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LA GRECIA DOPO LE ELEZIONI

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Chi cerca di prevedere l’esito delle elezioni non raramente sbaglia. In Italia è avvenuto che abbiano preso un pesante abbaglio anche gli istituti demoscopici, che per giunta usano strumenti scientifici e statistici di tutto rispetto. Se ciò è possibile per i professionisti, figurarsi per i privati; e se può avvenire per le elezioni del proprio Paese, figurarsi quando si parla di un Paese straniero. Dunque, riguardo all’esito delle elezioni greche, non si vuol scrivere una previsione  ma introdurre ulteriori elementi di incertezza. Una non-previsione, per così dire.

L’Europa è preoccupata. Il primo livello d’allarme è costituito dai pronostici favorevoli al partito di Alexis Tsipras: se Syriza vincerà le elezioni – si dice – si farà portavoce della stanchezza dei greci per l’austerità e indurrà Atene ad uscire dalla moneta comune. Con la conseguenza di gravissimi problemi di Borsa per tutti, se non addirittura della fine dell’euro.

Il secondo livello è più riflessivo. Gli osservatori più scrupolosi notano che la vulgata secondo la quale Syriza vuol fare uscire la Grecia dall’euro non ha base concreta. Quella decisione non è nel programma del partito e non si trova neppure nelle dichiarazioni del suo leader. Del resto, quel piccolo Paese avrebbe ben poco da guadagnarci: abbandonando l’euro perderebbe l’ “ombrello” europeo di cui fino ad oggi ha beneficiato, con conseguenti gravissimi problemi. Il Paese infatti ha bisogno di importare molti dei beni che consuma.

Ma c’è un terzo livello, col quale non si vuole rappresentare “la verità”, o una migliore previsione rispetto alle precedenti: si vuole soltanto prospettare una “possibilità” che è stata trascurata.

Ci sono decisioni che – proprio per essere di vitale importanza – non sono annunciate in anticipo: per esempio le svalutazioni monetarie. Non soltanto in questi casi si procede con decreto immediatamente esecutivo, ma per comprensibilissimi motivi l’intenzione di attuare quella misura è risolutamente smentita fino ad un momento prima. E se questo vale per un provvedimento puramente finanziario, altrettanto segreto e di più grande portata può rivelarsi il disegno strategico di un uomo di Stato.

Coloro che elessero Mikhail Gorbaciov segretario del Pcus non prevedevano certo che egli avrebbe tentato di rinunziare alla dittatura comunista in favore di una “occidentalizzazione” dell’Unione Sovietica. Ma da un lato Gorbaciov sapeva che il popolo era maturo per quella svolta, e dunque che l’impresa poteva essere tentata; dall’altro prevedeva che l’opposizione dei colleghi di partito avrebbe potuto essere forte, se egli l’avesse annunciata (come si vide poi nel tentativo di restaurazione cui si oppose vittoriosamente Boris Yeltsin). Dunque non poteva che nascondere il suo vero programma.

Non diversamente si era comportato, anni prima, Charles de Gaulle. La Francia era nel marasma. Il problema algerino era divenuto scottante. Il Generale fu eletto sulle note della Marsigliese – cantata dai coloni sul Forum di Algeri, e  al grido di “Algérie Française!” – e tuttavia, accettando la carica, egli nascose che la sua intenzione era opposta. L’Algeria era una fonte di problemi insolubili e non si poteva ignorare che la storia andava in direzione opposta. La Francia concluse la pace con Algeri, i “pieds noirs” tornarono in patria, e il nodo fu definitivamente sciolto.

Senza andar lontano nella storia, è anche possibile che il cardinale Bergoglio abbia ben taciuto lo stile di papato che intendeva adottare, quello che oggi ha creato un’opposizione ai più alti livelli della Chiesa Cattolica. Conoscendolo, i suoi colleghi probabilmente non l’avrebbero eletto. E se questo ci insegna la storia, è ben possibile – si dice possibile, non probabile – che Tsipras abbia effettivamente il programma di far uscire la Grecia dall’euro ma lo nasconda accuratamente.  Se lo facesse, si troverebbe contro tutti gli altri partiti: già oggi essi attribuiscono a Syriza quell’audace intenzione, nel momento stesso in cui il partito la smentisce. L’annuncio scatenerebbe inoltre l’anatema di tutti i media europei, che tratterebbero Tsipras da dinamitardo dell’intero continente. Anche le Borse potrebbero cercare di schivare le conseguenze del ritorno alla dracma, di fatto anticipandone anche i pesanti costi. Un leader serio, che avesse l’intenzione di sganciare la Grecia da un consesso che evidentemente non fa per essa, non lo farebbe mai sapere in anticipo.

Fra l’altro, il programma vero di Syriza potrebbe essere più articolato. Tsipras potrebbe presentare a Bruxelles e alla Germania richieste pesanti e ultimative, tali da migliorare di molto la posizione greca, se quelle richieste fossero accolte; o da rigettare sull’Unione Europea la colpa dell’abbandono dell’euro, se non lo fossero. Non soltanto oggi non conosciamo l’esito delle elezioni greche, ma non conosciamo neppure il vero programma del partito che parte favorito. Si va dalla mesta amministrazione del presente ad una vera rivoluzione continentale.

Gianni Pardo, [email protected]

7 gennaio 2015


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