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Attualità

I sindacati, l’Europa, il lavoro e il diritto di sciopero

Pubblicato

il

di Davide Gionco
14.06.2019

Oggi i sindacati FIOM-CGIL, FIM-CISL e UILM-UIL, hanno organizzato uno sciopero dei metalmeccanici, con 80-280 mila persone nelle varie piazze d’Italia, per chiedere al governo ed alle imprese di mettere al centro il lavoro, gli investimenti industriali e i salari.
Una discreta adesione, anche perché è evidente a tutti che tutti i posti di lavoro dei metalmeccanici in Italia oggi sono a rischio e sostanzialmente precari.
Certo siamo molto distanti dalle imponenti manifestazioni sindacali degli anni ’70-’80, quando effettivamente i lavoratori riuscivano a condizionare le scelte degli industriali e ad ottenere migliori condizioni per i lavoratori, al punto che neli primi anni ’80 i lavoratori italiani arrivarono a risparmiare mediamente oltre il 25% del proprio reddito.

Sono gli stessi sindacati che non perdono occasione, magari pure in accordo con gli iper-liberisti della Confindustria, di riporre la propria fiducia nelle soluzioni provenienti dall’Unione Europea.
Proprio la stessa Unione Europea che adotta come fondamento delle proprie politiche economiche, che impone a tutti gli stati (fatta eccezione per Germania e Francia), il parametro del NAIRU, il tasso di disoccupazione che, secondo loro, garantisce la non crescita del tasso di inflazione.
Il parametro del NAIRU prevede per l’Italia un tasso di disoccupazione “necessario” per tenere l’inflazione sotto al 2% di circa l’11%.

Le conseguenze di questo parametro sono che l’Unione Europea calcola il “deficit strutturale” che il governo italiano non deve superare, ovvero vengono limitate le possibilità di stimoli pubblici all’economia, tramite maggiori investimenti e tramite riduzioni di imposte agli industriali che investono, che garantirebbero una diminuzione del tasso di disoccupazione.
E un alto tasso di disoccupazione significa una riduzione dle potere contrattuale dei lavoratori. Chi chiede un aumento di salario rischia di essere licenziato; chi chiede che vengano rispettati i propri diritti sociali viene licenziazo; chi sciopere viene licenziato, ovviamente.

Ed è naturalmente la stessa Unione Europea che ci impone di adottare la moneta unica e di non porre barriere doganali, in modo che un industriale italiano debba essere messo in concorrenza diretta con i concorrenti che producono il Slovacchia o in Romania, sapendo che in quei paesi i salari e i diritti sociali sono molto inferiori a quelli italiani.

Alla luce di queste considerazioni, rileggiamo la storia.

  1. L’Unione Europea impedisce al governo italiano di fare più investimenti per lo sviluppo industriale (come giustamente chiedono i sindacati), per aumentare l’occupazione ed i salari.
  2. Il fatto di avere un alto tasso di disoccupazione alto, superiore al 10%, riduce fortemente il potere contrattuale dei lavoratori e dei sindacati.
  3. Il fatto di avere la moneta unica incentiva la chiusura di sedi produttive in Italia (come Whirlpool insegna) e l’apertura di sedi produttive in altri paesi dell’Unione Europea.
  4. Conclusione: pochi lavoratori possono permettersi il lusso di protestare (a parte quelli pubblici, che sono sempre di meno), pochissimi industriali hanno ancora il coraggio di fare investimenti produttivi in Italia, lo Stato non è autorizzato a condurre politiche di stimolo dell’economia per aumentare l’occupazione.

Però i sindacati continuano a manifestare in favore dell’Unione Europea e contro l’ennesimo governo che non può fare nulla, dovendosi piegare agli obblighi dell’Unione Europea che danneggiano l’economia italiana.
E, naturalmente, anche gli industriali non perdono occasione di chiedere al governo di turno di fare quello che chiede l’Unione Europea, dopo di che continuano a chiudere stabilimenti e ad aprirli fuori dall’Italia.

L’Italia avrebbe davvero bisogno di un nuovo sindacato, consapevole dei “moderni” meccanismi che riducono i diritti dei lavoratori.
E avrebbe bisogno di una nuova confindustria, consapevole dei “moderni” meccanismi che impediscono di fare impresa in Italia.
Non pensiamo che i partiti ed il governo possano fare tutto da soli.

Chi fosse interessato a costituire un sindacato serio o una seria associazione di industriali, ci contatti: [email protected]


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