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Difesa

GLi USA disperdono le forze nel Pacifico per evitare un Pearl Harbor con la Cina

Gli USA hanno imparato la lezione della Seconda Guerra Mondiale e si preparano allo scontro con la Cina con una flessibile disperisone delle forze, anche se questo viene a causare dei problemi

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Il fantasma di Pearl Harbor aleggia ancora sulla strategia militare americana. L’attacco a sorpresa del 1941, che trascinò gli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale, ha insegnato una lezione fondamentale: la concentrazione delle forze militari in poche, grandi basi le rende vulnerabili a un attacco devastante.

Come riporta il WSJ oggi, con l’ascesa della Cina e le crescenti tensioni nel Pacifico, gli Stati Uniti stanno ripensando la loro strategia, adottando un approccio di dispersione e flessibilità per evitare di ritrovarsi nuovamente impreparati e con le basi aeree piene di aerei distrutti.

Base aeerea nelle Hawaii, Wheeler Field, 7 dicembre 1941

Come spiega bene Michael Winkler, vice direttore delle operazioni aeree e cibernetiche per le Forze Aeree del Pacifico, “Non possiamo permetterci di concentrare tutti i nostri aerei in un unico, grande bersaglio”.  La Cina, con il suo imponente arsenale missilistico, potrebbe facilmente neutralizzare le basi americane più importanti, come quelle in Giappone e a Guam, paralizzando la potenza aerea statunitense. I test dei missili strategici cinesi mostrano esattamente come un singolo ordigno lanciato da Pechino potrebbe causare danni non facilmente riparabili.

Per evitare questo scenario, gli Stati Uniti stanno attuando una strategia chiamata “Agile Combat Employment” (ACE), che prevede la dispersione degli aerei da combattimento in una rete di basi aeree, piste di atterraggio e aeroporti civili in tutto l’Indo-Pacifico. Questa tattica “mordi e fuggi” renderebbe più difficile per la Cina colpire le forze americane, costringendola a disperdere le proprie risorse e a operare in un ambiente più incerto.

Un esempio emblematico di questa strategia è la riattivazione della base aerea di Tinian, una piccola isola del Pacifico che ebbe un ruolo cruciale durante la Seconda Guerra Mondiale come base di lancio per i bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki. Oggi, le giungle che avevano inghiottito le piste di Tinian stanno tornando a vedere la luce, grazie al lavoro di squadre di tecnici dell’aviazione americana che si fanno strada tra la fitta vegetazione con machete e dispositivi GPS.

Base aerea di Tinian oggi

“La densità della giungla era incredibile”, racconta il sergente Jody Branson, sovrintendente alle operazioni del 513° Squadrone Red Horse dell’Aeronautica. “Se io e te ci addentrassimo lì dentro, potremmo essere a 10 metri di distanza e non vederci nemmeno”.

La riattivazione di Tinian è solo una tessera del mosaico. Gli Stati Uniti stanno identificando e aggiornando decine di siti in tutto il Pacifico, dalle basi alleate alle piste di atterraggio isolate, con l’obiettivo di creare una rete capillare e flessibile. “Siamo interessati a qualsiasi pista di atterraggio”, afferma Winkler. “Se ha più di 7.000 piedi di lunghezza, la consideriamo una potenziale base operativa”.

Il problema di gestire più basi disperse

Questa strategia, però, non è priva di sfide. Gestire unità più piccole sparse in luoghi remoti e con infrastrutture limitate è complesso. Inoltre, più gli aerei sono lontani dal campo di battaglia principale, più difficile diventa il loro contributo al conflitto, senza contare anche la manutenzione di aerei ben più complessi e dlicati dei Wildcat o dei Warhawk della seconda guerra mondiale.

Un altro ostacolo è rappresentato dalla necessità di ottenere l’accesso ai territori degli alleati, in particolare quelli vicini a Taiwan, il punto di maggior tensione nella regione. Gli Stati Uniti stanno cercando di evitare di forzare la mano ai loro partner, consapevoli che potrebbero trovarsi a dover scegliere tra un partner economico come la Cina e un partner militare come gli Stati Uniti. Spesso si tratta di piccoli stati insulari che non desiderano essere coinvolti direttamente in un conflitto e che sono influenzabili dalla potenza economica e diplomatica cinese, come accaduto alle isole Salomone.

Wake Island con la sua base aerea

Nonostante le difficoltà, la dispersione delle forze e la riattivazione di basi abbandonate rappresentano una risposta concreta alla crescente minaccia cinese. Come ha affermato Stacie Pettyjohn, ricercatrice senior presso il Center for a New American Security, “Avere forze americane che operano in unità più piccole in più località riduce la probabilità che la Cina possa lanciare con successo un massiccio attacco preventivo”.

La lezione di Pearl Harbor è stata imparata: gli Stati Uniti non si faranno trovare impreparati, am questo viene ad un costo politico ed economico, che pesa sulle spalle delle forze armate USA


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