Attualità
Grillo e Di Maio sono due polli. Ormai sotto scacco di Renzi (di P. Becchi e G. Palma)
Articolo di Paolo Becchi e Giuseppe Palma su Libero del 19 ottobre (dalla prima pagina):
L’operazione politica di Renzi merita alcune riflessioni. Il leone era ferito, ma non morto. Dopo il 4 marzo dello scorso anno l’ex segretario del Pd era uscito di scena, aveva evitato il governo-inciucio coi 5Stelle aprendo la strada al governo 5Stelle-Lega. Poi si è messo a fare footing sul ponte vecchio di Firenze dove Dante ammirava Beatrice. Un anno e mezzo fuori dal palcoscenico politico. Poi è arrivata la crisi di governo agostana e, con una mossa del tutto contraria a quello che aveva sempre detto, ha aperto ad un governo Pd-5Stelle. Un’operazione impossibile che ha visto la luce solo perché lui e Grillo l’hanno voluta. La scusa era quella di disinnescare le clausole di salvaguardia, ma in realtà i motivi erano altri: evitare che Salvini andasse spedito a Palazzo Chigi in caso di elezioni anticipate e la creazione dei gruppi parlamentari renziani in modo che, da una posizione di forza, il boy scout di Rignano potesse essere decisivo sia nelle decisioni del nuovo governo senza passare da Zingaretti, sia di piazzare molti dei suoi uomini nelle aziende di Stato. Oltre 400 nomine dovranno farsi dall’autunno alla prossima primavera, quindi “piatto ricco mi ci ficco”. Fatto sta che, con questa mossa, Di Maio sarà costretto a sedersi al tavolo con chi – fino a ieri – era quello di “Banca Etruria”, dei risparmiatori truffati, della schiforma costituzionale e del bail-in.
In tutto questo il vero sconfitto è Grillo, che pensava di condurre l’azione di governo grazie ai voti di Renzi ma senza Renzi. Un errore che solo un rinnegato come l’Elevato poteva commettere, mettendo il M5S sotto scacco mortale.
Ora non sappiamo se sia più sprovveduto Grillo o Zingaretti, fatto sta che il MoVimento perde definitivamente la sua connotazione anti-establishment ed alternativa a Renzi, mentre Zingaretti si ritrova da solo in un governo che non voleva e con i gruppi parlamentari del Pd pieni zeppi di renziani. Non a caso Lotti, Guerini e Morani non hanno lasciato i Dem. Il Matteo toscano, pur uscendo dal Pd, rimarrà nel Pd attraverso i suoi uomini, controllandone le decisioni. E dire che Zingaretti in agosto aveva avuto l’occasione di tornare a votare liberandosi di Renzi e portando i suoi in Parlamento. Ha preferito la strada suicida del governo con Conte e Di Maio. Insomma, dicendola alla Dostoevskij, il segretario del Pd ha dimostrato di essere un “idiota”.
Da questo momento in avanti tutto cambia. Renzi ha in mano le leve del Conte bis, sarà infatti lui a dettare l’agenda di governo. Nel caso Di Maio e Conte si opponessero, la minaccia di staccare la spina sarà sempre dietro l’angolo. Che brutta fine per il MoVimento. Andare al governo con Renzi-Boschi e dipendere completamente da loro senza neppure avere la maggioranza dei ministri, spartiti alla pari col Pd. Un suicidio politico che determinerà la fine dei 5Stelle, relegati a costola minoritaria dei nemici di sempre. Gianroberto Caseleggio si sta rivoltando nella tomba.
Le prossime tappe sono già scritte. A dicembre disattivazione delle clausole di salvaguardia, di cui Renzi e i suoi si attribuiranno la paternità politica, e nuova legge elettorale proporzionale nel tentativo di evitare che Salvini stravinca. Poi, in primavera, un bel #GiuseppiStaiSereno sarà il segnale della fine del governo più innaturale e trasformista della Repubblica. MoVimento 5 Stelle e Pd distrutti. E se Di Maio pensa di portare a casa almeno la riduzione del numero dei parlamentari si sbaglia di grosso. Renzi deve far tornare i suoi uomini in Parlamento (circa una cinquantina), che altrimenti non avrebbero alcun interesse ad abbandonare il Pd per seguirlo in un’impresa dal futuro politico ancora incerto. “Italia Viva”, così si chiama il nuovo soggetto renziano, otterrà alle prossime elezioni un risultato mono-cifra, quindi Renzi non ha alcun interesse a ridurre di quasi il 40% il numero dei parlamentari perché parecchi dei suoi fedelissimi resterebbero fuori dalla nuova compagine parlamentare. Di Maio, Grillo e Zingaretti hanno dimostrato di essere tre principianti.
L’apertura di Renzi al governo coi grillini non era sincera sin dall’inizio, il senatore di Firenze nutre un odio viscerale verso di loro, ma con questa operazione li ha letteralmente usati per tornare al potere senza passare dalle urne, scippando a Zingaretti e a Di Maio la golden share dell’esecutivo, che dipenderà principalmente da lui. E non ci meraviglieremmo se Giuseppe Conte, sempre pronto ad annusare occasioni di potere per se stesso, strizzi l’occhio ai nuovi gruppi renziani. Il personaggio ha dato ampia prova del suo trasformismo più di una volta.
Il capo politico del MoVimento e il segretario del Pd si sono fatti fregare come due polli. Ora lo spiedo è caldo e Renzi è pronto per l’antipasto. Pranzo e cena arriveranno a primavera. Buon appetito, sulla pelle degli italiani.
di Paolo Becchi e Giuseppe Palma
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