Energia
Grazie al MIT l’Intelligenza Artificiale impara a “spegnere” la fusione nucleare!
Fusione Nucleare, la svolta dall’IA: un nuovo modello del MIT previene i danni ai reattori, rendendo il “sole artificiale” più sicuro e affidabile per produrre energia pulita.
La fusione nucleare è da decenni il Sacro Graal dell’energia: pulita, virtualmente illimitata e senza le scorie radioattive a lunga vita della cugina “a fissione”. Il principio è semplice, si fa per dire: replicare in una macchina la reazione che alimenta il Sole. Per farlo si usano dei dispositivi chiamati tokamak, delle gigantesche “ciambelle” magnetiche che contengono un plasma surriscaldato a oltre 100 milioni di gradi Celsius.
Accendere e gestire questa stella artificiale è già un’impresa titanica. Ma c’è un problema tanto cruciale quanto sottovalutato: come la si spegne in modo sicuro?
Sembra banale, ma non lo è affatto. Quando un esperimento deve terminare, o se il plasma diventa instabile, è necessario ridurre la sua energia e corrente in modo controllato, una procedura chiamata “ramp-down“. Se questa manovra va storta, il plasma può collidere contro le pareti interne del tokamak. Un evento, chiamato “disruption“, che in un reattore sperimentale di oggi non è preoccupante, ma in una futura centrale elettrica da miliardi di euro potrebbe provocare danni seri, fermi macchina costosi e, in definitiva, minare l’affidabilità dell’intero sistema.
Ora, un gruppo di scienziati del MIT, in collaborazione con il Plasma Science and Fusion Center (PSFC) e la startup Commonwealth Fusion Systems, sembra aver trovato una soluzione elegante, che unisce il meglio di due mondi: la fisica tradizionale e l’intelligenza artificiale.
La soluzione ibrida: fisica più machine learning
Il problema degli spegnimenti controllati è che il comportamento del plasma in quella fase è estremamente complesso e difficile da prevedere con i soli modelli basati sulla fisica. D’altra parte, affidarsi unicamente a un’intelligenza artificiale “pura” richiederebbe una quantità di dati sperimentali spropositata e costosissima per addestrarla.
L’approccio sviluppato dal team del MIT, descritto in un articolo su Nature Communications, è invece ibrido:
- La Base Fisica: Un modello consolidato che simula la dinamica del plasma secondo le leggi fondamentali della fisica fornisce la “struttura” di base del comportamento del sistema.
- Il Tocco dell’IA: Una rete neurale viene addestrata su questi principi, ma utilizzando i dati reali provenienti da un tokamak sperimentale (il TCV in Svizzera) per “imparare” le sottigliezze, le instabilità e le sfumature che il modello fisico da solo non riesce a cogliere.
Il risultato è un sistema predittivo incredibilmente efficiente. Sono bastate poche centinaia di “scariche” di plasma a bassa performance e una manciata ad alta performance per addestrare e validare il modello con un’elevata precisione. Questa efficienza è fondamentale in un campo dove ogni singolo esperimento ha costi proibitivi.
Dai dati alla pratica: spegnimenti sicuri e veloci
Il modello non si limita a prevedere cosa accadrà, ma è stato integrato in un algoritmo che genera “traiettorie” di spegnimento ottimali. In pratica, fornisce al sistema di controllo del tokamak le istruzioni esatte su come modulare i campi magnetici o la temperatura per portare il plasma a zero energia in modo dolce e senza capricci.
I test effettuati sul tokamak TCV hanno dimostrato che il sistema funziona: gli spegnimenti controllati dall’algoritmo sono stati non solo più sicuri, evitando le temute disruption, ma in alcuni casi anche più veloci rispetto alle procedure standard.
Come ha dichiarato l’autore principale dello studio, Allen Wang: “Perché la fusione diventi una fonte di energia utile, dovrà essere affidabile”. Questa ricerca non è un passo verso un’energia più potente, ma verso un’energia più gestibile e industrialmente sostenibile. È la differenza tra avere un prototipo da record e una centrale elettrica che funziona 24 ore su 24. Un dettaglio non da poco, soprattutto per chi, come Commonwealth Fusion Systems, punta a costruire il primo impianto commerciale compatto, SPARC. La strada è ancora lunga, ma ora abbiamo uno strumento in più per evitare che il sogno del sole in una scatola finisca in un costoso graffio sulla parete.
Domande e Risposte
1) In parole semplici, perché è così importante riuscire a “spegnere” bene un reattore a fusione?
Spegnere bene un reattore a fusione è fondamentale per la sua affidabilità e sostenibilità economica. Un arresto incontrollato del plasma, chiamato “disruption”, può rilasciare enormi quantità di energia in pochi istanti, danneggiando le pareti interne del reattore. Su macchine sperimentali piccole i danni sono gestibili, ma su una futura centrale elettrica commerciale, riparazioni del genere comporterebbero costi enormi e lunghi periodi di inattività. Garantire spegnimenti sicuri significa assicurare che la centrale possa operare in modo continuo e prevedibile, un requisito essenziale per qualsiasi fonte di energia destinata alla rete elettrica.
2) Qual è la vera novità di questo metodo sviluppato dal MIT? Non si usava già l’intelligenza artificiale?
La vera novità è l’approccio “ibrido”. L’intelligenza artificiale da sola richiederebbe una quantità di dati sperimentali (che sono molto costosi da produrre) quasi infinita per imparare da zero le complesse leggi fisiche che governano il plasma. Questo metodo, invece, combina un modello basato sulla fisica classica con una rete neurale. In pratica, si insegna all’IA le “regole del gioco” fondamentali e poi le si chiede di usare i dati reali solo per perfezionare le previsioni e cogliere le sfumature. Questo rende il sistema molto più efficiente, richiedendo molti meno dati per raggiungere un’elevata precisione.
3) Questa tecnologia significa che avremo centrali a fusione funzionanti a breve?
Non esattamente. Questo è un passo avanti molto importante, ma risolve “solo” uno dei tanti tasselli del puzzle della fusione nucleare. Risolve un problema cruciale di controllo e affidabilità, che è fondamentale per la transizione dalla fase sperimentale a quella industriale. Progetti come SPARC di Commonwealth Fusion Systems e il reattore internazionale ITER mirano a dimostrare la produzione netta di energia. Questa tecnologia li aiuterà a operare in modo più sicuro e stabile, ma la commercializzazione su larga scala dell’energia da fusione richiederà probabilmente ancora uno o due decenni di sviluppo e ingegnerizzazione.
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