Economia
I telescopi di Confindustria
Ieri è stata diffusa una nota proveniente dal Centro Studi di Confindustria sull’economia italiana, essa dice testualmente che:
«Minore prezzo del petrolio, euro più debole e calo dei tassi a lunga scadenza legato alle misure di Quantitative Easing della Bce, assieme al più vivace commercio mondiale, tendono a dare una spinta del 2,1% del Pil quest’anno e di un altro 2,5% il prossimo».
Negli ultimi anni abbiamo già visto in quali macroscopici errori di valutazione sia incorsa CONFINDUSTRIA, rendendo sempre previsioni completamente sballate e questa rischia di essere l’ennesima volta: vedere un PIL in crescita del +2.1% nel 2015 significa crescere ad un ritmo maggiore del + 0.5% a trimestre di media, cosa che non accade da parecchi anni. Anche laddove il PIL italiano dovesse crescere (cosa non del tutto scontata) lo farà per meno della metà di quanto indicato dal centro studi di via dell’Astronomia: vedere una crescita sarebbe già di per se quasi un miracolo.
L’errore maggiore è relativo alla visione distorta che Confindustria ha dello sviluppo dell’economia mondiale: è di pochi giorni fa l’ennesima revisione al ribasso delle stime di crescita globale da parte del FMI.
Il vantaggio di avere un €uro più debole avrà ricadute positive quasi esclusivamente dal commercio verso gli USA: è l’unico Paese (già nostro importante partner commerciale) con un certo peso di popolazione ad aver avuto una crescita marcata e faccio altresì notare che è stato soprattutto il Dollaro USA a rivalutare verso tutti. Esclusivamente verso la moneta statunitense l’€uro si è svalutato del -18%, mentre contro sterlina UK -8% e contro Yen giapponese -5%.
Se da un lato il calo del prezzo delle materie prime (quasi tutte denominate in USD) viene visto in modo positivo (minor costo per produrre energia e manufatti), dall’altro bisogna considerare che la forte diminuzione è dovuta ad una domanda globale relativamente scarsa (relativa saturazione del mercato). Se il Petrolio, il rame e i metalli ferrosi sono a meno della metà rispetto al prezzo di 5 anni fa un motivo dovrà pur esserci. Per giunta, i tassi di interesse in quasi tutti i Paesi avanzati schiacciati verso lo ZERO mi raccontano di un’aspettativa deflazionistica globale appena cominciata e i segnali provenienti da Cina, Brasile, Turchia, Russia ecc ne sono la cartina di tornasole.
Ci sarebbero mille altri motivi diversi perchè quanto affermato da Confindustria resti una chimera ma prenderò solo in esame il caso che vi sottopongo.
Il PIL italiano che sale del 2.1% nel 2014 porterebbe 32 mld ca di ricchezza nominale aggiuntiva.
Considerando da che punto partiamo e di come siamo messi oggi, per far si che il PIL italiano possa salire del 2,1%, ad essere ottimisti, almeno i 2/3 della crescita dovrebbero provenire dall’export, ovvero l’1,4%.
Partiamo dai numeri: nel 2014 la Bilancia commerciale italiana (differenza tra esportazioni – importazioni) è stata grosso modo pari a + 45 miliardi di €uro ca.
Un punto % di PIL italiano è pari a circa €16 miliardi, ergo 1.4 punti % di PIL sono pari ad €22,4 mld.
Per arrivare a tale somma vorrà dire che le esportazioni italiane dovranno complessivamente aumentare del +50%.
Sarà possibile un tale exploit, considerando che i nostri maggiori partner abituali (Germania e Francia) sono europei e lì la svalutazione non darà alcun risultato? E faccio anche notare che abbiamo perso rilevanti quote di export a causa delle sanzioni alla Russia, da sempre nostro partner commerciale d’eccellenza.
Di conseguenza, per ambire a quei risultati, significa che la crescita extra UE dovrà essere almeno pari al +100%!!!
Questi sono degli INGUARIBILI OTTIMISTI e come sempre verranno smentiti puntualmente dalla matematica.
Consiglierei loro due cose:
1) cambiare di corsa i telescopi di “via dell’Astronomia”;
2) consultare il divino Otelma.
Roberto Nardella
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