Economia
Guerra istituzionale a Bruxelles: il Parlamento trascina la Commissione in tribunale sul Fondo per il Riarmo
Un cortocircuito che blocca 150 miliardi di euro destinati alla difesa. La Commissione di Ursula von der Leyen, nel tentativo di accelerare, finisce per sabotare se stessa creando un pantano legale che mette a rischio l’intero progetto di riarmo europeo.
È scontro frontale e senza precedenti nelle istituzioni europee. Il Parlamento Europeo ha ufficialmente citato in giudizio il Consiglio dell’UE presso la Corte di Giustizia Europea per essere stato completamente escluso dalle discussioni sul fondo per la difesa SAFE (Act in Support of Ammunition Production). Un atto curioso e grave che non è solo una questione di principio, ma l’ennesima prova di come il grande piano per il “riarmo” europeo sia impantanato prima ancora di partire, sabotato dalle stesse istituzioni che dovrebbero promuoverlo.
Un Fondo d’Emergenza… senza emergenza?
Il programma SAFE, un colossale strumento di prestito da 150 miliardi di euro, è stato proposto a marzo dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen con l’obiettivo di incentivare la spesa militare e rafforzare l’industria della difesa del continente. La sua approvazione è avvenuta a maggio tramite una procedura d’urgenza che ha di fatto esautorato il Parlamento dal suo ruolo di co-legislatore.
Per aggirare il voto parlamentare, la Commissione ha invocato l’articolo 122 del Trattato sul Funzionamento dell’UE (TFUE), una clausola concepita per situazioni di emergenza eccezionale, come la pandemia di Covid-19. Una forzatura giuridica, secondo il Parlamento, che ha scatenato la crisi. Il 122 TFUE afferma:
1. Fatta salva ogni altra procedura prevista dai trattati, il Consiglio, su proposta della Commissione, può decidere, in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, le misure adeguate alla situazione economica, in particolare qualora sorgano gravi difficoltà nell’approvvigionamento di determinati prodotti, in particolare nel settore dell’energia.
2. Qualora uno Stato membro si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali o di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo, il Consiglio, su proposta della Commissione, può concedere a determinate condizioni un’assistenza finanziaria dell’Unione allo Stato membro interessato. Il presidente del Consiglio informa il Parlamento europeo in merito alla decisione presa.
“L’uso dell’articolo 122 per SAFE è stato, a nostro avviso, proceduralmente scorretto e semplicemente non necessario,” ha dichiarato il servizio stampa del Parlamento. “Mina la legittimità democratica agli occhi dei cittadini, e non esiste parlamento al mondo che lo accetterebbe.” Effettivamente parlare di emergenza per la Difesa europea sembra eccessivo.
La Commissione sabota Se Stessa
Qui emerge l’incredibile paradosso: un’iniziativa nata per agire “il prima possibile” si trova ora invischiata in una battaglia legale che ne ritarderà l’attuazione. Mentre 18 Stati membri hanno già manifestato interesse per prestiti che ammontano ad almeno 127 miliardi di euro, l’intero impianto è messo in discussione. Questo è l’ennesimo, gravissimo problema per un fondo che non riesce a decollare.
La Commissione, nel disperato tentativo di mostrare rapidità ed efficienza, ha scelto una scorciatoia che si è rivelata un vicolo cieco. Invece di un processo legislativo trasparente, ha creato un precedente pericoloso che ha costretto il Parlamento a reagire per difendere le proprie prerogative. In sostanza, la Commissione è riuscita a sabotare se stessa, trasformando un progetto di vitale importanza strategica in un campo di battaglia istituzionale.
Sebbene il Parlamento abbia chiesto alla Corte di mantenere in vigore gli effetti del regolamento fino all’adozione di uno nuovo per non danneggiare i paesi che contano su quei fondi, il segnale politico è chiaro: la Commissione non può pensre per sempre di fare quello che vuole con la scusa dell’emergenza, magari creeandola.
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