Attualità
I “pandemic bonds” della Banca Mondiale sotto esame dopo il mancato pagamenti per l’epidemia di Ebola
I “pandemic bonds” della Banca Mondiale sotto esame dopo il mancato pagamenti per l’epidemia di Ebola
Lo scorso 1° febbraio si è dimesso, in modo inatteso, il presidente della Banca Mondiale Jim Yong Kim. Le dimissioni sono state motivate dalla sua volontà di andare a lavorare per un Hedge Fund di cui non ha voluto fare il nome.
La Banca Mondiale dovrebbe essere uno strumento di sviluppo dei paesi poveri, mentre in realtà agisce nel solo interesse dei fondi speculativi internazionali, senza che i paesi poveri ne traggano benefici.
E’ evidente che chi investe dei fondi di milioni, miliardi di dollari, non lo fa per beneficienza, ma per portare via più di quanto ha investito.
L’ultimo scandalo che ha colpito la Banca Mondiale è il fallimento dei “pandemic bonds”, dei fondi ideati da Jim Yong Kim per “assicurare” i paesi poveri contro il rischio di pandemie, come quella che ha già fatto negli ultimi mesi centinaia di morti nella Repubblica Democratica del Congo.
La pandemia si è diffusa, le persone sono morte, ma gli investitori non hanno speso neppure un dollaro per salvare la vita delle persone, mentre hanno puntualmente riscosso il rendimento di +11,1% sul tasso LIBOR su un investimento di 320 milioni di dollari, a spese dei contribuenti di Germania e Giappone, paesi che si erano resi garanti per questa operazione.
E’ criminalmente ingenuo o semplicemente criminale sostenere che dei fondi speculativi privati possano avere a cuore il destino dei congolesi che si ammalano di Ebola?
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Il grave focolaio della malattia nella Repubblica Democratica del Congo mette alla prova i limiti dell’innovazione finanziaria
di Kate Allen, Londra, 21 Febbraio, 2019
Due anni fa la Banca Mondiale ha celebrato quello che ha definito “un passo importante”: un tentativo di utilizzare i mercati obbligazionari globali per cambiare il volto degli aiuti e dello sviluppo.
La Banca aveva appena venduto i suoi primi “pandemic bonds”, raccogliendo 320 milioni di dollari da investitori privati, in un accordo progettato per aiutare le nazioni in via di sviluppo alle prese con una grave epidemia di malattie infettive.
E’ stato un modo di “sfruttare la nostra esperienza nel mercato dei capitali”, disse l’allora presidente Jim Yong Kim, “per servire le persone più povere del mondo”.
Solo un anno dopo, una grave epidemia di Ebola ha colpito la Repubblica Democratica del Congo. Fino ad ora ha mietuto quasi 500 vittime ed è diventata, secondo Medici Senza Frontiere, la seconda più grande epidemia mai registrata. Eppure i bond non hanno ancora pagato un centesimo.
Una linea di credito d’emergenza collegata alla Banca Mondiale ha pagato alla Repubblica Democratica del Congo più di 11 milioni di dollari e ci si prepara ad un ulteriore esborso. Ma la mancanza di sostegno fino a questo momento da parte dei “bond pandemici”, che matureranno nel Luglio del 2020, ha sollevato interrogativi sui limiti dell’innovazione finanziaria. I criteri delle obbligazioni includono la clausola per cui una malattia deve diffondersi attraverso un confine internazionale prima che la nazione colpita possa ricevere il denaro, cosa che finora non è avvenuta con l’Ebola nella Repubblica Democratica del Congo.
I critici sostengono che tali strutture legalistiche non siano una “facile” soluzione per lo sviluppo e gli aiuti caritativi.
“La finanziarizzazione dei rischi è una nuova strada per la privatizzazione dei profitti e la socializzazione delle perdite”, ha dichiarato Bodo Ellmers, responsabile della Rete Europea del Debito e dello Sviluppo (EURODAD).
“Sarebbe meglio se i donatori finanziassero direttamente l’assistenza necessaria”.
Le obbligazioni pandemiche si suddividono in due categorie: una riguarda malattie come l’influenza, che paga agli investitori una rendita del 6,5 % sul LIBOR, e l’altra, che copre l’Ebola e altre malattie pandemiche, paga l’11,1 % sul LIBOR.
Le rendite sono pagate dalle nazioni donatrici, Germania e Giappone. Se le obbligazioni maturano senza aver pagato nulla [per debellare le malattie], gli investitori riavranno indietro il loro denaro più la rendita.
I “pandemic bonds” sono solo un esempio di una tendenza più ampia: gli investitori hanno acquistato “vaccine bonds”, mentre il crescente mercato delle “catastrophe bonds” è un altro esempio di come i finanziamenti privati vengano utilizzati per sostituire le strutture di finanziamento tradizionali, come gli aiuti umanitari in caso di catastrofi.
Secondo la Banca Mondiale, l’obiettivo delle obbligazioni pandemiche è affrontare i mali sociali attraverso gli investimenti privati.
“Se [il giornalista della CNN] Anderson Cooper si reca in una zona disastrata, la comunità internazionale riempirà il cappello della raccolta fondi, ma questo tenderà ad essere più che altro denaro per il recupero e la ricostruzione”, ha dichiarato Michael Bennet, capo della finanza strutturata al Tesoro della Banca Mondiale, riferendosi al presentatore della CNN. “Guardiamo alle emergenze, cercando di ottenere immediatamente i fondi sul posto… il trasferimento di una parte del rischio al settore privato contribuisce ad aumentare l’accumulo di capitali a supporto del rischio in giro per il mondo.”
Ma Bennett ha osservato che la banca ha adottato una definizione “molto letterale” di pandemia come evento che si estende oltre un unico paese. “Guardavamo alle malattie che stavano oltrepassando i confini degli stati: SARS, MERS (un virus respiratorio), Zika, la precedente epidemia di Ebola. “Erano queste le esperienze che avevamo in mente”, ha detto.
Secondo i dati forniti di Bloomberg, il maggior detentore degli Ebola bond è Baillie Gifford. Baillie Gifford si è rifiutato di commentare le sue motivazioni per l’acquisto dei bond quando è stato contattato dal Financial Times.
Lo Stone Ridge Asset Management, un hedge fund di New York anch’esso elencato da Bloomberg come possessore di Ebola bond, non ha voluto rilasciare dichiarazioni.
Heidi Crebo-Rediker, ex capo economista del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e collaboratore al Consiglio per le Relazioni Internazionali, che gestisce la società di consulenza International Capital Strategy, ha dichiarato di “non essere preoccupata” dall’uso di strumenti del mercato dei capitali per raccogliere aiuti finanziari.
“Se esiste, di fatto, un vincolo particolare nel caso dei “pandemic bonds”, allora non si riflette in maniera negativa sul principio dell’utilizzo dei mercati di capitale, ma è un fatto di cui tenere conto quando si progettano strutture di finanziamento future”, ha affermato.
I bond sono un modo utile di finanziare gli aiuti perché i loro proventi possono essere utilizzati come uno “strumento prefinanziato” per le emergenze “in cui è necessario il denaro immediatamente”, ha aggiunto Crebo-Rebiker.
La stessa Banca Mondiale ritiene che vi sia una reale possibilità di ampliare il concetto. Secondo Mukesh Chawla, coordinatore delle strutture di emergenza per le pandemie della Banca Mondiale, i “pandemic bonds” potrebbero contribuire a creare un mercato per assicurare le economie emergenti contro i rischi medici.
“Se riusciamo a mettere in gioco il denaro privato e continuare a migliorare la struttura dei bond e rendere facile e redditizio per i paesi acquistare l’assicurazione, allora questo può diventare un processo attraverso il quale i paesi possono auto-finanziarsi con il passare del tempo, piuttosto che fare affidamento sull’assistenza dei donatori.”
Ma, almeno per ora, alcuni sono scettici.
Tim Jones, responsabile politico alla Jubilee Debt Campaign, ha sottolineato come “i mercati di capitale insistono sul pagamento di grossi premi e rendite, con condizioni rigorose… per ridurre il rischio reale che stanno assumendo”, aggiungendo: “In tali circostanze il settore pubblico rischia di essere sempre quello che ci perde”.
Articolo originale: https://www.ft.com/content/c3a805de-3058-11e9-ba00-0251022932c8
Traduzione a cura di Renato Nettuno
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