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Guareschi e Tolkien, autori da non leggere.

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Leggevo tempo fa un articolo su Giovanni Guareschi di Egidio Bandini sull’ultimo libro di Gabriele Balestrazzi. L’articolo riportava alcuni elementi interessanti tipo che Guareschi (su richiesta del Congresso americano) era stato tradotto in braille per i ciechi, cosa che avvenne poi in tutte lingue del mondo e in tutti i paesi, tranne che in Italia dove Guareschi fu sottoposto ad una vera e propria emarginazione politico –ideologica. In effetti pur avendo io insegnato per 40 anni non trovai una sola antologia che riportasse un brano qualsiasi di Guareschi al quale fu negato perfino il titolo ovvio di scrittore, al massimo fu dato quello di “contemporaneo”.

 

Il destino di Guareschi è simile a quello di Tolkien, l’autore del Signore degli Anelli, anche lui censurato. Quando dopo 20 anni che Tolkien aveva scritto il suo capolavoro ed era stato letto in tutto il mondo venne tradotto in italiano, la censure fu violata( non considero l’edizione del 1967,peraltro incompleta , che fu un fallimento). Ciò non fu senza conseguenze politiche per Rusconi che lo pubblicò. Rusconi ricevette infatti la visita del Presidente di Confindustria che gli spiegò che lui aveva violato la pace sociale per cui al PCI spettava il mondo della Cultura agli altri il resto. Per questo motivo una testa doveva essere data e se non era quella di Rusconi doveva essere un’altra. Rusconi prese il discorso assai sul serio (è nota infatti la fine di Angelo Rizzoli ex proprietario del Corriere che finì -innocente- pure in galera quando si scontrò con chi dirigeva l’Italia). Naturalmente venne fuori il nome di Benaggia (del nome ho qualche dubbio, dopo il coma ho coi nomi ho qualche problema) direttore editoriale di Rusconi che si era battuto per far pubblicare il libro. Benaggia venne licenziato  e Rusconi gli diede una liquidazione principesca, ma comunque lo cacciò, episodio  poi pubblicato dall’Indipendente di Feltri e non certo ripreso dalla grande stampa. I

l destino di Guareschi somiglia a quello di Tolkien, che per sua fortuna, non era italiano ed ha la stessa radice. In effetti ha un suo fondamento nel vizio della sinistra italiana di qualificare come ignoranti o pazzi chi le si è opposto. Di fatto nel patto di convivenza del PCI con le altre forze si era fatto assegnare il controllo della cultura rinunciando ad altre cose. Qui si vedeva la lezione Gransci: è infatti abbastanza curioso che una forza politica che ideologicamente definisce la cultura una sovrastruttura scelga come capo di egemonia la cultura. Non che da altre parti la cultura sia stata indifferente, ma era delegata all’interesse personale di questo o di quell’altro politico e la Dc, che ebbe il ministero dell’Istruzione per tanti anni, si affidava più sulla burocrazia ministeriale che sulla cultura, al massimo affidata alla Chiesa Cattolica. Non c’era un interesse vero (non si rubava) e quindi una strategia politica di fondo. Una mia compaesana mi diceva, quando ancora facevo il Liceo e gli avevo esposto le mie idee, che quello non era un problema che, facendo l’Università si diventava tutti di sinistra come lei. Non aveva tutti i torti (nel mio caso sì). Mi diceva un collega sindacalista della Gilda che la sinistra italiana era figlia di Crispi e non di altri, cioè era una Sinistra di potere, non romantica. Ed aveva pienamente ragione: la scelta di egemonizzare la cultura nasceva dalla consapevolezza gransciana, applicata poi da Togliatti, che attraverso essa si aprivano gli spazi per arrivare la potere. Il rimpianto che molti hanno per le scelte popolari ed operaie del vecchio PCI nasce dal non aver capito che quello che il PD ricerca è appunto il potere secondo tradizione. Il potere è oggi la borghesia finanziaria e massonica? Il potere è oggi Soros? Il PD si adegua. I 5 Stelle(che si rifanno alla sinistra romantica ormai sconfitta) mugugnano per quello? Si adeguino anche loro! Non a caso le sardine sono figlie di Clio e di Prodi!


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