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Gli ultimi dati testimoniano il totale fallimento sul fronte economico del governo Renzi (di Mister Budget)

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La situazione economica fotografata a fine maggio vede alcuni flebili segnali (rimbalzo del “gatto morto”) del PIL cui si accompagna una serie sconfortante di dati negativi sia nell’economia reale che sul fronte dei conti pubblici. I deboli segnali positivi peraltro vengono dall’export (connesso alla svalutazione dell’euro) e dal credito: entrambe misure dovute ai transitori interventi della BCE e non del governo italiano. Se i consumi interni non riprendono, se l’estero non va poi così bene, anche in conseguenza delle sanzioni contro la federazione russa, è difficile che l’economia possa ripartire. Ciò che appare profilarsi è solo la sostituzione delle vecchie forme contrattuali con il jobs act (connesso in particolare alle generose e costose sovvenzioni governative).

I segnali di consolidamento della ripresa sono deboli e si accompagnano ad altrettante indicazioni di segno opposto, che confermano come l’inversione della fase ciclica poggi ancora su basi fragili.

Va altresì notato che alcuni indicatori presentano oscillazioni particolarmente ampie e di difficile interpretazione. Nel primo trimestre, il PIL ha registrato la prima espansione congiunturale dopo tre anni di flessione (ma può trattarsi di un tipico rimbalzo del gatto morto) e anche in termini tendenziali si è arrestata la caduta del prodotto.

L’ultimo allarmante dato è quello della produzione industriale. In Aprile, dai dati l’Istat, l’indice è diminuito dello 0,3 per cento rispetto a marzo.

Nella media dei primi quattro mesi dell’anno, pertanto, la produzione è diminuita dello 0,1 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”.

Restano di contro difficili le condizioni del mercato del lavoro, mentre resta elevato il rischio deflazione. Dal lato delle aspettative, l’indice di fiducia delle imprese conferma i livelli già raggiunti a marzo, ma nel settore manifatturiero si osserva una flessione determinata da un peggioramento dei giudizi sugli ordini. L’indicatore di fiducia delle famiglie scende invece di quasi di due punti e mezzo, con oscillazioni molto marcate delle singole componenti.

L’inflazione resta negativa. Segnale di debolezza dei consumi. Da febbraio l’inflazione al consumo è ferma al -0,1%. A marzo si è attenuata leggermente la flessione dei prezzi alla produzione: la crescita tendenziale è stata del -2,4% contro il -2,5% registrato nel mese precedente.

L’indice di fiducia delle imprese manifatturiere diminuisce di mezzo punto, per via di un peggioramento dei giudizi sugli ordini esteri.

Il clima di fiducia dei consumatori diminuisce in misura consistente, perdendo 2/3 punti rispetto a marzo.

Particolarmente accentuata è la volatilità delle componente relativa al clima economico, che nel bimestre aprile-maggio ha perso oltre 14 punti, dopo averne guadagnati oltre 25 nel precedente trimestre.

L’export italiano è aumentato, a prezzi costanti, dell’1,7% in marzo su febbraio, realizzando un +1,4% nel 1° trimestre sul 4° 2014. Ma ciò appare dovuto essenzialmente al dispiegarsi degli effetti favorevoli della svalu­tazione del cambio (per le misure della BCE) che ha spinto le vendite extra-area euro (+2,5% trimestrale; stime CSC); sono diminuite, invece, quelle intra-Area (-0,2%).

In forte aumento le esportazioni di beni strumentali (+3,9%) e intermedi (+2,1%); in riduzione quelle di beni di consumo (-0,9%) ed energetici (-4,9%).

Sul fronte dei conti pubblici, il debito pubblico italiano è in costante crescita dall’inizio del governo Renzi. Siamo passati dai 2.080 di inizio 2014 ai 2.194 di aprile 2015 (ultima rilevazione della Banca d’Italia).

Infine, dulcis in fundo, cresce la povertà nonostante gli 80 euro. Gli 80 euro non hanno inciso sulla distribuzione del reddito, ma hanno “ingessato” i conti pubblici. A marzo il misery index aumenta di tre decimi in seguito alla risalita della disoccupazione dal 12,7 al 13%. Nello stesso mese l’inflazione è rimasta stabile sui valori del mese precedente.

Mister Budget


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