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GUARDATEVI DA CHI VUOL FARE IL BENE DI TUTTI

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Il Bene, per definizione, è ciò che si desidera. Il Male, per definizione, è ciò che si amerebbe evitare. È bene un bicchiere di vino, è male una scudisciata. E non per caso si è usato l’impersonale, “si desidera”. Perché se si fosse scritto “ciò che tutti desiderano” si sarebbe detta una falsità. Il bicchiere di vino che è sano e piacevole per l’europeo, è un peccato imperdonabile per un musulmano. Dunque per quest’ultimo è male. Mentre la stessa scudisciata potrebbe piacere al masochista. Il bene e il male non sono assoluti. Infatti un buontempone ha rivisto il Vangelo dicendo: “Non fare agli altri quello che vorresti fosse fatto a te: non abbiamo tutti gli stessi gusti”. La versione corretta dell’invito dovrebbe essere: “Fai agli altri ciò che sai farà loro piacere, anche se a te non lo farebbe”.
Questo relativismo fa sì che in un Paese civile le regole della convivenza stabiliscano norme imperative soltanto quando certi comportamenti siano sgraditi ad una tale maggioranza dei cittadini, da reputare ingiusto tollerarli. Non bisogna ferire, depredare, danneggiare gli altri, perché la stragrande maggioranza delle persone non ama essere ferita e neppure depredata o danneggiata.
Lo Stato liberale non si interessa del comportamento del singolo, anche se immorale, finché non interferisce con gli altri. È ciò che si è chiamato “alterità del diritto”. Perfino quando la società impone leggi che sembrano fatte esclusivamente nell’interesse del singolo si scopre spesso che c’è un risvolto d’alterità. È nell’interesse del singolo viaggiare in macchina indossando la cintura di sicurezza, ma la norma che lo rende obbligatorio tende anche ad evitare un aggravamento dei costi ospedalieri in caso di incidente.
Le cose cambiano quando si ha una concezione religiosa del Bene. Se il Profeta ha detto che bere alcoolici è peccato, non lo ha detto per gli abitanti della penisola arabica soltanto, l’ha detto per tutti gli uomini. E dunque chi li ama deve, per il loro stesso bene, vietargli di bere. A colpi di frusta, se necessario. In questo il credente si sente razionale. Egli dice infatti: “Io posso dissentire da te, e tu puoi dissentire da me, perché ambedue possiamo sbagliare. Ma se qualcosa l’ha detta Dio, oseresti dire che Egli ha sbagliato?” L’intolleranza consegue ad una certezza metafisica e sovrumana che nessuna contro argomentazione potrebbe scuotere. Il Bene, se determinato da Dio, non è relativo.
L’indiscutibilità dei precetti divini varia tuttavia sia con riguardo a ciò che si ritiene Dio abbia detto, con sia riguardo al senso che bisogna attribuire alle sue parole. Ricevendo l’ordine di amare il prossimo, bisogna spingersi – come Francesco d’Assisi – a spogliarsi di ogni proprio bene e regalarlo, o basta cercare di non far male a nessuno? Se la fede è un cammino verso l la salvezza, bisogna aiutare gli altri ad averla convincendoli con la predicazione e l’esempio, o bisogna minacciarli di morte se non si convertono? La storia (anche quella del Cristianesimo) dà esempi di ambedue gli atteggiamenti.
L’unica difesa contro gli integralismi è uno Stato laico. Questo dovrebbe assicurare a tutti il libero perseguimento della propria felicità ed essere disposto a combattere le religioni sul loro stesso terreno, stabilendo che è loro vietato imporre ad altri la loro idea di Bene. Diceva un piccolo saggio ignorato: “Se arriva qualcuno e promette la felicità a tutti, sparategli. Sarà ancora il costo minore”.
Il principio dovrebbe essere tanto rigoroso da esigere che a nessuno sia mai permesso di proclamare in pubblico che, in caso di contrasto, la legge religiosa prevale su quella dello Stato. Al colpevole dovrebbe essere comminato l’esilio, in quanto incompatibile con la convivenza pacifica dei cittadini.
Uno Stato laico che si senta portatore di un valore irrinunciabile e fondamentale, la libertà, ed è veramente risoluto a difendere la possibilità che ognuno determini che cosa sia bene per sé, deve sentirsi autorizzato a contrastare chiunque protesti, ad esempio, per le vignette satiriche di un giornale contro la religione. Anche se sono stupide e di pessimo gusto. Non perché le condivida, ché anzi potrebbe anche condannarle:ma perché l’unico reato che si può commettere, con delle vignette, è quello di costringere qualcuno a leggerle. Ecco il liberalismo militante.
Naturalmente qualcuno potrebbe obiettare che questo Stato somiglia, in materia di liberalismo, all’Arabia Saudita in materia di Islàm. Ma l’obiezione non spaventa. Come la democrazia tollera tutto, salvo il tentativo di instaurare la dittatura, il liberalismo tollera tutto, salvo l’attacco alla libertà.
Gianni Pardo, [email protected]
20 gennaio 2015


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