Economia
Gli “Scarafaggi” tornano a Wall Street: la Finanza Ombra mette in crisi le banche USA

A Wall Street sono tornati i nervi tesi. L’ultima settimana ha visto forti turbolenze sugli indici, accendendo un campanello d’allarme che, sebbene rientrato rapidamente, la dice lunga sulla stabilità del sistema. Il casus belli? Il fallimento di First Brands e Tricolor, due società legate al settore automobilistico, che ha fatto temere una nuova crisi del credito subprime (ad alto rischio), questa volta nel settore auto.
Il panico immediato si è dissipato, ma non è il primo sussulto. È già successo con i bond della Silicon Valley Bank (SVB) e con i timori sull’esposizione al settore immobiliare commerciale (i famosi uffici vuoti). Gli analisti concordano: non siamo alla vigilia di una crisi finanziaria stile 2008, ma siamo entrati in una fase di “attacchi di panico ricorrenti”. E dietro questi attacchi c’è un colpevole ben preciso: la pericolosa deriva “ombra” dell’economia statunitense.
Il vero rischio: le “Banche Ombra” (NBFI)
Il problema, come sottolinea un recente report di Fitch, non sono (solo) le banche tradizionali, ma le NBFI (Non-Banking Financial Institutions).
Cosa sono? Non sono banche. Sono un universo parallelo che comprende:
- Assicurazioni
- Hedge Fund
- Società di finanziamento al consumo (come Tricolor)
- Fintech del credito
- Società di “private credit”, cioè anche familiari
Queste istituzioni sono integrate nel sistema finanziario, ma hanno maglie normative molto più larghe. Possono (e lo fanno) assumersi rischi enormi. I fallimenti di First Brands e Tricolor sono emblematici.
First Brands è collassata a causa del factoring, una forma di debito con fondi d’investimento basata sulla cessione di redditi futuri in cambio di liquidità, cosa che veniva fattta, pare, a livello multiplo, cioè cedendo la stessa fattura a più parti. In pratica, nascondeva un debito potenziale fino a 50 miliardi di dollari a fronte di asset per soli 10 miliardi. Tricolor, invece, era una finanziaria pura per prestiti auto subprime; quando il settore ha iniziato a scricchiolare (ad esempio per le misure sull’immigrazione che hanno aumentato i crediti inesigibili), è semplicemente saltata.
Il punto, avverte Fitch, è la crescita esponenziale di queste NBFI. I prestiti erogati tramite loro sono passati da appena il 3% del totale un decennio fa a oltre il 10% oggi, con stime che raggiungeranno i 1.200 miliardi di dollari entro metà 2025.
L’interconnessione: il ritorno dello “Slicing and Dicing”
Qui sta il vero pericolo : l’interconnessione. Le banche regolamentate (come JPMorgan Chase, Zions e Western Alliance) sono esposte verso le NBFI in due modi:
- Comprano direttamente le obbligazioni (spesso rischiose) emesse da questi operatori.
- Concedono loro credito direttamente.
Quando la NBFI fallisce (come Tricolor), il buco si trasferisce immediatamente nei bilanci delle banche tradizionali. Come ha ironicamente detto un banchiere questa settimana, “quando vedi uno scarafaggio, probabilmente ce ne sono altri”. Quindi entità creditizie non regolamentate sono finanziate bellamente da quelle regolamentate che se ne assumono il rischio. Nonostante questo pochi, nei tempi di vacche grasse, se ne rendono conto.
Anche Moody’s conferma la diagnosi: le banche competono con gli istituti non bancari e allo stesso tempo li finanziano. Un matrimonio perfetto per generare perdite significative quando il mercato gira. Il Governatore della Banca d’Inghilterra, Andrew Bailey, ha notato con una certa preoccupazione che si sta tornando a vedere il vecchio trucco del “slicing and dicing” (affettare e impacchettare), cioè il riconfezionamento di prestiti rischiosi, tipico della crisi del 2008.
I fronti aperti: CRE e tassi d’interesse
Il problema delle NBFI non è l’unico. Si somma ad altre due vulnerabilità che rendono il sistema fragile:
- Immobiliare Commerciale (CRE): Anche qui, le NBFI (come Blackstone e Apollo) hanno inondato il mercato di liquidità per l’acquisto di uffici. Con l’aumento dei tassi e il crollo della domanda (smart working), molti operatori non stanno ripagando i debiti. Secondo l’Università della Florida, ben 59 delle 158 banche più grandi hanno esposizioni verso il CRE superiori al 300% del loro capitale azionario totale. Un rischio enorme.
- Perdite Non Realizzate: L’eredità della SVB. Le banche USA hanno ancora in pancia oltre 480 miliardi di dollari di perdite non realizzate sui titoli acquistati prima che la Fed alzasse i tassi. Finché non vendono, la perdita è solo contabile, ma aggiunge stress al sistema.

Altra minaccia proviene dai CRE i crediti per immobili commerciali, che ancora oggi spesso non sono utilizzati (foto Unsplash)
Crisi sistemica? Non ancora, ma…
Quindi, dobbiamo prepararci a una nuova Lehman Brothers? Calma.
Capital Economics, pur riconoscendo la persistenza di “mini-crisi”, sottolinea una differenza fondamentale: la scala. Oggi, il debito derivante da prestiti a leva finanziaria ammonta a circa 1,4 trilioni di dollari. Una cifra enorme, ma impallidisce di fronte ai 21,6 trilioni di dollari che circolavano prima della crisi del 2008. Anche le obbligazioni “affettate” (ABS) sono solo il 5% del PIL, contro il 30% di allora.
Non c’è una bolla sistemica paragonabile a quella dei mutui subprime. Tuttavia, il sistema bancario “ombra” è cresciuto a dismisura. Il vero rischio, sottolinea Fitch, è che la Fed (la banca centrale) agisce da prestatore di ultima istanza per le banche regolamentate, ma non per le NBFI.
In sintesi: non ci sarà (probabilmente) un crollo totale, ma il sistema finanziario USA è diventato strutturalmente dipendente da questi “attacchi di panico” ricorrenti, generati da un settore ombra sempre più grande, rischioso e interconnesso con quello tradizionale.
Domande e Risposte (Q&A)
1. Cosa sono esattamente le NBFI e perché sono un problema? Le NBFI (Non-Banking Financial Institutions) sono la “finanza ombra”: hedge fund, società di private credit, fintech, ecc. Non raccolgono depositi come le banche tradizionali e sono molto meno regolamentate. Il problema è che negli ultimi dieci anni sono cresciute enormemente, arrivando a gestire 1.200 miliardi di dollari di prestiti. Si assumono rischi altissimi (es. prestiti subprime auto) e sono finanziate dalle banche vere. Se falliscono (come Tricolor), contagiano direttamente il sistema bancario regolamentato, creando “buchi” improvvisi nei loro bilanci.
2. Rischiamo una nuova crisi come quella dei mutui subprime del 2008? Al momento, no. Gli analisti (come Capital Economics) sottolineano che le dimensioni del rischio sono molto diverse. I prestiti a leva finanziaria oggi sono circa 1,4 trilioni di dollari, mentre nel 2007-2008 il sistema era esposto per oltre 21 trilioni. Inoltre, i prodotti finanziari “tossici” (come gli ABS) rappresentano oggi solo il 5% del PIL, contro il 30% di allora. Non siamo di fronte a una bolla sistemica, ma a “mini-crisi” ricorrenti che mostrano la fragilità del sistema e la sua dipendenza dalla finanza ombra.
3. Oltre alla finanza ombra, quali sono i punti deboli delle banche USA? Le banche regionali USA affrontano altri due problemi principali. Il primo è l’esposizione al settore immobiliare commerciale (CRE), cioè gli uffici. Con lo smart working e i tassi alti, molti prestiti non vengono ripagati e diverse banche hanno un’esposizione a questo settore superiore al 300% del loro capitale. Il secondo è l’eredità dell’aumento dei tassi della Fed: le banche hanno ancora in bilancio circa 480 miliardi di dollari di perdite “non realizzate” sui titoli di stato acquistati quando i tassi erano a zero (il problema che fece fallire la Silicon Valley Bank).








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