Seguici su

DifesaEconomiaUSA

Hanwha punta al bersaglio grosso: sottomarini nucleari USA costruiti a Philadelphia. La sfida coreana all’industria americana

Hanwha sfida gli USA in casa loro: il colosso coreano si offre di costruire i sottomarini nucleari classe Virginia a Philadelphia. Un investimento da 5 miliardi per salvare la cantieristica americana e dimostrare la superiorità industriale di Seul.

Pubblicato

il

La Corea del Sud sbarca nella culla della libertà americana e si offre di riparare la macchina bellica a stelle e strisce. Hanwha Group vuole costruire i sottomarini classe Virginia a Philadelphia, lanciando una sfida industriale che ha il sapore di una lezione di efficienza agli Stati Uniti.

C’è una certa ironia della sorte nel vedere i cantieri navali di Philadelphia, storicamente cuore pulsante della potenza navale americana, trasformarsi nell’avamposto dell’efficienza asiatica. Hanwha Group, il colosso della difesa sudcoreano, non si è limitato ad acquistare il Philly Shipyard per 100 milioni di dollari; ora ha messo sul piatto un’offerta che Washington difficilmente potrà rifiutare: costruire i sottomarini a propulsione nucleare della US Navy direttamente sul suolo americano.

Alex Wong, Chief Strategy Officer del gruppo ed ex vice consigliere per la sicurezza nazionale USA, non ha usato mezzi termini durante la conferenza stampa di lunedì: «Siamo pronti a soddisfare la capacità di costruire quei sottomarini qui a Philly quando i governi saranno pronti». Una dichiarazione che arriva poche ore prima dell’endorsement di Donald Trump, che ha definito Hanwha «una buona compagnia», collegandola a un piano di espansione da 5 miliardi di dollari.

Spaccato classe Virginia – da H Sutton

Il divario produttivo americano

Per capire la mossa coreana, bisogna guardare ai numeri, che nel settore della difesa non mentono mai. La US Navy ha un obiettivo ambizioso e, al momento, irraggiungibile:

  • Obiettivo: Una flotta di 66 sottomarini d’attacco nucleare classe Virginia, o equivalenti, entro il 2054.

  • Necessità: Costruire almeno 2 sottomarini all’anno.

  • Realtà: L’industria americana ne produce una media di appena 1,2 l’anno.

  • Stato attuale: Solo 24 sottomarini commissionati ad oggi.

Il sistema industriale americano è ingolfato, carente di manodopera specializzata e incapace di rispettare i tempi. Qui si inserisce Hanwha. Tom Anderson, presidente della divisione cantieristica USA del gruppo, ha sottolineato come la vicinanza di Philadelphia ad altri cantieri strategici e l’integrazione con la catena di approvvigionamento di Hanwha Ocean a Geoje (in Corea del Sud) possano sbloccare l’impasse.

Cantiere Hanwha Ocean, Corea del Sud

Una scommessa sulla supremazia industriale

C’è un sottotesto in questa operazione che va oltre la semplice commessa militare. Questa offerta mostra una fiducia quasi sfacciata di Hanwha nelle proprie capacità industriali. I coreani stanno sostanzialmente affermando di essere in grado di operare sul terreno americano meglio degli americani stessi.

Non si tratta solo di portare capitali, ma di importare un modello. Mentre l’America fatica a rivitalizzare la propria cantieristica, Seul si propone come il “medico” che porta la cura, investendo in strutture, tecnologia e formazione della forza lavoro (+30% di assunzioni dirette rispetto all’anno precedente). È una sfida aperta: confermeranno questa ambizione di superiorità tecnica e organizzativa proprio lì dove l’industria pesante USA ha fallito?

Il “Do ut Des” geopolitico

L’operazione rientra in un quadro più ampio, quello che potremmo definire il progetto “Make America Shipbuilding Great Again” (con soldi coreani). Seul ha promesso investimenti per 150 miliardi di dollari nel settore cantieristico USA. In cambio? Un accordo commerciale che riduce i dazi sulle importazioni di automobili coreane dal 25% al 15%.

È un keynesismo pragmatico e transnazionale: gli USA ottengono la capacità produttiva strategica che il mercato interno non riesce a fornire, e la Corea ottiene accesso al mercato auto e, soprattutto, l’ingresso nel club esclusivo dei costruttori di sottomarini nucleari. Infatti, se il progetto di Philadelphia andrà in porto, le ricadute tecnologiche e la supply chain avvantaggeranno direttamente anche la Marina della Repubblica di Corea.

La tabella di marcia è serrata. Hanwha sta già assumendo talenti con esperienza specifica sui classe Virginia e cerca terreni per espandere i bacini. Resta da vedere se l’orgoglio americano accetterà di farsi insegnare come si costruiscono le navi da guerra più complesse del mondo.


Domande e risposte

È realistico che gli USA affidino la costruzione di sottomarini nucleari a un’azienda straniera? Sì, è realistico per necessità. Sebbene la tecnologia nucleare sia gelosamente custodita, il collo di bottiglia produttivo americano è un’emergenza strategica. Hanwha ha acquisito un cantiere americano (Philly Shipyard), operando tramite una sussidiaria USA (Hanwha Defense USA) e assumendo personale locale ed ex ufficiali americani. La “scatola” è giuridicamente americana, anche se il capitale e il know-how gestionale sono coreani. Inoltre, l’approvazione del CFIUS (il comitato per gli investimenti esteri) segnala che il governo vede l’operazione come sicura e necessaria.

Cosa ci guadagna davvero la Corea del Sud da questo investimento massiccio? Il guadagno è duplice: economico e strategico. Economicamente, si garantiscono una riduzione dei dazi sulle automobili, vitale per il loro export. Strategicamente, entrano nella filiera dei sottomarini a propulsione nucleare. Anche se non ricevono direttamente la tecnologia del reattore, i subappaltatori coreani acquisiranno competenze nella costruzione dello scafo e dei sistemi ausiliari di un sottomarino nucleare, un passo avanti fondamentale per le ambizioni della marina di Seul di dotarsi in futuro di mezzi simili.

Questo accordo rientra nelle politiche di Trump? Assolutamente sì. Trump ha un approccio transazionale: vuole navi, vuole posti di lavoro in Pennsylvania (stato chiave) e vuole che gli alleati paghino o investano. L’accordo rispetta la logica “America First” in modo paradossale: si usa capitale estero per ricostruire la base industriale americana. Trump ha esplicitamente elogiato Hanwha e i 5 miliardi di investimento previsti. È un classico esempio di politica industriale in cui l’obiettivo (le navi) giustifica il mezzo (l’aiuto estero), purché la produzione avvenga sul suolo USA.

Google News Rimani aggiornato seguendoci su Google News!
SEGUICI
E tu cosa ne pensi?

You must be logged in to post a comment Login

Lascia un commento