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Gli USA salvano l’Argentina di Milei? Trump e un “bazooka” da 20 miliardi di dollari

L’amministrazione Trump prepara un maxi-prestito da 20 miliardi di dollari per salvare l’alleato Javier Milei dal tracollo finanziario. Dietro l’operazione, una fitta rete di interessi politici e strategici, non senza polemiche interne agli USA.

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Dagli Stati Uniti, e più precisamente dall’amministrazione Trump, arriva un’ancora di salvezza per l’alleato argentino Javier Milei. Mercoledì, Washington ha confermato di essere in trattativa con Buenos Aires per un programma di supporto economico da ben 20 miliardi di dollari, una mossa che ha immediatamente dato ossigeno ai mercati argentini e al presidente, in difficoltà in vista delle cruciali elezioni di metà mandato.

La notizia, che sa tanto di intervento geopolitico quanto di finanza, ha fatto rimbalzare un peso malconcio. La valuta argentina ha guadagnato il 2,4%, risalendo a 1.333,90 per dollaro, dopo che il Segretario al Tesoro statunitense, Scott Bessent, ha annunciato l’avvio di negoziati per “una linea di swap da 20 miliardi di dollari con la Banca Centrale” argentina. L’annuncio è arrivato, non a caso, il giorno dopo un incontro a New York tra Bessent, il Presidente Trump e lo stesso Milei.

Ecco un grafico del cambio USD ARS:

Ma cosa c’è dietro questa improvvisa generosità americana?

 

La Crisi Argentina: Un Film Già Visto

Per capire la mossa di Washington, bisogna guardare allo stato comatoso dell’economia argentina. Milei, un liberista convinto, ha ereditato un disastro dalla precedente amministrazione peronista: inflazione a tre cifre, casse dello stato vuote e una sfiducia cronica degli investitori. Dopo quasi due anni di dura austerità, che pure avevano portato a un pareggio di bilancio e a un rallentamento dell’inflazione, il vento è cambiato.

L’economia è stagnante, la disoccupazione aumenta e la popolarità del presidente è in calo, complice anche uno scandalo di corruzione che ha coinvolto la sorella. La batosta politica è arrivata il 7 settembre, con la sconfitta del suo partito nelle elezioni provinciali di Buenos Aires, un test fondamentale in vista delle legislative nazionali del 26 ottobre.

Questo risultato ha scatenato il panico sui mercati: il peso ha iniziato a crollare, costringendo la Banca Centrale a bruciare oltre 1 miliardo di dollari di riserve in valuta forte in soli tre giorni per difendere il cambio. A questo punto, Milei si è trovato di fronte a un bivio:

  • Lasciar svalutare liberamente il peso, col rischio di riaccendere l’iperinflazione.
  • Continuare a bruciare le riserve prese in prestito dal FMI, necessarie per ripagare quasi 20 miliardi di dollari di debiti in scadenza nei prossimi 15 mesi.
  • Aumentare i tassi di interesse o tagliare ulteriormente la spesa, strangolando un’economia già in recessione.

La scelta è caduta sulla “telefonata all’amico”. Milei ha deciso di incassare i dividendi della sua stretta alleanza con Donald Trump, sperando in un aiuto diretto da Washington. Bisogna dire che Trump non si dimentica degli amici.

Pesos aregentini

Gli Strumenti del “Salvataggio” Americano

Il pacchetto da 20 miliardi di dollari non è un regalo, ma un intervento strutturato attraverso strumenti finanziari precisi. Il Tesoro USA ha messo sul tavolo diverse opzioni:

  • Linea di Swap: Si tratta di un accordo in cui due banche centrali (o, in questo caso, il Tesoro USA e la Banca Centrale argentina) si scambiano le rispettive valute a un tasso di cambio prefissato per un periodo di tempo limitato. In pratica, l’Argentina riceve dollari “freschi” dando in cambio pesos, con l’impegno di riacquistare la propria valuta in futuro. Questo inietta liquidità immediata in dollari nel sistema.
  • Acquisto di Titoli di Stato: Il Tesoro USA si è detto pronto ad acquistare direttamente sul mercato i titoli di debito argentini denominati in dollari. Questa mossa aumenta la domanda per i bond argentini, ne sostiene il prezzo e rassicura gli altri investitori.
  • Fondo di Stabilizzazione dei Cambi (ESF): Il Tesoro potrebbe utilizzare il suo Exchange Stabilization Fund, un fondo di emergenza creato negli anni ’30, per fornire credito “stand-by” diretto.

Questa operazione segna una decisa rottura con la prassi. Solitamente, gli USA intervengono direttamente solo per paesi “sistemicamente importanti” (come nel caso del Messico nel 1995) o durante crisi globali. Definire l’Argentina “sistemica” oggi è una forzatura: la vera ragione è squisitamente politica.

Geopolitica e Interessi: Perché Trump Aiuta Milei?

La mossa di Trump non è dettata dalla filantropia. L’Argentina di Milei è un alleato chiave in un’America Latina sempre più corteggiata dalla Cina. C’è poi un’evidente affinità ideologica, con il ministro dell’Economia argentino, Luis Caputo, che ha salutato l’accordo parafrasando lo slogan di Trump: “facciamo di nuovo grande il nostro Paese”.

Tuttavia, come spesso accade con l’approccio transazionale di Trump, è lecito chiedersi cosa otterranno gli USA in cambio. L’Argentina è ricca di risorse strategiche come litio, terre rare e gas di scisto (shale gas). È probabile che questo “aiuto” non arrivi senza contropartite, magari sotto forma di garanzie o di un accesso privilegiato a queste risorse.

L’intervento non è passato inosservato a Washington. La senatrice democratica Elizabeth Warren ha già scritto a Bessent, parlando di un “preoccupante bailout” volto a “gonfiare il valore della valuta di un governo straniero”. La risposta secca di Bessent ha accusato i democratici di non aver agito per stabilizzare l’America Latina quando ne hanno avuto l’opportunità.

L’amministrazione Trump sta giocando una partita ad alto rischio: un investimento finanziario relativamente contenuto per blindare un alleato strategico e stabilizzare i mercati prima di un’elezione decisiva. Se la scommessa funzionerà, il duo Trump-Milei ne uscirà rafforzato. In caso contrario, il conto potrebbe essere salato, non solo per Buenos Aires.

Javier Milei, Presidente dell’Argentina

1) Domande e Risposte per il Lettore

1. Perché l’Argentina, nonostante le dure riforme di Milei, si trova di nuovo sull’orlo del baratro? R. Le riforme di austerità di Milei, sebbene abbiano inizialmente frenato l’inflazione e raggiunto il pareggio di bilancio, hanno avuto costi sociali ed economici molto alti. Hanno infatti causato una forte recessione, un aumento della disoccupazione e un calo del sostegno popolare. La recente sconfitta elettorale ha spaventato gli investitori, che temono che il governo non abbia la forza politica per continuare il suo percorso. Questa incertezza ha innescato una fuga di capitali e un attacco speculativo contro il peso, prosciugando le riserve della Banca Centrale e creando una crisi di liquidità immediata.

2. Cos’è esattamente una “linea di swap” e come aiuta concretamente un paese? R. Una linea di swap valutario è un accordo temporaneo tra due banche centrali (o istituzioni come il Tesoro USA). In questo caso, il Tesoro americano fornirebbe dollari alla Banca Centrale argentina, ricevendo in cambio un importo equivalente in pesos argentini. Questo serve a due scopi principali: primo, fornisce all’Argentina i dollari di cui ha disperatamente bisogno per pagare i debiti e difendere la propria valuta, senza dover svendere le sue riserve. Secondo, invia un segnale potentissimo ai mercati, dimostrando che il paese ha il sostegno di un’economia forte come quella statunitense, scoraggiando così la speculazione.

3. Questo aiuto da 20 miliardi di dollari è un regalo o un prestito? E quali sono i rischi per gli Stati Uniti? R. Non si tratta assolutamente di un regalo. È una forma di prestito e di supporto finanziario che l’Argentina dovrà restituire. Il rischio per gli Stati Uniti è che l’Argentina non riesca a stabilizzare la sua economia e a ripagare il supporto ricevuto. Tuttavia, il rischio è calcolato. L’intervento è probabilmente legato a garanzie non ufficiali, come un accesso privilegiato alle immense risorse naturali argentine (litio, gas, etc.). Per l’amministrazione Trump, il guadagno geopolitico di mantenere un solido alleato in America Latina potrebbe superare di gran lunga il rischio finanziario dell’operazione.

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