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I migranti e il facile buonismo. Gorino, Ferrara, le barricate e l’edicola del Duomo. (di Claudio Pisapia)

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Martoriata Ferrara. Ma non da sola, in fondo tutta l’Italia ha gli stessi problemi di accoglienza da prestare, da rifiutare, da mostrare, da nascondere.

Come fai alla fine a non parlare di migranti. Come diceva qualche anno fa Costanzo al suo Maurizio Costanzo Show: “se oggi non scrivi un libro…non sei nessuno” in riferimento al fatto che tutti i suoi ospiti ne avevano uno da presentare. Oggi, appunto, oltre a scrivere un libro devi parlare di migranti altrimenti saresti come un ferrarese che non va a correre “sulla mura” o va in giro senza un cagnolino ben vestito al guinzaglio.

A Ferrara abbiamo Gorino, razzista, poco accogliente, men che mai giudiziosa, sulle barricate e abbiamo anche un Nicola Lodi, esponente leghista, in prima linea sulle questioni territoriali di denuncia del degrado e dell’accoglienza indiscriminata. E poi abbiamo ovviamente la gente, che si divide e che sempre più sta o da una parte o dall’altra, togliendosi dal centro, spaccandosi e allontanandosi sempre più dalla verità e purtroppo dalla sua ricerca e analisi. La gente che inconsapevolmente sta’ costruendo una barricata meno visibile di quella di Gorino. Forse più pericolosa però, persino più profonda, e non è colpa di chi la sta materialmente alzando ma di chi, forse, avrebbe gli strumenti politici e intellettuali per fermarla.

E poi abbiamo articoli sui giornali, ovviamente pro e contro, quasi mai attenti alle cause ma che vivono di immagini, di spot, di momenti da vendere all’internauta disattento e alla ricerca a sua volta di immagini, di spot e di momenti.

Ha colto oggi la mia attenzione un articolo su ferraraitalia.it, un giornale online sul quale tra l’altro scrivo anche io con sufficiente costanza, che racconta della spontanea bontà di un artista della zona, Giorgio Cattani. L’artista si dichiara scioccato dai fatti di Gorino e pronto all’azione, disponibile ad accogliere in casa sua qualche migrante in difficoltà. Gorino, mio Dio, come è possibile che accadano cose così riprovevoli!

E sono eventi che ti danno la sveglia, indubbiamente. Di fronte alla bruttura della barricata e del rifiuto si sbandiera l’accoglienza, la disponibilità, il palesarsi dell’animo nobile. Che bello!

In ogni donna incinta vediamo nostra madre, sorella, moglie e quindi il dovere di aiutare una donna che equivale ad aiutare noi stessi, a darci pace e riposo. Magari aiutare senza dichiararlo sui giornali, come atto privato e personale, darebbe ancora più dignità al gesto. Ma tant’è! Non ha senso fare qualcosa se nessuno poi lo viene a sapere.

Ecco questa è l’immagine, questo è quanto piace al buonista di turno a cui però non bisogna complicare mai la vita chiedendogli di riflettere sul significato reale del suo gesto e, soprattutto, sulle sue conseguenze. La visione finisce ad un metro dalla sua persona.

Quanto è miope una visione di accoglienza che si ferma a tendere la mano alla persona in difficoltà, e quanto è facile dare una monetina al ragazzo di colore davanti al supermercato, quanto ci vuole a comprare un libro all’altro ragazzo di colore davanti al Duomo di Ferrara, quanta poca difficoltà nel lasciare il resto all’altro ragazzo di colore che ti mostra il parcheggio libero. E zero fatica nel lasciare i soldi, ancora, per il caffè all’altro ragazzo di colore che te lo chiede semplicemente davanti al bar, da cui tu sei uscito sazio di fresca colazione con cappuccino e cornetto, un vero lusso che non ti lascerebbe sereno se tirassi dritto.

Già queste immagini danno il senso del concetto imperante, nostrano, impostoci nostro malgrado, dell’accoglienza che siamo in grado di praticare. Uomini nel pieno delle loro forze in giro ad elemosinare, in mezzo alla gente, lontani dalle agende di governo. 

Ma va benissimo, abbiamo scelto di fare la nostra meravigliosa parte e ogni giorno diamo uno di questi contributi, oppure se siamo proprio danarosi e possiamo permettercelo li facciamo tutti girando con il pacchetto delle monetine a portata di mano. Abbiamo conquistato forse un po’ di cielo, come quando si vendevano le “indulgenze” per costruire San Pietro a Roma.

La prima differenza tra chi lascia la monetina e il già citato artista è che il gesto del primo rimane a se stesso, il secondo diventa veicolo di un’idea contorta di accoglienza, l’accoglienza finita insieme alla semplicità del gesto. Senza un piano, senza un ragionamento ma soprattutto senza la voglia e l’intelligenza di voler davvero risolvere il problema. Prestandosi tra l’altro alla propaganda governativa che usa i migranti per nascondere i suoi fallimenti in politica economica e in politica estera. Non sono capaci di creare un piano serio di controllo dei flussi, non riescono ad aiutare realmente le popolazioni che ne hanno bisogno però li accolgono, li distribuiscono sul territorio grazie all’aiuto di Prefetti, Sindaci e Artisti che cavalcano l’immagine e il momento, con meno visione del futuro dello stesso Governo (possibile? Si!)

Il buonismo settario, inutile, irritante a volte, che abbiamo vissuto a Ferrara e che coinvolge l’Italia tutta in questo destino. Che appare sui giornali, in TV, sui social e che non tiene conto delle ragioni, dei movimenti internazionali, degli interessi contrastanti, delle dinamiche economiche, del debito creato dalle multinazionali in Africa, dei Paesi come l’Italia che continuano a vendere armi a paesi indecenti e a professare le guerre preventive. E non tengono nemmeno conto del fatto che oramai i migranti sono un business per le coop e per gli affaristi in genere. Oggi più che mai uno spot elettorale per i politici che non risolvono i problemi.

Il buonismo settario che confonde migranti, richiedenti asilo, profughi di guerra, gente in cerca di una vita migliore, gente in cerca solo di un lavoro. E che non considera che noi prendiamo queste persone in mezzo al mare, le portiamo in Italia e poi le lasciamo in strada per anni a elemosinare quanto non potremmo mai dargli. E che nel frattempo requisiamo alberghi e case e risorse private a una popolazione che vive in questo territorio, chiamato Ferrara o Italia, con disoccupazione al 11,7%, con disoccupazione giovanile al 39%, con disastri nuovi da terremoto da ricostruire dove ancora non si è finito di sistemare per mancanza di fondi i disastri precedenti. E lo facciamo senza chiedere il permesso, senza rispetto, pretendendolo però per i nuovi arrivati a scatola chiusa e a prescindere.

Li collochiamo, in ordine sparso, in un territorio, Gorino, Ferrara o Italia, dove gli imprenditori non ricevono credito dalle banche che comandano e quindi questi devono abbassare le saracinesche, licenziare persone che poi magari non potranno più pagare il mutuo e finiranno in mezzo alla strada e non ci sarà un artista che li accoglierà in casa perché un italiano che soffre non fa abbastanza audience. Come non commuovono abbastanza evidentemente i più di 4 milioni di poveri assoluti certificati dall’ISTAT, record dal 2005. Questi restano fredde statistiche sull’Ansa e non fanno notizia come magari 2 extracomunitari che aiutano a raccogliere le erbacce ai giardinetti, circondati da telecamere, giornalisti e amici del PD.

Sensazioni di amarezza e serenità passeggiando per Ferrara la mattina, tra il buongiorno delle cose immutabili. L’edicola del Duomo, il caffè con Luca e Sergio e i titoli dei giornali che la vedono divisa tra buoni e cattivi, razzisti e buonisti ad oltranza, tra l’esigenza dell’ordine, della pulizia, della serenità che merita e le bottiglie rotte sullo scalone del Municipio, il ragazzo di colore che ti chiede l’euro fuori dal bar, al parcheggio e al supermercato.

Bisognerebbe, in fondo, chiedersi chi è che sta costruendo davvero le barricate. Se Gorino e la gente di Ferrara oppure il Governo, il Prefetto, il Sindaco o magari l’artista di turno.

 

Claudio Pisapia – ALI Ferrara


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