gli altri Supereroi della fantasia popolare) e autorizzata dal Vaticano per poi proseguire secondo un ben chiaro tracciato di “marketing religioso” con l’esibizione divistica della prestanza e del fascino del suo fisico, con l’insistere nel far identificare l’uomo Wojtyla con il Papa, tecnica precipua delle star, con i suoi viaggi planetari, che hanno radunato ovunque migliaia e migliaia di persone ma che dal punto di vista del cristianesimo non sono serviti a nulla, come dimostrano, senza possibilità d’ errore, le condizioni in cui Wojtyla ha lasciato l’Europa, l’ America, l’Occidente: privo d’anima, fondato sul denaro, senza famiglie, senza figli, annegato nella corruzione, nel vizio fino fra i suoi sacerdoti. Un fallimento totale. A Wojtyla è stato contestato infatti da tanti cattolici di non aver perseguito con il rigore indispensabile i casi di pedofilia del clero di cui era a conoscenza. Ma gli è stata anche contestata, dalle donne cattoliche sia d’America che d’Europa, una misoginia così radicata e profonda da dettargli, nella Mulieris Dignitatem, affermazioni del tutto erronee e fuori dalla realtà.

Dipendevano soprattutto da questa misoginia gli eccessi imbarazzanti della sua devozione alla Madonna, eccessi molto vicini all’eresia e che infatti il Vaticano ha immediatamente tolto di mezzo con la sua morte. Le canonizzazioni di questi due papi celebrate da altri due papi sono la prova che ciò che resta del Papato è pura rappresentazione.

massimofini

 

WOJTYLA, UNA STAR SENZA PRESA SPIRITUALE

di Massimo Fini

Domani Papa Wojtyla verrà canonizzato a soli otto anni dalla morte. Un tempo la Chiesa ci metteva decenni se non addirittura secoli prima di proclamare qualcuno Santo. Ma la gente (e non solo i cattolici) voleva Wojtyla ‘santo subito’. E così è stato. Sembra che non sia più la Chiesa a indirizzare gli uomini, ma gli uomini a indirizzare la Chiesa.

Premesso che parlo ‘in partibus infedelium’ a me pare che la Chiesa abbia perso la sua proverbiale prudenza, e sapienza, per inseguire quasi tutti gli ‘idola’ della mondanità e della modernità, fra i quali la velocità e la spettacolarizzazione mediatica hanno una parte di primo piano. Proprio Wojtyla ne è stato un emblematico e paradossale esempio. Il Papa polacco, nelle sue strutture più intime e profonde, era portatore di valori spirituali forti, antichi, tradizionali, premoderni, addirittura pretridentini e quindi particolarmente adatto a rilanciare la Chiesa in un’epoca in cui di fronte a una modernità trionfante, dilagante, egemonizzante, che ha fatto terra bruciata del sacro e che sembra travolgere tutto, per contraccolpo si fa sentire prepotente il bisogno di un ritorno a quei valori religiosi o comunque a dei valori che la società laica non ha saputo dare. Inoltre Wojtyla è stato di grand lunga il Papa più popolare del dopoguerra. Eppure mentre la popolarità di Wojtyla è andata sempre crescendo, fino all’apoteosi della sua esibita agonia e della sua morte, nello stesso tempo, parallelamente e quasi in correlazione, sono crollate le vocazioni (crisi del sacerdozio e degli ordini monacali) e la fede, almeno in Occidente, si è intiepidita fino a ridursi, in molti casi, a vuota forma.

La Chiesa in generale e Papa Wojtyla in particolare non sono stati in grado di intercettare quelle montanti esigenze di spiritualità, tanto che sempre più spesso in Occidente molti giovani e meno giovani (direi soprattutto nella fascia fra i 40 e i 50) si volgono verso le religioni orientali, verso il buddismo, verso l’islamismo, oppure si lasciano attrarre dai fenomeni di quella che viene chiamata comunemente la ‘New Age’, dall’esoterismo, dalla magia, dal satanismo e addirittura dall’astrologia, per cercare in qualche modo, un modo povero, confuso, lontanissimo dalla sapienza e dalla raffinatezza psicologica della Chiesa di Paolo, di soddisfare quel bisogno di metafisica.

Come si spiega questo paradosso: un Papa Supestar e una Chiesa che ha visto aggravarsi la sua crisi proprio durante il suo pontificato? Ciò che ha offuscato il messaggio spirituale di Wojtyla e il suo tradizionalismo, divenuto a un certo punto puramente teorico o troppo intimo per essere colto, è stato l’uso a tappeto, spregiudicato e anche abbondantemente narcisistico, dei mezzi di comunicazione della modernità (Tv, jet, viaggi spettacolari, creazione di ‘eventi’, concerti, gesti pubblicitari, ‘papamobile’, ‘papaboys’) per cui, se è vero, come dice McLuhan, che ‘il mezzo è il messaggio’, ha finito per confondersi totalmente con essa. Quando un Papa partecipa, sia pur per telefono, alle trasmissioni di Bruno Vespa perde in credibilità quanto guadagna in popolarità.

Una conferma clamorosa che Giovanni Paolo II avesse una scarsa presa spirituale, in contrasto con la sua enorme popolarità, si è avuta nelle vicende della guerra all’Iraq, contro la quale Wojtyla tuonò più volte nel modo più fermo, senza peraltro riuscire a impedire al cattolicissimo Aznar di parteciparvi.

Papa Wojtyla è stato popolare come lo può essere oggi una grande pop star, ma dal punto di vista spirituale la sua parola ha avuto il peso di quella di una pop star. O poco più.

 Julien Sorel


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