Attualità
Gli SMR, la soluzione perfetta per dare energia ai centri elaborazione dati
La maggior parte di noi non pensa agli enormi centri di elaborazione dati che consentono il nostro costante utilizzo di Internet. Però si tratta di una struttura essenziale per la nostra civiltà, e consumano enormi quantità di elettricità 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
L’alimentazione di questi centri dati sta rapidamente diventando un problema. La Virginia settentrionale, ad esempio, ospita la più grande concentrazione di centri dati al mondo. Giganti tecnologici come Amazon, Facebook, Microsoft e Google hanno investito 126 miliardi di dollari nei centri dati della Virginia. E l’insaziabile appetito della regione per l’energia elettrica continua a crescere a causa dell’aumento della domanda di servizi di cloud computing.
Senza un’alimentazione affidabile, i fornitori di servizi cloud non possono crescere al ritmo dell’aumento della domanda. Ma la rete elettrica non riesce a tenere il passo. Al momento, le strozzature nella trasmissione di energia nella Virginia settentrionale potrebbero ritardare lo sviluppo di nuovi data center fino al 2026.
Gli sviluppatori di data center in Europa stanno affrontando lo stesso problema. Microsoft e Amazon hanno interrotto i piani per la costruzione di nuovi data center a Dublino, in Irlanda, a causa della carenza di energia e della minaccia di blackout. I funzionari britannici hanno sospeso la costruzione di nuove case nella zona ovest di Londra fino al 2035 perché i centri dati avevano già esaurito la capacità della rete locale.
E non è solo il consumo di energia a scatenare l’opposizione ai data center. Le preoccupazioni per le emissioni di gas serra, l’uso dell’acqua, l’inquinamento acustico e la sostenibilità complessiva dei data center stanno alimentando l’opposizione locale che limita la costruzione dei data center, o addirittura la loro realizzazione.
Google, Amazon, Microsoft e Facebook hanno risposto alla domanda di energia pulita investendo massicciamente in progetti eolici e solari. Ma l’eolico e il solare da soli non possono risolvere il problema. Queste fonti energetiche non sono in grado di garantire il tempo di attività di cui hanno bisogno i data center. Si pensi alla crisi del vendto europea del 2021 che ha ridotto l’energia eolica nel Regno Unito del 32% per 6 mesi. L’esigenza di un’operatività 24 ore su 24 rappresenta un ostacolo serio, forse insormontabile, per i data center che si affidano esclusivamente a fonti di energia come l’eolico e il solare che non generano energia di notte, nelle giornate nuvolose o quando il vento non soffia.
Alcuni sperano che alla fine saremo in grado di immagazzinare l’energia eolica e solare in eccesso nelle batterie. Ma la realtà è che le batterie sono troppo costose per immagazzinare una quantità di energia sufficiente a fornire energia affidabile per settimane (per non parlare di mesi) di tempo non collaborativo.
La buona notizia è che esiste una soluzione, una fonte di energia sufficientemente affidabile da garantire un’operatività 24 ore su 24 a basso costo e a emissioni zero: una piccola centrale nucleare in loco dedicata alla fornitura di energia a un data center.
I piccoli reattori modulari (SMR) forniscono tra i 10 e i 300 MW di potenza 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Un centro dati alimentato da un SMR non dovrebbe più competere per l’energia con le comunità locali. Non dovrà più aspettare la costruzione di nuove linee di trasmissione o centrali elettriche. E niente più emissioni. Se consideriamo l’intero ciclo di vita delle diverse fonti di energia (comprese l’estrazione, la produzione e lo smaltimento), il solare emette quattro volte più carbonio degli SMR.
Gli SMR si differenziano dalle grandi centrali nucleari convenzionali come i moderni smartphone si differenziano dai vecchi telefoni a disco. Gli impianti convenzionali sono grandi e complicati, e la loro costruzione è resa costosa da normative europee e statunitensi farraginose. Due unità (1.117 MW ciascuna) attualmente in costruzione nello Stato americano della Georgia sono costate oltre 30 miliardi di dollari. La loro costruzione, inoltre, è in ritardo di sei anni rispetto alla tabella di marcia e, quando finalmente entreranno in funzione nel 2023, avranno impiegato 14 anni per essere completate. Questi tipi di costi e ritardi rappresentano un fattore di rischio patrimoniale per i grandi impianti nucleari convenzionali.
I grandi reattori nucleari necessitano anche di superfici di terreno molto ampie. In genere richiedono più 350 ettari e di solito devono essere situati vicino a un lago, a un fiume o all’oceano per accedere all’acqua per il raffreddamento. Inoltre, non riciclano il combustibile esaurito.
Gli SMR sono più semplici e molto meno costosi da costruire. I componenti disponibili e la prefabbricazione in fabbrica portano i costi di costruzione a 60 milioni di dollari. Gli SMR hanno un ingombro ridotto: circa 4000 mq per i reattori più piccoli, pari a meno dello 0,5% del terreno utilizzato dai reattori tradizionali. La maggior parte di essi non utilizza l’acqua per il raffreddamento e quindi non deve essere collocata vicino a laghi, fiumi o oceani. Possono essere installati sul posto o in una località vicina in meno di un anno e gli sviluppatori non devono mettere a rischio il capitale perché alcune società di SMR offrono accordi di acquisto di energia (PPA).
Oklo, ad esempio, possiede e gestisce la centrale elettrica e vende energia pulita 24 ore su 24, 7 giorni su 7, a costi pari o inferiori alle fonti energetiche tradizionali. L’approccio normativo semplificato di Oklo e la sua vasta esperienza di lavoro con la Nuclear Regulatory Commission statunitense riducono al minimo il tempo necessario per ottenere la licenza di esercizio. Il tempo previsto per passare da un PPA firmato all’accensione dei server (comprese le licenze, i permessi e la costruzione) è di due o tre anni. Inoltre, gli SMR possono essere progettati per riciclare il combustibile esaurito, sia quello proprio che quello proveniente dalle grandi centrali nucleari. Quindi questa soluzione, e non le pale eoliche, sono la soluzione ottimale per i centri elaborazione dati. L’unico problema è: chi si prenderà la responsabilità di realizzarli, e gestirli, per primo?
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