Economia
Groenlandia: domani si vota, fra Indipendenza e America
Domani la Groenlandia va al voto, fra desideri d’indipendenza e ingerenze americane

Domani si vota in Groenlandia, un paese grande, ma con soli 56 mila abitanti. “Non vogliamo essere né danesi né americani”, ha dichiarato recentemente a Fox News il primo ministro della Groenlandia Múte Egede. Ora bisogna vedere se avrà il coraggio di imporre un ultimatum.
Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato che è assolutamente necessario che l’America prenda il controllo della Groenlandia – e non si farà scoraggiare. Ha persino rifiutato di escludere l’uso della forza militare o economica.
Il territorio danese è ora oggetto di controversie internazionali. E questo ha modificato la politica locale, che sembrava avviata al solito tran tran.
Lo status del territorio della Groenlandia
Il nome Groenlandia è stato inventato dal vichingo Erik den Röde, che ha incontrato il territorio intorno al 990 e voleva attirare i suoi compatrioti sull’isola. Questa terra fu abitata dai vichinghi sino al XV secolo, quando il gelo portò all’estinzione della colonia locale. Ricolonizzata a partire dal XVIII secolo tornò a far parte pima dei Regni Nordici, quindi della Danimarca.
Dagli anni ’50, l’America gestisce una base aerea a Thule, nel nord dell’isola, in funzione di controllo dell’Artico.
Attualmente, però, il territorio – grande più o meno come il Messico ma con una popolazione di appena 56.000 persone – fa parte della Danimarca. I Vichinghi non se ne sono mai andati.
La capitale della Groenlandia è Nuuk.
La Groenlandia oggi
All’inizio degli anni Cinquanta, la Groenlandia è diventata una contea della Danimarca e nel 1979 ha ottenuto un proprio parlamento decentrato, con il potere di legiferare. Praticaemente è uno stato indipendente, tranne che
Il parlamento monocamerale di Nuuk, la capitale del territorio, è cin tutto hiamato Inatsisartut in groenlandese, che significa “coloro che fanno le leggi”. A parte la difesa e gli affari esteri, tutte le leggi sono fatte dai groenlandesi.
L’indipendenza dalla Danimarca è diventata un problema solo nei primi anni 2000, ma non è stata discussa seriamente prima del 2008, quando la Danimarca ha accettato il futuro status della Groenlandia.
Parte dell’accordo prevedeva che il denaro che la Danimarca invia alla Groenlandia ogni anno (noto come “sovvenzione a blocchi”) sarebbe stato ridotto man mano che l’estrazione mineraria avrebbe iniziato a pagare i servizi pubblici. L’accordo è stato approvato con un referendum nel 2008, che dà anche alla Groenlandia il diritto di secedere in un momento a sua scelta. Non si può essere destinati a pagare in eterno.
L’attuale presidente Egede è il leader del partito di sinistra Inuit Ataqatigiit, che vuole l’indipendenza dalla Danimarca. Lo stesso vale per il partito centrista Naleraq.
I due partiti hanno complessivamente 16 dei 31 seggi del parlamento. Tuttavia, alcuni membri di altri partiti – tra cui il Siumut, precedentemente unionista (che attualmente fa parte del governo) – hanno segnalato un graduale spostamento. È quindi probabile che il numero effettivo di deputati che voterebbero per l’indipendenza sia leggermente superiore.
All’indipendenza si oppongono il partito conservatore Demokraatit, il partito di centro-sinistra Siumut e il partito di centro-destra Atasut. Il partito Demokraatit è diventato più popolare dei partiti Siumut e Atasut. Questi ultimi due dominavano la politica groenlandese, ma negli ultimi anni hanno avuto difficoltà.
Indipendenza via referendum?
L’attuale governo è una coalizione di centro-sinistra composta dagli Inuit Ataqatigiit e Siumut di Egede. I due partiti hanno deciso di non essere d’accordo sulla questione dell’indipendenza, ma le cose potrebbero cambiare dopo le elezioni. Anche il leader parlamentare di Siumut, Doris J. Jensen, ha espresso un cauto sostegno all’indipendenza da Copenhagen.
Sebbene Naleraq e Inuit Ataqatigiit siano ideologicamente distanti, sembra probabile che chiederanno un referendum dopo le elezioni (se dovessero ottenere la maggioranza).
Nella maggior parte dei Paesi, un territorio che indice un referendum unilaterale sull’indipendenza è generalmente incostituzionale. Il governo spagnolo ha definito incostituzionale un referendumsull’indipendenzain Catalogna nel 2017 e ha risposto con una repressione da parte della polizia.
La Groenlandia è diversa. Nel 2009, il parlamento danese ha approvato una legge che consente ai groenlandesi di votare sull’indipendenza nel momento che preferiscono.
La Groenlandia ha un’abbondanza di minerali critici, tra cui rame, tungsteno e persino platino, anche se per lo più sepolti sotto il ghiaccio.
È probabile che l’accesso a questi minerali sia il motivo dell’interesse di Trump per Kalaallit Nunaat (“la terra del popolo”), come gli Inuit della Groenlandia chiamano il loro Paese.
Fino a poco tempo fa, questo non era il tema principale nell’agenda della maggior parte degli elettori.
Molti in Groenlandia sono più preoccupati di questioni di ordinaria amministrazione, come il welfare e il costo della vita, che delle risorse del sottosuolo. Ma l’interesse di Trump per l’isola ha cambiato il dibattito.
Lo stato delle elezioni
Gli attuali partiti di governo hanno perso terreno. La quota di voti prevista per Inuit Ataqatigiit è scesa dal 37% al 31% e quella di Siumut – secondo i sondaggi– si ridurrà dal 29% al 21%.
I principali beneficiari dell’impopolarità dell’attuale governo sono Demokraatit e Naleraq. Si va verso il centrodestra perfino nell’Artico. Il primo raddoppierà la sua quota di voti, raggiungendo il 18%, con un vantaggio del 2% sul secondo.
La percentuale complessiva dei partiti che sostengono l’indipendenza non è cambiata.
Qualunque sia il risultato delle elezioni, nessuna delle due parti vuole diventare americana.
I partiti possono non essere d’accordo sulla volontà di continuare l’unione con la Danimarca che dura da 1.000 anni, ma sono d’accordo con il messaggio del primo ministro danese Mette Frederiksen a Donald Trump: “La Groenlandia non è in vendita”.
Anders Vistisen, deputato danese al Parlamento europeo per il partito nazionalista Dansk Folkeparti, ha espresso il concetto in modo ancora più conciso. Lo ha detto di recente all’assemblea:
Lasciate che ve lo spieghi in parole comprensibili. Signor Trump, vada a farsi fottere.
Nessuno dei partiti ha espresso simpatia per l’appartenenza agli Stati Uniti, ma tutti sono felici di discutere una futura collaborazionein materia di difesa. Tutti, in modi diversi, sono aperti a valutare la possibilità di esplorare i minerali, ma le cose finiscono qui. Il che, comunque, è tanto. In fondo è una terra enorme, con solo 56 mila abitanti.
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